2011-07-08 14:32:57

Nuovo allarme sovraffollamento per le carceri. Don Trani: ricordare le parole di Cristo


In Italia è sempre più allarme sovraffollamento carcerario. Per denunciare il fenomeno ormai giunto ad un limite giudicato non più tollerabile, sono scesi in piazza a Roma i direttori ed i dirigenti delle 206 strutture penitenziarie presenti in tutto il territorio nazionale. Ma a preoccupare sono anche i suicidi ed i tentati suicidi dei detenuti che le penose condizioni di vivibilità hanno fatto triplicare nel giro di pochi anni: ieri nel carcere di Taranto un detenuto è stato salvato in extremis dopo aver tentato di togliersi la vita legando un lenzuolo alle sbarre della finestra. “E’ una situazione che non possiamo più tollerare. Dobbiamo intervenire”, spiega al microfono di Federico Piana, Franco Ionta, capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e commissario straordinario delle carceri:RealAudioMP3

R. – Sicuramente, la situazione è molto complessa e molto faticosa. Noi abbiamo 206 strutture penitenziarie; in questo momento, ospitano circa 67 mila detenuti, quindi siamo ai limiti della capienza tollerabile nel senso non regolamentare del termine, ma “tollerabile” come capienza fisica. Questo impone ed ha imposto sia al governo sia a me una scelta di campo, per mettere in atto una strategia complessiva che tenda a migliorare la situazione della detenzione, da un lato, e quella della dignità del lavoro della polizia penitenziaria dall’altro. Verranno costruiti 20 padiglioni nuovi: questo significa inserire in strutture già esistenti delle strutture che possano ospitare circa 200 persone ciascuna. E inoltre, 11 istituti completamente nuovi andranno ad ospitare circa 450 persone.

D. – Per tutto questo, ci sono i fondi, o no?

R. – Questo è sempre un tasto dolente. Però, la legge finanziaria del 2010 ha stanziato 500 milioni di euro per l’edilizia penitenziaria, e a questi si aggiungano i 100 milioni che io ho già spostato dalla cassa delle ammende per fare queste operazioni, e altri fondi derivano dai capitoli di bilancio ordinario. Quindi, diciamo che in questo momento la copertura finanziaria per l’edilizia credo che sia completa.

Una tra le situazioni più drammatiche è quella che riguarda il carcere romano di Regina Coeli. Costruito quasi 130 anni fa, versa in condizioni di degrado e pericoloso sovraffollamento. Fabio Colagrande ha sentito padre Vittorio Trani, storico cappellano della casa circondariale:RealAudioMP3

R. – Si lavora con un certo magone, nel senso che si vorrebbe veder accanto alla privazione della libertà però tutta una serie di attenzioni che rendessero la vita più vivibile, cioè, non imporre ulteriori pesi a chi deve rispondere di reati; ci sono esigenze di vita che andrebbero rispettate …

D. – Il garante dei detenuti del Lazio parla di emergenza umanitaria per gli Istituti della capitale. La Chiesa più volte ha alzato la voce anche per denunciare la situazione di vita nelle carceri. Lei, come cappellano di Regina Coeli, cosa si sente di dire in questo momento in cui – dobbiamo dirlo – se ne parla veramente poco?

R. – C’è, nell’opinione pubblica, uno stranissimo atteggiamento: quello di essere in balìa dell’emotività. Succede un fatto eclatante e tutti dicono: gettate le chiavi. Poi arriva un momento in cui si incomincia a guardare la realtà delle carceri, e allora si incomincia a dire: ah, no, qui bisogna rivedere le cose! Ecco, manca una capacità di leggere a fondo questa realtà e mettere mano ad un progetto serio – ma veramente serio – da parte di tutti.

D. – Come cristiani abbiamo forse anche un dovere in più, in questo senso …

R. – Noi cristiani abbiamo la marcia in più per essere più sensibili, in quanto abbiamo una motivazione alta che ci viene da lontano; e quindi, oltre alla sensibilità umana che possono avere tutti, il cristiano ha la motivazione perché lì, nel carcere, Cristo ti dà una delle sue carte d’identità: “Ero detenuto e tu sei venuto a trovarmi”. Per i cristiani, operare perché si migliori è veramente uno spazio di grande impegno! (gf)







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