Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
In questa 15.ma Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci presenta la parabola
del seminatore con cui Gesù invita ad ascoltare e mettere in pratica la Parola di
Dio. Questa è paragonata ad un seme che cade in vari luoghi: lungo la strada, sul
terreno sassoso e sui rovi, a significare la durezza di cuore, l’incostanza, la preoccupazione
per le cose del mondo e l’attaccamento al denaro che non permettono alla Parola di
maturare. Giunge a buon fine – dice Gesù – solo il seme accolto in un terreno buono:
“Quello
seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà
frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno”.
Su questo brano
del Vangelo, ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente
di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:
Entriamo
con questo testo evangelico nel terzo grande discorso di Gesù: un linguaggio parabolico
che per tre domeniche ci accompagnerà. La prima parabola è quella famosa del seminatore,
che getta il seme un po’ dappertutto, in diversi tipi di terreno, strada e rovi compresi.
In ognuna di queste situazioni vi è una diversa fecondità: quasi nulla o scarsa sulla
strada o fra i sassi; vivace fra i rovi, almeno all’inizio, poi muore. Abbondante
invece l’esito sul terreno adatto. Nella seconda parte del testo è Gesù stesso che
offre la spiegazione di questa storia: si tratta della parola del Regno, sparsa con
ampiezza e generosità da Gesù stesso e dai suoi discepoli, ma con esiti differenti
a seconda dei terreni, cioè degli uditori. Non basta ascoltare materialmente l’Evangelo,
non basta partecipare a predicazioni e riti: ci vuole un cuore obbediente e generoso.
In questa diversa arte della risposta feconda probabilmente Matteo pensava anche ai
suoi vicini, che forse non avevano più grande entusiasmo per il Vangelo, e tiravano
avanti senza impegno. Ma possiamo ritrovare anche noi stessi. Dio semina continuamente,
ma a volte gli orecchi sono sordi e il nostro cuore chiuso. E il seme resta lì, senza
crescita, senza arrivare mai alla mietitura. Grazia sciupata, fede sterile.