2011-07-21 16:09:24

Italia: preoccupazione del volontariato per i tagli alla cooperazione internazionale


Slitta a martedì prossimo il voto al Senato sul disegno di legge di rifinanziamento delle missioni internazionali. L'assemblea di Palazzo Madama ha infatti accolto la proposta del presidente di turno, Vannino Chiti. Oggi la discussione generale sul provvedimento che riguarda anche la partecipazione dell’Italia alle operazioni militari in Libia, su cui la Lega non è d'accordo. Intanto, all’interno del mondo del volontariato, è allarme perché il decreto varato dal Consiglio dei Ministri il 12 luglio scorso sulla proroga e il rifinanziamento delle missioni all’estero, contiene tagli ai fondi destinati alla cooperazione internazionale che di fatto azzerano il volontariato nei Paesi in via di sviluppo. Adriana Masotti ha sentito Nino Sergi, presidente della ONG Intersos.RealAudioMP3

R. – Il volontariato, le attività delle organizzazioni non governative, non solo si annulla questa parte ma un po’ tutta la cooperazione italiana, cioè tutte queste attività che fanno sì che l’Italia dia un’immagine di sé positiva, forte, di rapporti umani, di comprensione dell’altro e di aiuto. Sono rapporti che alla lunga poi pagano perché l’Italia a livello internazionale viene considerata maggiormente. Noi oggi invece stiamo dando - il decreto ne è la dimostrazione - l’immagine di un’Italia all’estero basata solo sulle armi, sulla missione militare. In realtà, il decreto missioni - che si intitola “proroga degli interventi di cooperazione e del rafforzamento dei processi di pace” e poi solamente nella seconda parte dice “nonché delle missioni militari internazionali nel quadro delle Nazioni Unite” – stanzia l’88,5 per cento dei fondi per le missioni militari e l’1,5 per cento per la cooperazione civile.

D. – All’interno dei fondi destinati alle missioni all’estero, voi dite, è stata ridotta la parte per i progetti di sviluppo: è così?

R. - Piccoli dati lo dimostrano molto chiaramente. Nel 2008 c’era un miliardo per le missioni all’estero e di questo miliardo quasi il 10 per cento era per la cooperazione civile - perciò per lo sviluppo, per l’attenzione ai bisogni delle popolazioni… e il 90 per cento era per l’intervento militare. Oggi siamo a un miliardo e mezzo, perciò il 50 per cento in più di stanziamento per fronteggiare il costo delle missioni, ma con una riduzione della cooperazione civile che in questo secondo semestre è l’1,5 per cento di quell’ammontare e, visto che il primo semestre era al 3,6, siamo in una media di 2,4 per cento. Perciò 2,4 rispetto al 97,6 che vanno per le varie missioni militari. Questo noi non possiamo sopportarlo. Lo abbiamo denunciato e abbiamo inviato delle petizioni al parlamento; alcuni parlamentari ci stanno ascoltando e hanno presentato degli emendamenti. Speriamo che il nostro governo possa modificare questo tipo di decisioni. Ripeto: se l’Italia vuole mantenere un suo ruolo internazionale non deve basarlo solo sulla presenza delle armi perché comunque prima o poi cesserà e non rimarrà più nulla. Non saranno stati creati altri tipi di rapporti con le popolazioni, con le amministrazioni locali, per cercare di dare risposte ai loro bisogni. Ormai molto spesso la nostra politica è centrata all’interno dei confini nazionali, senza accorgerci che il mondo è molto più grande e per il bene dell’Italia è richiesto un rapporto con i Paesi pensando anche a un futuro in cui le relazioni con questi Paesi - che passano anche attraverso gli aiuti, la cooperazione … - possano essere utili anche a noi.

D. – Questo tirarsi indietro dell’Italia riguardo alla cooperazione è effetto della crisi economica o è dovuto a qualche altra cosa?

R. - La crisi ovviamente c’è e l’effetto della crisi si fa sentire, però in questi ultimi anni abbiamo aumentato del 50 per cento il costo delle missioni internazionali e la scelta è stata fatta sull’intervento militare. Bene, se questa è la scelta, noi - organizzazioni non governative, ma non solo, anche chi ha questo tipo di rapporti con questi Paesi, -diciamo che è un grandissimo errore per il nostro Paese. Un miliardo e mezzo è rimasto e non è che per effetto della crisi è stato dimezzato: è stato quasi annullato l’intervento di cooperazione rispetto a quello militare e questa è una scelta politica, non é la crisi.

D. - Le organizzazioni non governative contestano anche la permanenza di una task force, una struttura di gestione e controllo dei progetti di cooperazione che a questo punto gestirebbe il nulla?

R. – Sì, è una task force che esiste e in modo particolare è stata creata per gli interventi in Afghanistan e Pakistan. Finché c’erano i fondi aveva ragion d’essere. Oggi questi fondi non ci sono più; rimane una struttura con che cosa? Perciò abbiamo due centri decisionali su questa attività, ma basata sul nulla perché i fondi non ci sono più. Continuiamo ad alimentare strutture che ormai sono diventate inutili. Allora anche qui vogliamo chiarezza e vogliamo che, almeno su quei pochissimi fondi che ci sono, la Direzione generale cooperazione allo sviluppo rimanga l’unico centro decisionale. (bf)







All the contents on this site are copyrighted ©.