Il cardinale Tauran: i cristiani in Terra Santa sono una minoranza che conta, un dono
per la società
I cristiani in Terra Santa sono una minoranza, ma una minoranza che conta. Lo ha detto
ieri il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo
Interreligioso. Intervenendo alla Conferenza internazionale sui cristiani in Terra
Santa, svoltasi a Londra, il porporato ha ribadito l’importanza del dialogo interreligioso
e ha lanciato un appello perché la Terra Santa non diventi solo un sito archeologico.
Il servizio di Isabella Piro:
Una minoranza,
ma una minoranza che conta. Il cardinale Tauran definisce così i cristiani in Terra
Santa. Vivono in condizioni di precarietà, certo, indeboliti da guerre e rivoluzioni,
costretti spesso a migrare. Ma essi sono anche “un dono per la società, perché portano
apertura culturale, senso di dignità della persona umana, in particolare delle donne,
una concezione della libertà che armonizza diritti e privilegi e un’idea della società
politica che può portare alla democrazia”. E non solo: “I cristiani hanno la vocazione
ad essere ponte”, sottolinea il cardinale Tauran, e insieme ad ebrei e musulmani,
devono essere “annunciatori di speranza”, in memoria di Abramo, “padre” delle tre
religione monoteiste. Perché “la religione insegna che c’è un solo futuro: un futuro
condiviso”.
Di qui, l’appello lanciato dal porporato perché la Terra
Santa non diventi solo un sito archeologico, un museo a cielo aperto da visitare pagando
un biglietto. Per i cristiani, i luoghi santi sono “testimonianze viventi”, sono “la
terra della rivelazione di Dio, il luogo dove Gesù è vissuto, è morto, è risorto”.
Altre due caratteristiche, continua il porporato, rendono peculiari
i cristiani di Terra Santa e in Medio Oriente: essi sono discendenti diretti della
fede apostolica e sono arabi, arrivati in quella parte del mondo “molto prima dei
musulmani” Per questo, essi “non chiedono asilo, in quanto sono già a casa”, poiché
“sono stati in Terra Santa per secoli, senza soluzione di continuità”. Centrale, allora,
la ricerca di una soluzione dello status giuridico di Gerusalemme: in linea con la
Santa Sede, il cardinale Tauran auspica che la parte più significativa della città,
là dove si trovano i principali luoghi sacri delle tre religioni monoteiste, ottenga
uno “statuto speciale, garantito a livello internazionale”. In questo modo, sottolinea
il porporato, si potranno assicurare a cristiani, ebrei e musulmani, i diritti fondamentali
come “la libertà di coscienza, di religione, di circolazione, i diritti civili, il
diritto all’educazione, alle cure mediche, ad avere istituzioni proprie”.
“I
cristiani in Terra Santa – prosegue il cardinale Tauran – non pretendono di imporsi,
ma solo di fiorire là dove sono stati piantati da Dio e di rendere i loro concittadini
in grado di capire che ogni religione è un invito ad andare avanti senza idoli, ad
essere capaci di solidarietà”.
Ricordando, infine, “il profondo interesse”
di Benedetto XVI per il tema della conferenza, il porporato conclude con un appello
ad “osare”, ovvero a “non fermare il dialogo”, ma a proseguirlo con convinzione “verso
la verità”.