2011-07-05 08:52:33

Mons. Bertin: la presenza della Chiesa in Somalia e a Gibuti è stata quasi del tutto distrutta


La presenza della Chiesa in Somalia e a Gibuti è stata quasi del tutto distrutta in questi due decenni e “sopravvive con qualche opera umanitaria”. Ad affermarlo in un’intervista all’agenzia Cisa è mons. Giorgio Bertin, amministratore apostolico di Gibuti e Mogadiscio. Nell’intervista, rilasciata a margine della 17.ma assemblea plenaria dell’Amecea, l’Associazione delle Conferenze episcopali dell’Africa Orientale, in corso a Nairobi in coincidenza con il 50° anniversario della sua fondazione, il vescovo cappuccino italiano evidenzia che la guerra e l’insicurezza hanno reso ormai impossibile l’opera di evangelizzazione nei due Paesi del Corno d’Africa e che, a causa del diffondersi del fondamentalismo islamico alimentato prima dal regime iraniano e adesso da Al Qaeda, i rapporti tra cristiani e la maggioranza musulmana non solo facili. Questo, peraltro, non ha impedito l’instaurarsi di rapporti “abbastanza fraterni” e di conquistare anche la stima di alcuni musulmani, ma, spiega il presule, “il problema si pone con chi non ci conosce, che è la maggioranza”. Un altro problema, è rappresentato dalla mancanza di sacerdoti che oggi sono appena tre a Gibuti. In tutta la Somalia si conta una sola parrocchia e fuori dalla città di Gibuti ci sono quattro stazioni missionarie con qualche religiosa. Nella maggior parte dei casi i sacerdoti, tutti stranieri, restano per poco tempo: “I sacerdoti che vengono da noi - spiega mons. Bertin - non sono abituati a vivere in un contesto musulmano in cui l’attività pastorale tra i cristiani è pressoché nulla”. Il risultato è che c’è un continuo via vai. Durante i lavori il presule ha quindi lanciato un appello alle diocesi dell’Africa orientale a mettere a disposizione i loro sacerdoti. (L.Z.)







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