Medici senza Frontiere: insufficiente il sostegno dei Paesi donatori alla lotta all'Aids
I Paesi donatori, Italia in testa, stanno riducendo progressivamente il loro sostegno
per la lotta all’Hiv. E’ la denuncia di Medici senza Frontiere alla vigilia della
Conferenza Internazionale sull’Aids che si aprirà a Roma il prossimo 17 luglio. Eppure
solo lo scorso giugno gli stati membri dell’Onu si sono dati l’obiettivo di garantire
l’accesso alle cure a 15 milioni di persone nei Paesi in via di sviluppo entro il
2015. Un traguardo ambizioso, ma che va perseguito perché – spiega Msf – negli ultimi
dieci anni grazie alla diffusione dei farmaci antiretrovirali la lotta all’Aids ha
compiuto passi da gigante. Paolo Ondarza ha intervistato Stella Egidi,
medico dell’organizzazione umanitaria.
R. – Lo scorso
giugno, all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, i Paesi membri hanno preso il
solenne impegno di garantire la terapia antiretrovirale – quindi i farmaci per combattere
l’Hiv – a 15 milioni di persone nei Paesi in via di sviluppo entro il 2015. E’ un
obiettivo estremamente ambizioso, che condividiamo appieno, che sappiamo richiederà
un impegno finanziario estremamente alto ma sappiamo anche essere una strategia che
nel lungo periodo, a 20 anni, tornerebbe a vantaggio di tutta l’economia mondiale.
Sostanzialmente, anche dal punto di vista politico, è interesse di tutti far sì che
l’epidemia da Hiv venga arrestata adesso.
D. – L’esperienza di Medici
Senza Frontiere, dal 2000 in poi, dimostra quanto sta dicendo?
R. –
Assolutamente sì. Noi lavoriamo in 19 Paesi con programmi di trattamento antiretrovirale
ed attualmente abbiamo in terapia 170 mila persone. Quindi oggi, con i numeri alla
mano, possiamo assolutamente dimostrare che, con l’adeguato impegno economico e finanziario
dei governi donatori, tutto questo è possibile.
D. – C’è un problema
legato anche ai costi dei farmaci...
R. – Certo. I numeri attuali sono
di sei milioni e mezzo di persone in trattamento antiretrovirale nei Paesi in via
di sviluppo. Il raggiungimento di questo risultato è stato possibile soprattutto grazie
all’avvento dei farmaci generici. Farmaci che, rompendo il monopolio delle grandi
società farmaceutiche nel campo della terapia antiretrovirale, hanno consentito la
produzione di farmaci efficaci, di buona qualità, a basso costo, che sono stati utilizzati
in maniera estensiva ed hanno garantito un trattamento salva-vita a tutte queste persone.
D.
– C’è poi un aspetto importantissimo: la terapia antiretrovirale non è solo una cura
ma è utilissima alla prevenzione dell’Hiv...
R. – Assolutamente sì.
Direi che oggi quanti hanno sempre detto che era meglio investire nella prevenzione
che nel trattamento non hanno più scuse, perché ci sono tutte le evidenze scientifiche
che dimostrano come trattare le persone già contagiate è uno strumento di prevenzione
verso le nuove infezioni. Si può arrestare l’epidemia: i numeri parlano di una riduzione
del 96 per cento della contagiosità. Sostanzialmente, quanti vogliono investire nella
prevenzione devono solo farlo, tramite il trattamento antiretrovirale.
D.
– Nonostante più volte voi abbiate sostenuto l’urgenza di un aiuto economico da parte
dei governi, da alcuni di questi si registra una mancanza di sensibilità alle vostre
richieste...
R. – Sì. Ovviamente non possiamo che pensare, essendo italiani,
all’Italia stessa, che in passato ha preso degli impegni - e li ha ribaditi recentemente
all’Assemblea generale delle Nazioni Unite - e che poi, però, non dà loro seguito
in maniera concreta. Ci auguriamo che la presenza, in Italia, della Conferenza Internazionale
contro l’Aids sia uno stimolo per investire in maniera concreta ed immediata nel campo
della lotta all’Hiv. (vv)