Conferenza sull'Aids: milioni di africani stanno morendo per mancanza di farmaci antiretrovirali
Si chiude oggi a Roma la sesta Conferenza mondiale sull’Aids, alla quale hanno partecipato
oltre 5000 tra ricercatori, scienziati e attivisti. Durante i lavori della conferenza
è emerso, in particolare, il fondamentale contributo della terapia destinata ai pazienti
per bloccare la diffusione dell’Hiv. E’ quanto sottolinea, al microfono di Amedeo
Lomonaco, la dottoressa Raffaella Ravinetto, ex presidente di Medici Senza
Frontiere Italia:
R. – In generale,
il bilancio è positivo. E' stato un congresso internazionale nel quale sono stati
presentati dati fondamentali che ci fanno ben sperare per il futuro del controllo
dell’epidemia. In particolare è stato preso in esame lo studio che si chiama in codice
“Hptn 052”. Ne deriva la dimostrazione che la terapia è anche una forma di prevenzione
e che i pazienti che sono trattati il prima possibile con farmaci anti-retrovirali
non sono più contagiosi. Io ero stata a questa conferenza per la prima volta nel 2002,
e c’era un dibattito che metteva in contrapposizione la terapia e la prevenzione.
La domanda era: 'Dobbiamo investire per prevenire o dobbiamo investire per salvare
chi è già malato?' E’ un dibattito eticamente osceno che ci chiedeva di scegliere
quale vita salvare… Oggi questo dibattito non ha più senso. Oggi non è solo l’etica,
ma anche la scienza che ci dice che terapia e prevenzione sono la stessa cosa.
D.
– Proprio attraverso la terapia è realistico pensare di fermare e poi spegnere la
malattia nel corso dei prossimi anni?
R. – Possiamo essere ottimisti
perché abbiamo i mezzi per farlo. Ora, però, i risultati della ricerca devono essere
tradotti in politiche di salute pubblica, e queste hanno bisogno di investimenti.
Per cui, la ricerca ci dice che è possibile. Oggi, se guardo ai Paesi del Sud sono
ancora pessimista perché non vedo gli investimenti che sono necessari a riempire questo
gap che c’è tra i pazienti del Nord e quelli del Sud. E in questo senso, purtroppo,
la mia impressione è la stessa del 2002: i nove milioni di persone che necessitano
della terapia e non la stanno ricevendo, sono principalmente nell’Africa sub-sahariana
e in altri Paesi poveri. Quindi potremmo essere ottimisti se quelli che prendono le
decisioni politiche e i finanziatori seguissero le indicazioni che adesso ci vengono
date dai ricercatori.
D. – Dunque ci sono gli strumenti per intervenire,
ma servono le risorse …
R. – Servono le risorse in maniera urgente!
Per questo, il Fondo globale che appunto è stato creato nel 2002 e che è uno strumento
fondamentale per aumentare il numero di pazienti in terapia, deve essere finanziato.
E l’Italia, in particolare, deve ancora al Fondo globale le quote del 2009 e del 2010,
che corrispondono a 260 milioni di euro. E’ quindi urgentissimo tenere fede agli impegni
già presi, e poi lavorare a livello di comunità internazionale e di altri donatori,
aumentare i finanziamenti fino a coprire questi nove milioni. Il fatto che nove milioni
di persone oggi stiano morendo perché non vengono messi a disposizione questi farmaci,
tutto sommato non scandalizza più di tanto, non muove più l’opinione pubblica come
forse una volta… (gf)