Il Papa rammaricato per la nuova ordinazione episcopale illegittima in Cina. La Santa
Sede: rispetto per la libertà di fede
Benedetto XVI "si rammarica" per la nuova ordinazione episcopale illegittima, avvenuta
giovedì scorso a Shantou, in Cina. Lo afferma la Dichiarazione con la quale la Santa
Sede si riferisce oggi all’avvenimento, ribadendo il diritto dei cattolici cinesi
a professare liberamente la propria fede e apprezzamento per la resistenza messa in
atto da vescovi e fedeli nel tentativo di sottrarsi a un evento contrario all’unità
della Chiesa. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Non è un
vescovo riconosciuto dalla Santa Sede e ora – per esserlo diventato al di fuori della
comunione con il Papa, che per questo “si rammarica” – incorre nella sanzione prevista
dal Codice di Diritto Canonico, ovvero la scomunica latae sententiae. È questa, in
sintesi, la posizione nella quale si trova da giovedì scorso il sacerdote Giuseppe
Huang Bingzhang, consacrato in modo illegittimo vescovo di Shantou, nella provincia
cinese di Guangdong. Al primo punto della Dichiarazione con cui fa luce in merito,
la Santa Sede afferma che, per essere stato “ordinato senza mandato pontificio e quindi
illegittimamente”, il presule “è privo dell’autorità di governare la comunità cattolica
diocesana” di Shantou, mentre per tale atto egli è incorso “nelle sanzioni previste
dal canone 1382 del Codice di Diritto Canonico”. “Il rev. Huang Bingzhang – sottolinea
la Dichiarazione – era stato informato da tempo che non poteva essere approvato dalla
Santa Sede come candidato episcopale, dato che la diocesi di Shantou ha già un vescovo
legittimo” e “più volte – rivela – al rev. Huang era stato richiesto di non accettare
l’ordinazione episcopale”.
La Santa Sede afferma poi di essere stata
“al corrente” del fatto che “alcuni dei vescovi, contattati dalle Autorità civili,
avevano manifestato la propria volontà di non partecipare ad un’ordinazione illegittima,
mettendo in atto anche forme di resistenza” e che, “nonostante ciò, i presuli sarebbero
stati obbligati a prendervi parte”. “In merito alla loro resistenza – si asserisce
nella Dichiarazione – è bene rilevare che tale atto rimane meritorio davanti a Dio
e suscita apprezzamento in tutta la Chiesa. Uguale apprezzamento va anche a quei sacerdoti,
a quelle persone consacrate e a quei fedeli che hanno difeso i propri pastori, accompagnandoli
in questo difficile momento con la preghiera e condividendone l’intima sofferenza”.
Al terzo punto del documento, la Santa Sede “riafferma il diritto dei cattolici cinesi
di poter agire liberamente, seguendo la propria coscienza e rimanendo fedeli al Successore
di Pietro e in comunione con la Chiesa universale”. La Dichiarazione termina riferendo
che Benedetto XVI, “avendo appreso questi avvenimenti, ancora una volta si rammarica”
di come venga “trattata la Chiesa in Cina e auspica che si possano superare al più
presto le presenti difficoltà”.