2011-07-09 14:31:01

Gli Usa rischiano il primo default della storia. Le speculazioni contro l'Europa


“La ripresa economica degli Stati Uniti è fragile e non produce ancora i posti di lavoro di cui abbiamo bisogno”. Lo ha detto il presidente statunitense Obama precisando: “non possiamo permetterci il primo default della storia americana”. Il capo della Casa Bianca ha dunque esortato la nazione ad impegnarsi per ridurre il deficit e il debito. E anche il presidente della Banca Centrale Europea, Trichet, ha esortato i Paesi del vecchio continente a vigilare sull’andamento dei conti pubblici. Posizioni che arrivano all’indomani del via libera del Fondo Monetario Internazionale alla quinta tranche di aiuti a favore della Grecia, dopo una giornata di passione per le borse europee. Un venerdì nero segnato da pesanti perdite soprattutto a Milano, con gli analisti che mostrano preoccupazione per la situazione politica italiana. Tuttavia, il rischio speculativo riguarda l’intera Europa come conferma, al microfono di Eugenio Bonanata, Riccardo Moro docente di economia dello sviluppo alla Statale di Milano:RealAudioMP3

R. – Sicuramente ci sono dei movimenti speculativi che giocano contro i governi europei, soprattutto attraverso i titoli pubblici emessi dai governi, nella consapevolezza che l’Europa comunque interverrà, perché non c’è nessuno che vuole veramente perdere la coesione intorno all’euro. Allora, quello che è capitato nei mesi scorsi, ad esempio per quanto riguarda la Grecia, è che si è giocato a consentire, addirittura a scommettere apparentemente sulla vulnerabilità della Grecia, magari anche invocandone il fallimento, sapendo però perfettamente che la Grecia sarebbe stata oggetto della solidarietà europea. Allora, i risparmiatori, quelli che non possono rischiare troppo si sono ritirati dai titoli greci, e per poter essere venduti, per poter dare prestiti, la Grecia ha dovuto promettere tassi di interesse sempre più elevati. Gli speculatori più spregiudicati li hanno acquistati, sapendo benissimo che non avrebbero perso, perché la solidarietà internazionale sarebbe arrivata, come è arrivata da parte dell’Unione Europea e – ieri sera l’ultimo passo – da parte del Fondo monetario internazionale. Per cui tutte le esitazioni ad intervenire da parte europea – mi riferisco in modo particolare alla Germania – altro non sono state che un regalo agli speculatori.

D. – Quindi, siamo nel mezzo di un contagio da parte della situazione di Grecia, Spagna e Portogallo verso gli altri Paesi?

R. – No, perché obiettivamente, anche se la Grecia complessivamente facesse fallimento, ha un’economia che vale sull’Unione Europea pochissimo, che vale meno di una regione media italiana. Non ha questa dimensione la crisi greca, non è in grado di determinare in termini reali un contagio di questo tipo. Certo, la dimensione speculativa è in grado di amplificare viceversa tutte queste dimensioni.

D. – Quanto ha pesato il dato sull’aumento della disoccupazione negli Stati Uniti?

R. – Questo è difficile da valutare, perché in teoria il dato sulla disoccupazione negli Stati Uniti avrebbe dovuto determinare delle conseguenze sulle borse americane piuttosto che non sulle borse europee. E’ certo che qualunque informazione oggi, qualunque informazione che non sia fortemente positiva, è usata come giustificazione di movimenti in una direzione o in un’altra.

D. – Sul caso italiano hanno pesato le tensioni sviluppatesi attorno alla manovra finanziaria e attorno alla figura del ministro Tremonti...

R. – Secondo me sul caso italiano hanno pesato fortemente le tensioni legate alla credibilità del governo nel suo insieme. Quello che è capitato in modo particolare in Italia, nella giornata di ieri, è un po’ il segno dell’aprirsi di uno spazio su cui ancora una volta gli speculatori giocano, ma è uno spazio reale. E’ una debolezza evidente: la manovra finanziaria è di fatto presentata con un balbettio. Di fronte ad una situazione di questo tipo i mercati evidentemente intervengono, cercando di sfruttare tutti gli spazi possibili.

D. – La tensione resta puntata sulle banche italiane. La prossima sarà ancora una settimana difficile?

R. – L’Italia è indebitata non esclusivamente, ma in buona parte, con gli italiani, il che significa una situazione del tutto stabile, come un nipote che investe per costruire un’impresa e si indebita con il padre o con il nonno e nessuno ci trova nulla da ridire o degli elementi di grande instabilità. Così, lo stato patrimoniale delle nostre banche è uno stato tutto sommato relativamente solido. Draghi ieri ha detto: “Concordo che le banche italiane supereranno gli stress-test previsti dall’Europa, per verificarne il grado di stabilità”. L’elemento debole sta nella divisione politica.

D. – Quali sono i rischi per i cittadini?

R. – Per i cittadini tutto questo significa relativamente poco nella loro condizione economica personale: per chi investe in titoli uno spazio di guadagno in più, ma è uno spazio di guadagno caricato sulle spalle di un‘intera comunità. In prospettiva un’Italia che fa un po’ più fatica, diventa un po’ più vulnerabile e rimanda a domani le scelte che gli consentiranno di uscire dalla crisi. (ap)







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