Il Papa benedice la nascita del Sud Sudan. Delegazione vaticana alle celebrazioni
di Juba
Il 54.mo e più giovane Stato africano, la Repubblica del Sud Sudan, è nato ufficialmente
questo sabato, accompagnato – fra gli altri – dall’augurio di “pace e prosperità”
di Benedetto XVI. L’avvenimento, che ridisegna gli equilibri geopolitici dell’Africa
subsahariana, è il frutto di una lunga e difficile transizione che ha visto la Chiesa
locale giocare un ruolo importante, spesse volte sottolineato dal Papa in anni recenti.
Alessandro De Carolis lo rievoca in questo servizio:
Campane a
festa, grida di esultanza, sguardi felici di chi oggi tocca il cielo con un dito,
dopo aver disperato per troppi anni in un autentico inferno. La gente del Sud Sudan
saluta dalla scorsa mezzanotte la raggiunta indipendenza, ma in tanti non hanno dimenticato
l’orrore appena dietro le spalle, i circa due milioni di morti e più del doppio di
profughi causati dalla Seconda guerra civile sudanese. Un conflitto durato oltre vent’anni
e concluso con l’Accordo di Navaisha nel 2005, “anticamera” della divisione del Sudan
in due Stati: a maggioranza musulmana nel nord e a maggioranza cristiana nel sud,
in questo caso con una forte presenza di seguaci delle religioni tradizionali.
Dieci
mesi prima del referendum del gennaio scorso, che ha sancito la nascita del nuovo
Stato, Benedetto XVI riceve in udienza i vescovi sudanesi in visita ad Limina. È il
13 marzo 2010 e sullo sfondo la possibilità di celebrare il referendum e quindi di
approdare all’indipendenza si intravedono come obiettivi possibili, anche se con tutte
le tensioni che un simile passaggio può generare. Il Papa imposta allora il proprio
intervento sul dovere, da parte della Chiesa, di innestare i valori basilari della
convivenza civile, che sono poi valori cristiani, sulla giovane pianta della democrazia
e della società sudanese:
“If peace i sto plant deep roots, concrete
efforts… Se la pace è occasione per piantare radici profonde, sforzi
concreti devono essere fatti per diminuire i fattori che contribuiscono al disordine,
in particolare la corruzione, le tensioni etniche, l'indifferenza e l'egoismo. Iniziative
in questo senso sapranno sicuramente rivelarsi fruttuose se basate sull’integrità,
sul senso della fraternità universale e sulle virtù della giustizia, della responsabilità
e della carità. Trattati e altri accordi, blocchi indispensabili nella costruzione
del processo di pace, daranno frutti solo se ispirati e accompagnati dall'esercizio
di una leadership matura e moralmente retta”.
Parole nette, che
immaginiamo siano tornate nel cuore del Papa in queste ore, mentre una delegazione
vaticana – guidata dal cardinale arcivescovo di Nairobi, John Njue, e integrata dalla
presenza del nunzio apostolico in Sudan, l’arcivescovo Leo Boccardi – si trova nella
capitale di Juba per partecipare alle celebrazioni ufficiali per la proclamazione
del nuovo Stato. Parole, quelle di Benedetto XVI, che brillano per aderenza e consapevolezza
soprattutto oggi, quando l’entusiasmo della novità vorrebbe cancellare il dolore costato
per raggiungerla, ma del quale va fatta memoria per chi dovrà costruire il Sud Sudan
dei prossimi anni:
“The effects of violence may take many years to
heal… Gli effetti della violenza possono richiedere molti anni per
guarire, ma il cambiamento del cuore, che è la condizione indispensabile per una pace
giusta e duratura, deve ancora oggi essere implorato come un dono della grazia di
Dio. Come araldi del Vangelo, avete cercato di instillare nella gente e nella società
un senso di responsabilità verso le generazioni presenti e future, incoraggiando il
perdono, l'accettazione reciproca e il rispetto degli impegni presi”.