Affonda nave da crociera russa nel Volga: oltre 100 morti
Sono 41 i corpi recuperati sinora dai soccorritori dal 'Bulgarià, la nave da crociera
russa naufragata ieri nelle acque del Volga, in Tatarstan. Si tratta di 28 donne,
10 uomini, 3 bambini. La nave portava 196 persone pur essendo omologata per 120 ed
inoltre risulta non avesse la licenza per imbarcare passeggeri. Al momento solo 79
persone sono state salvate e sono pochissime le possibilità di ritrovare altri sopravvissuti.
La nave era stata costruita nel 1955 nell'allora Cecoslovacchia. Oggi, il leader del
Cremlino Medvedev ha ordinato un’ispezione generale di tutti i mezzi di trasporto
pubblico ammettendo che il battello naufragato “non era in condizioni adeguate”. Ed
ha poi affermato che nelle acque russe in futuro non devono più essere usati quelli
che ha definito “ferri arrugginiti”. Medvedev ha inoltre chiesto che siano accertate
tutte le responsabilità, non solo dell'armatore, ma anche delle autorità pubbliche
che hanno controllato il vascello e rilasciato il permesso alla navigazione. Ancora
non accertate le cause dell'incidente, avvenuto durante una tempesta di cui sabato
il capitano era stato avvertito, come ha precisato il ministero delle situazioni di
emergenza.
Gli Usa: Gheddafi non può restare al potere Mentre continua
in Libia il braccio di ferro sul terreno tra ribelli e Gheddafi, dagli Stati Uniti
arriva il messaggio al rais: non può restare al potere. Il servizio di Fausta Speranza:
Il leader
libico Gheddafi “non può restare al potere”. A ribadirlo è il Dipartimento di Stato
americano, secondo il quale gli sforzi della Nato stanno aumentando la pressione su
Gheddafi, consentendo ai ribelli di “operare meglio” per il popolo libico. In ogni
caso gli Stati Uniti confermano che continueranno l’impegno nella coalizione per la
no-fly zone in Libia e per proteggere i civili. In questa fase la partita in Libia
sembra giocarsi a Goualich, piccolo villaggio a 50 km a sud di Tripoli, nelle mani
dei ribelli ma oggetto di pesanti bombardamenti delle forze fedeli a Gheddafi. Goualich
sconosciuto ai più fino a mercoledì scorso, quando i ribelli lo hanno conquistato,
è un piccolo centro strategicamente importante sulla strada che porta verso Tripoli.
La questione in Libia si fa sempre più complessa, secondo le fonti di intelligence
Usa, per le quali Al Qaeda nel Maghreb sarebbe entrata in possesso di armi sottratte
dagli insorti al rais. Intanto la Francia parla di una “soluzione politica” al conflitto,
purchè il Colonnello lasci il potere. Il ministro della Difesa francese Longuet afferma
che la crisi libica difficilmente sarà risolvibile solo con l'intervento militare
e che una soluzione politica sembra stia diventando sempre più auspicabile. E c’è
da dire chenelle stesse ore Seif al Islam Gheddafi, figlio del leader
libico e portavoce del regime, sostiene, in un’intervista a un quotidiano algerino,
che Tripoli conduce i veri negoziati sul conflitto in Libia con la Francia e non con
i ribelli.
Washington taglia fondi militari al Pakistan La Casa
Bianca ha annunciato di voler ridurre di 800 milioni di dollari gli aiuti militari
destinati dagli Stati Uniti al Pakistan. La decisione di Washington ha ricevuto l’approvazione
dell’India secondo cui il sostegno finanziario ad Islamabad per l’equipaggiamento
militare può alterare gli equilibri nella regione del sud est asiatico. Il servizio
di Amedeo Lomonaco:
L’obiettivo
di Washington, secondo diversi esperti, sarebbe in realtà di spingere l’esercito pachistano
a promuovere azioni militari più efficaci contro i talebani. Per altri osservatori,
la decisione della Casa Bianca fa seguito all’espulsione, da parte delle autorità
di Islamabad, della squadra di addestratori militari americani nel Paese asiatico.
La sospensione è anche un indicatore delle relazioni, sempre più tese, tra i due Paesi.
Il Pakistan – ha affermato il capo dello staff della Casa Bianca, Bill Daley - è un
‘alleato chiave’ degli Stati Uniti, “ma ha preso iniziative che ci hanno dato motivo
per sospendere, fino a quando non risolveremo le difficoltà, gli aiuti che i contribuenti
americani si erano impegnati a dare”. “Il nostro rapporto con il Pakistan – ha aggiunto
- è molto complicato”. Complicazioni acuite, negli ultimi mesi, da crescenti tensioni
legate soprattutto all’uccisione, in Pakistan, del capo di Al Qaeda, Osama Bin Laden,
da parte di forze speciali statunitensi. La sospensione di un terzo dei 2 miliardi
di dollari, che gli Stati Uniti concedono ogni anno al Pakistan, è legata anche a
motivi economici. I tagli rientrerebbero nelle riduzioni della spesa del Pentagono
per far fronte al deficit e al debito. Il governo del Pakistan, commentando il taglio
annunciato dagli Stati Uniti, ha subito dichiarato di essere in grado di combattere
la minaccia talebana senza il supporto americano. “L’esercito – ha detto il portavoce
militare pachistano Athar Abbas - ha condotto con successo le operazioni militari
con le sue risorse, senza alcun supporto esterno”. Ma nel Paese il terrorismo continua
a colpire. Sei persone, tra cui tre poliziotti, sono rimaste uccise e altre 19 ferite
in un attacco kamikaze compiuto stamani a Batagram. L’attentato è avvenuto durante
una manifestazione del partito della Lega musulmana del Pakistan.
Panetta
a Baghdad: agire contro combattenti sostenuti da Iran Il neo segretario americano
alla Difesa Leon Panetta, oggi in visita a sorpresa a Bagdad, intende chiedere al
governo iracheno di agire con forza contro i combattenti sciiti sostenuti dall'Iran,
nel giorno in cui un nuovo soldato Usa è rimasto ucciso nel sud del Paese. A dieci
giorni dal nuovo incarico di titolare della Difesa, subentrato al segretario Robert
Gates, Panetta è atterrato a Baghdad provenendo dall'Afghanistan dove aveva incontrato
il presidente Karzai. La sua agenda è fitta di appuntamenti: dall'incontro con il
presidente Jalal Talabani, al premier Nouri al-Maliki fino al presidente della regione
autonome del Kurdistan iracheno, Massoud Barzani. “Il problema per l'Iraq è la sicurezza
e in particolare tutto quello che si cela dietro la consegna iraniana di armi ai ribelli
in Iraq. Voglio sollevare tale questione con i dirigenti locali, proprio qui”, ha
spiegato Panetta.
Protesta di agricoltori iracheni con l’Iran: deviato fiume
che arriva a Diyala Decine di agricoltori iracheni hanno bloccato oggi un posto
di frontiera con l'Iran per protestare contro la decisione presa da Teheran di deviare
le acque di un fiume che inonda la provincia di Diyala in Iraq. I manifestanti hanno
vietato l'entrata di nove autobus di pellegrini al posto di frontiera di Munzuria,
a 200 km a est di Bagdad, ha constatato un giornalista dell'Afp. Questo corso d'acqua
di 50 km, che nasce in Iran, sfocia nel fiume Diyala, è uno dei cinque affluenti più
importanti del fiume Tigri ed è enormemente importante per l'economia della regione
irachena. La provincia di Diyala, oltre ad essere considerata il frutteto dell'Iraq,
ospita anche tutti i gruppi etnici e religiosi del Paese. Un gran numero di pellegrini
iraniani passa ogni anno la frontiera per entrare in Iraq e visitare il mausoleo di
Samarra oltre alle città sante sciite di Kerbala e Najaf.
Missione della
Turchia in Iran, Siria, Giordania Il ministro degli Esteri turco, Ahmet Davutoglu,
ha discusso ieri sera a Teheran con il suo omologo iraniano Ali Akbar Salehi gli sviluppi
in Siria, in una missione che lo sta portando in diversi Paesi della regione nel tentativo
di trovare una soluzione negoziata alla crisi. Davutoglu, giunto in tarda serata in
Iran proveniente dall'Arabia Saudita, ha in programma di recarsi anche in Siria e
Giordania, secondo quanto sottolinea la elevisione iraniana in inglese PressTv. L'Iran
è il principale alleato della Siria nella regione e nelle scorse settimane ha spiegato
le proteste siriane come il risultato di un complotto degli Usa e di Israele. Il governo
del primo ministro turco Erdogan, preoccupato dall'afflusso nel suo Paese di profughi
dalla Siria e dalle possibili ripercussioni sui territori abitati da popolazioni curde
a cavallo tra i due Paesi, ha espresso invece impazienza verso la politica repressiva
di Damasco, invitando il presidente Assad a fare riforme sostanziali. La Turchia,
ha ribadito ieri sera il ministro degli Esteri Davutoglu dopo l'incontro con Saleh,
“è contraria ad ogni misura che violi i diritti umani e resista alle richieste del
popolo”.
Ancora manifestanti a piazza Tahrir, al Cairo, in Egitto Piazza
Tahrir, al centro del Cairo, continua ad essere chiusa al traffico ed occupata da
manifestanti che da venerdì stanno effettuando un sit-in a sostegno delle rivendicazione
delle rivoluzione di gennaio. Per questo pomeriggio è atteso un sit in di poliziotti
e ufficiali davanti al ministero degli Interni per protestare contro il licenziamento,
annunciato dal premier Sharaf, degli agenti coinvolti nelle morti dei manifestanti
durante la rivoluzione. La stampa egiziana, soprattutto quella di opposizione all'epoca
di Hosni Mubarak è critica nei confronti del discorso del premier di sabato sera,
in cui ha promesso un rimpasto di governo per il 17 luglio e la sostituzione dei governatori
regionali prima del 25 luglio.
Presto il rientro di Saleh in Yemen: gli
Usa chiedono l’accordo di transizione John Brennan, il consigliere per la sicurezza
nazionale alla Casa Bianca, ha incontrato a Riad il presidente dello Yemen, Ali Abdallah
Saleh, al quale ha ribadito la “condanna del governo americano all'attacco contro
il capo dello Stato ed altri rappresentanti dello Yemen”. Brennan ha chiesto a Saleh
di attuare in pieno e velocemente il primo impegno a firmare l'accordo di transizione.
Il presidente yemenita Abdullah Saleh ha incontrato all'ospedale militare di Ryad,
dove è ricoverato da oltre un mese, John Brennan, consigliere del presidente Usa Barack
Obama per l'antiterrorismo. Lo ha annunciato oggi la televisione di Stato mostrando
le immagini dell'incontro. Saleh è duramente contestato in patria e si trova in Arabia
Saudita dopo essere rimasto gravemente ferito in un attentato lo scorso giugno. Secondo
le ultime indiscrezioni, Saleh dovrebbe rientrare nello Yemen il 17 luglio prossimo.
16esimo
anniversario della strage di Srebrenica Migliaia di persone, nonostante il
caldo torrido, stanno affluendo da stamane a Srebrenica per partecipare alle commemorazioni
nel 16mo anniversario della strage di 8 mila musulmani compiuta nel 1995 dalle forze
serbo-bosniache del generale Ratko Mladic. Oggi ci saranno anche i funerali di altre
613 vittime di quel genocidio, i cui resti sono stati identificati nel corso dell'ultimo
anno con il test del Dna. Alle cerimonie assistono, tra gli altri, due esponenti della
presidenza tripartita della Bosnia, il musulmano Izetbegovic e il croato Komsic, il
presidente della Croazia Josipovic e l'Alto rappresentante della comunità internazionale
in Bosnia, Inzko. La città di Srebrenica, che era 'area protetta dell'Onù, cadde nelle
mani della soldataglia di Mladic l'11 luglio e quel giorno 25 mila uomini, donne,
bambini, raggiunsero nel panico Potocari con l'intenzione di rifugiarsi nella base
dei caschi blu olandesi. Alcuni sono stati fatti entrare, altri no e in ogni caso
il giorno seguente sono stati fatti uscire dalla base. Continuano sempre infatti le
polemiche sul comportamento delle forze olandesi. C’è da dire che questo è il primo
anniversario in cui Mladic è agli arresti.
11 morti per l’esplosione nella
base navale cipriota Evangelos Florakis Il ministro della Difesa cipriota Costas
Papacostas ha presentato le dimissioni al presidente cipriota Demetris Christofias
- che le ha accettate - dopo la serie di mortali esplosioni che hanno devastato una
base navale e una centrale elettrica nel sud dell'isola. È salito a 11 morti il numero
delle vittime provocate stamani dall’esplosione avvenuta nella base navale cipriota
Evangelos Florakis: la violenta esplosione, prodottasi sulla costa meridionale di
Cipro, ha danneggiato anche l'adiacente centrale elettrica di Vassilikos, dove si
è sviluppato un incendio. La centrale ha interrotto la produzione dell'energia elettrica
e un black out ha interessato gran parte delle località sulla costa sud dell'isola
mediterranea, già affollate da decine di migliaia di turisti.
Tragedia ferroviaria
in Uttar Pradesh, nel nord dell'India: 68 morti È ulteriormente salito a 68
morti il bilancio della tragedia ferroviaria avvenuta ieri in Uttar Pradesh, nel nord
dell'India. Tra le vittime ci sono anche due turisti svedesi, mentre un terzo è ferito.
Lo riferiscono i media indiani. Il tragico deragliamento di una decina di carrozze
del treno Calcutta-Delhi ha causato il ferimento di oltre 250 persone e sollevato
polemiche sul cattivo stato dei sistemi di sicurezza e in particolare sul ministero
delle Ferrovie affidato a Mamata Banerjee, la leader dei contadini eletta due mesi
fa alla guida dello Stato del West Bengala.
40 studenti morti in incidente
stradale nel sud del Bangladesh Secondo un nuovo bilancio fornito dalla polizia,
almeno 40 studenti sono morti in un incidente stradale nei pressi di Chittagong, nel
sud del Bangladesh. Lo riferiscono i media locali. Le vittime sono di età compresa
tra 8 e 12 anni e stavano viaggiando su un pullman uscito fuori strada e finito in
un canale. Si teme che diversi ragazzi siano ancora intrappolati nelle lamiere del
veicolo. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 192