2011-07-12 14:23:05

Afghanistan: ucciso il fratello del presidente Karzai. Militare italiano muore per una mina


Due gravi episodi oggi in Afghanistan. Un militare italiano ha perso la vita a causa dell'esplosione di una mina sistemata sulla strada dove stava passando il suo contingente. Il fatto è avvenuto nel distretto occidentale di Bakwa. Profondo cordoglio è stato espresso da tutte le autorità per la morte del 40.mo militare in Afghanistan dall'inizio della missione Isaf nel 2004. A Kandahar, invece, in un attentato è stato ucciso il fratello del presidente Karzai, Ahmad Wali. L'episodio è stato rivendicato dai talebani. Una giornata, quella odierna, che probabilmente dimostra in maniera definitiva come sia sempre più difficile il dialogo con i ribelli. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Riccardo Redaelli, docente di Geopolitica all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano:RealAudioMP3

R. – In realtà, il dialogo è forse difficile, ma molti lo considerano sempre più necessario. Sono, però, due situazioni diverse. Il nuovo lutto che colpisce l’Italia dimostra l’escalation dell’insicurezza anche nell’ovest del Paese, che fino a qualche anno fa era una zona molto più tranquilla. Purtroppo, contro questi attacchi improvvisati, contro queste bombe ai lati della strada, c’è veramente pochissimo da fare, se si vuole continuare a controllare il territorio, ed è un prezzo che il nostro contingente sta pagando in modo sempre più elevato. Diverso è il discorso del fratello di Karzai: lì si è colpito in modo molto alto e soprattutto hanno colpito una delle persone più compromesse legate all’entourage del presidente. Il fratello di Karzai era, come dire, una sorta di "ras" di Kandahar, la città talebana per eccellenza. Quindi, era un nemico dichiarato dei talebani, ma era anche un personaggio fortemente compromesso con il grande traffico di droga che muove miliardi di dollari in questo Paese e che condiziona pesantemente la ricostruzione e la pacificazione del Paese.

D. – In che modo è possibile rendere più efficace la presenza internazionale in territori come quello afghano?

R. – Tutti gli errori che potevano essere fatti sono stati fatti nei primi anni, quando noi eravamo distratti dall’Iraq e avevamo quindi compromesso la riuscita delle azioni di sicurezza in Afghanistan fra il 2002 e il 2006-2007. Dopo, è stata una corsa e una salita sempre più ripida. Questi colpi sono anche il riflesso del fatto che la strategia Nato in qualche modo funziona e costringe i talebani sulla difensiva nel sudest del Paese, spingendoli verso ovest. Il nostro contingente fa bene il suo mestiere: controlla il territorio, controlla le strade, non solo contro i talebani, ma anche contro i grandi trafficanti di droga, e dunque dà fastidio. Se noi lavorassimo male, se noi stessimo rinchiusi nelle nostre caserme, avremmo meno morti.

D. – Invece, per quanto riguarda l’attentato al fratello di Karzai, vuol dire che l’entourage del presidente è forse in questo momento l’interlocutore meno credibile?

R. – Di certo, Karzai vede con grande sospetto ogni trattativa con i talebani che non passi dalla presidenza della Repubblica, perché teme di essere la pedina sacrificabile. Karzai, come presidente, ha sostanzialmente fallito e il suo governo, tranne qualche eccezione, non è milgiore: c’è una grande insoddisfazione sia da parte degli afghani, che della comunità internazionale. Ma certo questo non rappresenta in nessun modo una motivazione che induca all’omicidio del fratello del presidente, per quanto compromesso.(ap)







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