2011-07-24 14:48:13

Corno d'Africa, la risposta del Cesvi alla crisi umanitaria


Sempre più grave la crisi in tutto il Corno d’Africa stremato da siccità, fame e violenze. Oltre 780 mila bambini rischiano di morire e altri 2 milioni in Etiopia, Kenya e Somalia sono gravemente denutriti. Cresce anche il fronte dei Paesi donatori, nonostante gli ostacoli posti dai ribelli islamici del gruppo integralista Shabaab che tengono isolate molte zone. Nella rete di Ong "Agire" presente nell’area, c’è il Cesvi. Il responsabile regionale Vincent Annoni spiega, al microfono di Gabriella Ceraso, quali sono le condizioni affinchè l’aiuto internazionale possa andare a buon fine.RealAudioMP3

R. – La prima è che i fondi siano disponibili. Questo sta avvenendo, in particolare modo, per quanto riguarda la Somalia. La seconda condizione che si deve verificare è anche quella di capire esattamente cosa stia succedendo sul terreno e anche quali siano i reali bisogni della popolazione. Questo, nella fascia nord del Kenya, che è una anche delle più colpite, sta avvenendo perché l’accesso per le organizzazioni umanitarie è più facile. Per quanto riguarda il Sud della Somalia, procede tutto un po’ più lentamente. Noi, come Cesvi, in questo momento stiamo facendo indagini sui principali campi di sfollati a Mogadiscio, lungo la frontiera con il Kenya, per andare ad individuare i bisogni in termini, ad esempio, di protezione dell’infanzia.

D. – Continua, intanto, il braccio di ferro con gli estremisti islamici del gruppo integralista islamico Shabaab che controllano il territorio, non permettono l’accesso alle organizzazioni umanitarie. Non riuscite proprio a trattare con loro?

R. – Non possiamo considerarli come una controparte monolitica con la quale interagire. Al contrario, ogni singolo territorio nel sud della Somalia ha il proprio referente che decide un po’ a modo proprio. Chiaramente, le Organizzazioni internazionali lavorano con la società civile, fornendo tutta una serie di conoscenze, di mezzi, in modo che la società somala sia in grado di rispondere a questo bisogno.

D. – Muoiono in media cinque bambini al giorno in alcuni campi profughi...

R. – E' vero, i dati sulla malnutrizione infantile sono molto alti. In questo caso specifico stiamo parlando dei campi rifugiati di Dadaab in Kenya, al confine con la Somalia. Sono campi profughi realizzati per 90 mila persone che oggi ne accolgono 350 mila. Spesso sono famiglie che arrivano dopo chilometri e chilometri di traversata nel deserto e i bambini che sono già debilitati dal viaggio e dalla siccità degli anni precedenti, nel momento in cui dovessero avere la diarrea, se non sono subito assistiti, muoiono nel giro di un giorno.

D. - C’è anche un altro inquietante fenomeno, quello dei trafficanti di uomini che speculano proprio su questi esodi di massa dalla Somalia …

R. - Sì, purtroppo, è vero. Queste persone che si fanno pagare per attività illegali non assistono in realtà gli esuli nella traversata, ma li lasciano in mezzo al deserto e in alcuni casi ne approfittano per togliergli le ultime cose, se non addirittura per fargli violenza.

D. – Come Cesvi, nel contesto più ampio di Agire ed insieme con altre organizzazioni, cosa sperate anche a livello di comunità internazionale?

R. – Noi ci auguriamo di fornire il prima possibile, e il più possibile, assistenza e che sia la più pertinente possibile. Questo, nel momento in cui ci sono le risorse, è possibile. La seconda traccia sulla quale cerchiamo di lavorare è più ampia, più globale. Si tratta di riportare la situazione che sta vivendo il Corno d’Africa all’attenzione della comunità internazionale e all’attenzione di tutti i cittadini. Leggendo le prime pagine dei giornali su internet, io non vedo riportata la situazione che qui è drammatica. Questo mi preoccupa. (bf)







All the contents on this site are copyrighted ©.