India: digiuno di massa e marcia della pace contro la discriminazione dei dalit
Due giorni di digiuno per sensibilizzare l’opinione pubblica, ma soprattutto per riportare
l’attenzione del governo federale sulla condizione dei dalit: è la protesta che porteranno
avanti i cristiani dell’India dal 25 al 27 luglio prossimi, come specifica L’Osservatore
Romano. I dalit, “fuori casta”, si trovano al gradino più basso della scala sociale
ed economica, sono per lo più cristiani e anche per questo esclusi dal sistema educativo
e dall’accesso a molti servizi pubblici, e ammontano a 250 milioni di persone in tutta
l’India. Oltre al grande digiuno di New Delhi, la Commissione e il Consiglio nazionale
per i dalit cristiani hanno organizzato una marcia pacifica per il 28 luglio che si
concluderà all’esterno del Parlamento federale, al quale sarà chiesto ufficialmente
il rispetto dei diritti costituzionali, in nome del principio di laicità dello Stato.
In particolare, si domandano pari opportunità di lavoro per gli appartenenti a questa
categoria, e garanzie di promozione sociale non riconosciute ai dalit di religione
diversa. Presso il Parlamento federale, inoltre, sarà in corso la sessione estiva
dei lavori in cui si discutono provvedimenti di importanza fondamentale per la società
indiana, come la sicurezza alimentare, l’esproprio delle terre, la lotta alla corruzione
e alla violenza intercomunitaria. Proprio su quest’ultimo fronte il governo centrale
era stato più volte criticato per un mancato intervento in episodi di violenza contro
minoranze etniche, religiose o culturali. Tra i più eclatanti che hanno colpito i
cristiani, si ricordano i pogrom in Orissa nel 2008: per evitare che si ripetano simili
fatti, afferma John Dayal, presidente della United Christian Action, è stata chiesta
la costituzione di un’Autorità nazionale per l’armonia interreligiosa che avrà il
compito di monitorare le situazioni locali e darà ampi poteri di intervento allo Stato
centrale, anche nello stanziamento di eventuali risarcimenti per le vittime e nella
decisione di pene certe per i responsabili, nonché per i personaggi pubblici che appoggino
le discriminazioni violente. (R.B.)