Libia. Nuove bombe su Tripoli, colpita l’area bunker di Gheddafi
Notte di bombardamenti Nato su Tripoli, in Libia. Ad essere attaccata è stata l’area
in cui sorge il palazzo bunker del colonnello Gheddafi. Il servizio di Salvatore
Sabatino:
Sette esplosioni,
in rapida successione e concentrate intorno a un unico obiettivo: il palazzo-bunker
del colonnello Gheddafi. Tripoli, insomma, è tornata sotto attacco delle forze Nato:
erano settimane che non accadeva. Di Gheddafi, per il momento, nessuna traccia, nessuna
reazione. L’unico commento è giunto dalla tv pubblica, che ha annunciato i bombardamenti,
dicendo che sono stati colpiti obiettivi civili. Gli attacchi giungono in un momento
particolarmente delicato per il rais e per i suoi sostenitori, attorno ai quali sembra
stringersi il cerchio dei ribelli. Postazione su postazione, stanno conquistando terreno,
avvicinandosi sempre più alla capitale. E mentre il regime smentisce l’annunciato
attacco di ieri alle porte di Tripoli, dalle file degli insorti giunge l’ammissione
di perdite umane importanti. Dall’entourage di Gheddafi, invece, si sottolinea
la disponibilità ad aprire un canale di dialogo con gli Stati Uniti. Ipotesi, questa,
scartata a più riprese da Washington.
Siria. Ancora violenze, esplosioni
nella notte e un treno fatto deragliare a Homs Continuano a essere represse
nel sangue le rivolte antigovernative in Siria, dove il bilancio dell’ennesimo venerdì
di protesta, ieri, è di almeno otto vittime in tutto il Paese. L’epicentro delle violenze,
intanto, si sposta nella città di Homs. Roberta Barbi:
Due esplosioni
molto forti, sono state avvertite questa notte a Homs, città nel cuore della Siria:
provenivano dall’interno della scuola militare siriana, nel distretto di al-Waer.
Molti i feriti, portati via dalle ambulanze dalla città vecchia verso l’ospedale militare.
Poi, i colpi di arma da fuoco sono continuati fino all’alba. Oggi, invece, un gruppo
di sabotatori ha causato il deragliamento di un treno che stava viaggiando da Aleppo
a Damasco. A bordo, 480 persone, per lo più donne e bambini: c’è un numero imprecisato
di feriti tra i passeggeri e un morto, il macchinista, che è rimasto gravemente ustionato.
Il governatore di Homs, Hassan Abdelal, ha spiegato la dinamica della vicenda: gli
attentatori hanno smantellato un tratto di binari nella zona di al-Suday, provocando
il deragliamento. La prima carrozza del convoglio è stata distrutta dalle fiamme.
Iraq Ben
cinque poliziotti sono morti, mentre i feriti sarebbero complessivamente 17, ieri,
in due attentati verificatisi rispettivamente a Baghdad e Baquba. Nella capitale,
una bomba è esplosa davanti a un negozio che vende alcolici. A Baquba, invece, le
vittime sono state colpite da uomini armati mentre montavano la guardia davanti alla
sede di una compagnia turca che si occupa di raccolta dei rifiuti.
Pakistan Proseguono
gli scontri nel distretto tribale di Kurram, nel nordovest del Paese, al confine con
l’Afghanistan, dove da settimane è in corso un’offensiva dell’esercito contro i talebani.
Le vittime accertate sarebbero una ventina. Intanto, sale a 19 il bilancio dei morti
ne disordini riesplosi ieri a Karachi, la città portuale del sud che si stava riprendendo
dall’escalation di violenza del mese scorso.
Sri Lanka-elezioni Non
sono mancati i disordini, nonostante le ingenti forze di polizia schierate, fuori
dai seggi elettorali in Sri Lanka, dove oggi sono chiamati a votare per il rinnovo
degli organi amministrativi locali molti territori Tamil del nord e nordest dell'isola.
Si tratta di elezioni storiche: a causa della guerra civile, infatti, non si votava
da 29 anni.
Giappone Una forte scossa di terremoto di magnitudo 6.5
sulla scala Richter è stata avvertita oggi in Giappone, nella stessa zona colpita
dal devastante sisma dell’11 marzo. L’epicentro è stato individuato in mare, al largo
della Prefettura di Miyagi. Non c’è stato allarme tsunami e non sarebbero stati segnalati
danni a persone o cose. Nessuna anomalia neppure nella centrale di Fukushima.
Maghreb-al
Qaeda Quindici persone, sospettate di far parte di al Qaeda nel Maghreb, sono
state arrestate oggi dalle forze armate del Mali in una zona al confine con la Mauritania,
area in cui al Qaeda nel Maghreb è particolarmente attiva. Sarebbero stati trovati
anche diversi ordigni posizionati lungo il ciglio di alcune strade, stando a quanto
riferito dai media algerini.
Tunisia Saranno processati martedì prossimo,
per la ''fuga in massa'' dal Paese tentata il 14 gennaio scorso, mentre il regime
stava crollando, una quarantina di appartenenti al clan familiare dell'ex presidente
Ben Ali, tra cui lo stesso dittatore e la moglie Leila. Si tratta del quarto processo
al quale Ben Ali viene sottoposto nell'arco di poche settimane: nei due andati a sentenza,
è stato condannato complessivamente a 50 anni di reclusione.
Somalia Gli
estremisti islamici Shabaab che controllano parte del territorio del Paese
negano l’ingresso in Somalia alle organizzazioni umanitarie che vorrebbero portare
aiuto a milioni di somali piegati dalla siccità. Intanto, i fondamentalisti hanno
rilasciato il ministro della Famiglia del governo di transizione, Asha Osman Aqiil,
rapita ieri, imponendole però di restare nella sua casa di Balad e di non recarsi
a Mogadiscio, dove dovrebbe rilevare ufficialmente l’incarico. Nella capitale somala,
poi, un ordigno è esploso al passaggio di un convoglio che trasportava il vicecommissario
del governo di transizione per il distretto di Dherkenley. L'uomo è rimasto illeso,
mentre tre persone risultano ferite nell’agguato.
Sudan Una settimana
dopo aver accettato un accordo per il cessate-il-fuoco, è stato ucciso oggi il capo
dei ribelli del Sud Sudan, Gatluak Gai, mentre si trovava nello Stato di Unity. Secondo
l'esercito, il capo della milizia ribelle sarebbe stato ucciso da suoi stressi uomini,
mentre secondo le fonti dei rivoltosi sarebbe stato assassinato dalle truppe regolari
del Sud Sudan.
Usa. Rotta l’intesa sul debito, Obama convoca Congresso per
il week-end Rischiano di naufragare i negoziati sul piano di riduzione del
deficit e del debito degli Stati Uniti, dopo il ritiro di Boehner dalla trattativa.
Il presidente americano, Barack Obama, si dice però fiducioso che lo strappo potrà
essere ricucito e ha convocato per il week-end alla Casa Bianca i leader del Congresso.
Una soluzione dovrà essere trovata entro il 3 agosto, in cui si raggiungerà il limite
del debito di 14,3 trilioni di dollari. Da New York, Elena Molinari:
Il tentato
accordo raggiunto da Barack Obama e dallo speaker alla Camera, Boehner, si è frantumato.
Lo speaker repubblicano ha abbandonato, infatti, il tavolo delle trattative e il presidente
ha avviato contatti con il segretario al Tesoro, per escludere la crisi innescata
da un possibile default sull’economia e varare piani d’emergenza. “Il presidente
non vuole fare quello che è necessario per i nostri problemi - attacca Boehner - ho
offerto un piano con mille miliardi di dollari di tagli”. “È difficile capire il ritiro
di Boehner - replica Obama - gli americani sono esasperati”. Il presidente ha convocato
alla Casa Bianca i leader del Congresso per il fine-settimana: “Dobbiamo avere delle
risposte prima dell’apertura di Wall Street lunedì - ha aggiunto Obama - i repubblicani
devono assumersi le loro responsabilità”. Obama resta, però, fermo su un punto: non
si può a suo parere sanare il deficit solo con tagli ai servizi, occorrono anche maggiori
tasse soprattutto sui più ricchi e sulle aziende, ma la destra dice “no”.
Usa-pena
di morte A causa della difficoltà di reperimento del Pentotal, da qualche tempo
in Georgia, dove è in vigore la pena di morte per iniezione letale, si utilizza il
Pentobarbital: un anestetico solitamente adoperato per l’abbattimento del bestiame.
È stato usato anche qualche giorno fa per l’esecuzione di Andrew Grant Deyoung, un
giovane condannato per aver ucciso i genitori e la sorella, ma nel suo caso, dopo
19 anni e nonostante le reticenze delle autorità locali, le associazioni che si battono
contro la pena capitale hanno ottenuto che l’esecuzione fosse ripresa.
Lettonia
al voto: consultazione referendaria per lo scioglimento del parlamento I sondaggi
della vigilia danno al “sì” una vittoria schiacciante, per il referendum di oggi in
Lettonia. Gli elettori del Paese baltico, reduce da una fortissima recessione, sono
chiamati a confermare o meno la decisione di sciogliere il parlamento presa nel maggio
scorso dal presidente, preoccupato dagli stretti rapporti tra legislatori e oligarchi.
Giuseppe D’Amato:
La clamorosa
iniziativa referendaria è stata voluta dall’ex presidente, Valdis Zatlers. “Uso il
linguaggio del popolo - ha detto il già capo di Stato, il cui mandato è scaduto all’inizio
di luglio - la politica nazionale sarebbe finita nelle mani di tre oligarchi che la
controllano”. Commenti altrettanto duri nella sostanza, ma più formali, sono stati
espressi anche da Vaira Vīķe-Freiberga, altro ex presidente: “Se i lettoni
approveranno il quesito, il parlamento verrà sciolto ed entro tre mesi si terranno
nuove elezioni”. Le ultime legislative si sono tenute nell’ottobre scorso. “Non cambierebbe
nulla - ha affermato l’ex premier, Aigar Kalvitis, contrario al referendum - il 90
per cento degli attuali deputati verrebbe rieletto”. (Panoramica internazionale
a cura di Roberta Barbi)
Bollettino del Radiogiornale della Radio
Vaticana Anno LV no. 204