Non dimenticare Haiti: l’appello della Fondazione Francesca Rava
Un anno e mezzo dopo il terremoto, ad Haiti solo il 2 per cento delle macerie è stato
rimosso e un milione di persone vive ancora sotto tende di fortuna. Due dati che sottolineano
drammaticamente lo stato di precarietà in cui vive la popolazione haitiana, alle prese
anche con le piaghe del colera e della malnutrizione. In prima linea per aiutare gli
haitiani è la Fondazione “Francesca Rava”, grazie soprattutto all’impegno sul terreno
di padre Rick Frechette e della sua squadra di volontari. Per una testimonianza sulla
situazione ad Haiti, Alessandro Gisotti ha intervistato il presidente della
Fondazione, Mariavittoria Rava:
R. – Ancora
oggi, a un anno e mezzo dal terremoto, un milione di persone vive nelle tende. Le
tende non sono quelle della Protezione civile italiana che ha fatto campo base nel
nostro ospedale e sono tuttora molto ben funzionanti: sono tende arrangiate, fatte
di stracci. Immaginatevi la stagione delle piogge che colpisce queste "case": famiglie
intere vivono nel fango nel freddo e i bambini si ammalano. Le malattie respiratorie,
insieme alla malnutrizione, sono la prima causa di moralità in Haiti. E’ un Paese
dove già prima si moriva di fame e ancora oggi si muore di fame nonostante ci sia
stata un’attenzione e un risveglio da parte di tutto il mondo verso questo Paese.
Il problema dell’alloggio è ancora gigantesco: mancano le strade, manca la corrente
elettrica, manca la distribuzione dell’acqua potabile.
D. – Cosa sta
facendo la Fondazione Francesca Rava per sostenere la popolazione di Haiti così afflitta
da mille difficoltà?
R. – Noi siamo impegnati su diversi fronti. Il
primo è quello dei bambini orfani abbandonati ed è un problema che esiste già da prima,
ma dopo il terremoto moltissimi bambini sono rimasti senza famiglia e senza casa.
Poi, parallelamente, abbiamo riaperto le scuole di strada. Padre Rick ha 24 scuole
di strada, che assistono ogni giorno 10 mila bambini che seguono un programma regolare
dall’asilo fino alla scuola primaria e scuola secondaria, con 300 insegnanti, anche
loro haitiani, e che quindi ricevono l’aiuto per le loro famiglie a loro volta: qui
i bambini vengono vaccinati, vengono "verificati" da un punto di vista medico, sono
assistiti contro la malnutrizione e ricevono un pasto al giorno e igiene. Inoltre,
abbiamo un programma dedicato ai bambini disabili. Purtroppo sappiamo che molti bambini
oltre a tutto il resto hanno perso anche un arto. Allora, fin da subito, dal terremoto,
alcuni tecnici ortopedici italiani, generosissimi, dal cuore d’oro, sono venuti con
noi e hanno installato quest’officina ortopedica che sorge nella “Casa dei piccoli
angeli” che è proprio un centro dedicato ai bambini disabili. Vengono con le loro
mamme, se hanno la fortuna di averle, o con i loro parenti, per ricevere l’arto artificiale
che viene fatto su misura e per avere la riabilitazione conseguente.
D.
– Qual è l’appello che vuole lanciare?
R. – Noi cerchiamo di portare
una speranza che duri, che rimanga. Ognuno di voi, anche con poco, può salvare la
vita a un bambino. Che sia un’adozione a distanza, con soli 26 euro al mese - che
non equivale neanche un caffè al giorno - si può cambiare la vita a un bambino. Io
invito chi ci sta ascoltando a venire con noi in Haiti e a verificarlo con i propri
occhi! Il nostro numero di telefono è 02.54122917 e il nostro sito è www.nphitalia.org.
Chiamateci e saremo felici di farlo insieme a voi.