La solitudine di chi vive la disabilità al centro del rapporto del Censis
“Vincere la solitudine delle disabilità”: è il tema del rapporto pubblicato nei giorni
scorsi dal Censis incentrato sulla cura e sull’assistenza alle persone Down e i malati
di Parkinson. In particolare, alcune associazioni e fondazioni denunciano la non sempre
adeguata assistenza ai malati da parte delle istituzioni. E’ quanto sottolinea, al
microfono di Giorgia Innocenti, Gianfranco Conti, direttore generale
della fondazione Cesare Serono, che ha contribuito alla ricerca nell'ambito del progetto
sulla “Centralità della persona” nei sistemi sanitari:
R. - Purtroppo
le istituzioni e il servizio pubblico non sempre sono presenti quando il cittadino
ha bisogno. La situazione diventa veramente più drammatica quando il cittadino è colpito
da una disabilità invalidante. Stiamo parlando nella fattispecie di due tra le disabilità
che più rendono drammatica la situazione di una persona e della famiglia: la sindrome
di down e il parkinson.
D. – Le preoccupazioni maggiori non sembrano
essere sui bambini down ma sulle persone che crescono…
R. – Fino ad
una ventina di anni fa difficilmente superavano l’età puberale tant’è che veniva chiamata
sindrome di “bambini” down. Oggi le persone down arrivano all’età adulta e
alla vecchiaia. Oggi come oggi con la scuola, tutto sommato, sia pure con alti
e bassi, il problema viene gestito con assistenti di sostegno e con la buona volontà
degli insegnanti. I problemi grossi nascono nel momento in cui il soggetto down cresce.
Non parliamo dell’inserimento nel mondo del lavoro, per cui in un momento come questo
dove già i giovani cossiddetti "normali" hanno difficoltà ad inserirsi nel mondo del
lavoro, possiamo immaginare come sia drammatica la situazione di un portatore di handicap.
Pensiamo alla preoccupazione che hanno i genitori pensando al momento in cui loro
stessi non ci saranno più.
D. – Per quanto riguarda il Parkinson?
R.
– Probabilmente la situazione è ancora più drammatica per i portatori di handicap
del Parkinson. Pensiamo al problema delle medicine che ha un duplice aspetto. Da un
punto di vista quantitativo, un malato di Parkinson di medio livello
prende dalle 4 alle 5 somministrazioni giornaliere. Ma l’aspetto ancora forse più
drammatico è il percorso che un paziente deve fare per avere le medicine. Un paziente
deve andare dal medico generico a farsi fare la prescrizione, con questa prescrizione
poi deve andare dal medico specialista a farsi fare il piano terapeutico. Con questo
piano terapeutico deve andare alla Asl a farselo vidimare, dopodiché va in farmacia
quindi la farmacia deve mandare a chiedere i farmaci. Il paziente deve quindi andare
una seconda volta in farmacia per ritirarli: è un calvario per una persona normale,
pensiamo per un anziano affetto dal Parkinson.
D. – I dati più preoccupanti
riguardano anche la situazione del sud Italia...
R. - Vediamo mediamente
tre Italie. Parlando sempre di Parkinson, un altro degli aspetti più drammatici è
l’assistenza domiciliare che nell’Italia del Sud è praticamente inesistente; abbiamo
qualche cosa nell’Italia centrale e sicuramente molto di più nell’Italia settentrionale
ma anche nell’Italia settentrionale è assolutamente carente. Quindi se è carente lì
dove le strutture sono più efficienti, immaginiamo al Sud. (bf)