Conferenza mondiale sull’Aids: speranze per prevenzione e vaccino, ma la crisi
sottrae fondi
“A me non può accadere, sono immune, fare il test non mi serve”: sono questi alcuni
dei comportamenti dei cosiddetti “late presenters”, alla base della recrudescenza
dell’epidemia di Aids che si registra nei Paesi dell’Unione Europea e negli Stati
Uniti. Ogni giorno nel mondo circa 200 persone muoiono di questa malattia e si contano
2700 nuovi contagiati dal virus Hiv, ma meno della metà di questi inizia la terapia:
sono alcuni dei dati forniti dai circa seimila ricercatori riuniti in questi giorni
a Roma per la Conferenza mondiale sull’Aids. Eppure la ricerca ultimamente ha fatto
grandi conquiste, come la scoperta che utilizzando i farmaci antiretrovirali a scopo
preventivo sui soggetti sieropositivi, cioè, anche su quelli che non hanno ancora
sviluppato la malattia, si riesce a bloccare l’infezione sul nascere. Tradotto in
termini economici, questa scoperta significa una notevole quantità di denaro da sborsare,
obiettivo non facile in questa fase di crisi economica in cui molti Paesi, tra cui
l’Italia, già da un paio di anni hanno tagliato i finanziamenti al Fondo globale per
la lotta all’Aids. Anche sul fronte dei vaccini la ricerca ha fatto qualche passo
avanti, fornendo la prova “concettuale” che un vaccino possa prevenire l’infezione
da Hiv nell’uomo: in un numero consistente di individui sieropositivi, infatti, l’organismo
produce anticorpi in grado di neutralizzare più del 90% dei ceppi virali esistenti.
Una ricerca, quindi, che mai più di oggi deve essere accelerata. (A cura di Roberta
Barbi)