Gli Usa rischiano il primo default della storia. Le speculazioni contro l'Europa
“La ripresa economica degli Stati Uniti è fragile e non produce ancora i posti di
lavoro di cui abbiamo bisogno”. Lo ha detto il presidente statunitense Obama precisando:
“non possiamo permetterci il primo default della storia americana”. Il capo della
Casa Bianca ha dunque esortato la nazione ad impegnarsi per ridurre il deficit e il
debito. E anche il presidente della Banca Centrale Europea, Trichet, ha esortato i
Paesi del vecchio continente a vigilare sull’andamento dei conti pubblici. Posizioni
che arrivano all’indomani del via libera del Fondo Monetario Internazionale alla quinta
tranche di aiuti a favore della Grecia, dopo una giornata di passione per le borse
europee. Un venerdì nero segnato da pesanti perdite soprattutto a Milano, con gli
analisti che mostrano preoccupazione per la situazione politica italiana. Tuttavia,
il rischio speculativo riguarda l’intera Europa come conferma, al microfono di Eugenio
Bonanata, Riccardo Moro docente di economia dello sviluppo alla Statale
di Milano:
R. – Sicuramente
ci sono dei movimenti speculativi che giocano contro i governi europei, soprattutto
attraverso i titoli pubblici emessi dai governi, nella consapevolezza che l’Europa
comunque interverrà, perché non c’è nessuno che vuole veramente perdere la coesione
intorno all’euro. Allora, quello che è capitato nei mesi scorsi, ad esempio per quanto
riguarda la Grecia, è che si è giocato a consentire, addirittura a scommettere apparentemente
sulla vulnerabilità della Grecia, magari anche invocandone il fallimento, sapendo
però perfettamente che la Grecia sarebbe stata oggetto della solidarietà europea.
Allora, i risparmiatori, quelli che non possono rischiare troppo si sono ritirati
dai titoli greci, e per poter essere venduti, per poter dare prestiti, la Grecia ha
dovuto promettere tassi di interesse sempre più elevati. Gli speculatori più spregiudicati
li hanno acquistati, sapendo benissimo che non avrebbero perso, perché la solidarietà
internazionale sarebbe arrivata, come è arrivata da parte dell’Unione Europea e –
ieri sera l’ultimo passo – da parte del Fondo monetario internazionale. Per cui tutte
le esitazioni ad intervenire da parte europea – mi riferisco in modo particolare alla
Germania – altro non sono state che un regalo agli speculatori.
D. –
Quindi, siamo nel mezzo di un contagio da parte della situazione di Grecia, Spagna
e Portogallo verso gli altri Paesi?
R. – No, perché obiettivamente,
anche se la Grecia complessivamente facesse fallimento, ha un’economia che vale sull’Unione
Europea pochissimo, che vale meno di una regione media italiana. Non ha questa dimensione
la crisi greca, non è in grado di determinare in termini reali un contagio di questo
tipo. Certo, la dimensione speculativa è in grado di amplificare viceversa tutte queste
dimensioni.
D. – Quanto ha pesato il dato sull’aumento della disoccupazione
negli Stati Uniti?
R. – Questo è difficile da valutare, perché in teoria
il dato sulla disoccupazione negli Stati Uniti avrebbe dovuto determinare delle conseguenze
sulle borse americane piuttosto che non sulle borse europee. E’ certo che qualunque
informazione oggi, qualunque informazione che non sia fortemente positiva, è usata
come giustificazione di movimenti in una direzione o in un’altra.
D.
– Sul caso italiano hanno pesato le tensioni sviluppatesi attorno alla manovra finanziaria
e attorno alla figura del ministro Tremonti...
R. – Secondo me sul caso
italiano hanno pesato fortemente le tensioni legate alla credibilità del governo nel
suo insieme. Quello che è capitato in modo particolare in Italia, nella giornata di
ieri, è un po’ il segno dell’aprirsi di uno spazio su cui ancora una volta gli speculatori
giocano, ma è uno spazio reale. E’ una debolezza evidente: la manovra finanziaria
è di fatto presentata con un balbettio. Di fronte ad una situazione di questo tipo
i mercati evidentemente intervengono, cercando di sfruttare tutti gli spazi possibili.
D.
– La tensione resta puntata sulle banche italiane. La prossima sarà ancora una settimana
difficile?
R. – L’Italia è indebitata non esclusivamente, ma in buona
parte, con gli italiani, il che significa una situazione del tutto stabile, come un
nipote che investe per costruire un’impresa e si indebita con il padre o con il nonno
e nessuno ci trova nulla da ridire o degli elementi di grande instabilità. Così, lo
stato patrimoniale delle nostre banche è uno stato tutto sommato relativamente solido.
Draghi ieri ha detto: “Concordo che le banche italiane supereranno gli stress-test
previsti dall’Europa, per verificarne il grado di stabilità”. L’elemento debole sta
nella divisione politica.
D. – Quali sono i rischi per i cittadini?
R.
– Per i cittadini tutto questo significa relativamente poco nella loro condizione
economica personale: per chi investe in titoli uno spazio di guadagno in più, ma è
uno spazio di guadagno caricato sulle spalle di un‘intera comunità. In prospettiva
un’Italia che fa un po’ più fatica, diventa un po’ più vulnerabile e rimanda a domani
le scelte che gli consentiranno di uscire dalla crisi. (ap)