La difficile situazione in Somalia: nuovo primo ministro mentre resta il clima
di instabilità
Nella Somalia attraversata dal 1991 da un conflitto permanente, che oggi vede il governo
provvisorio opporsi soprattutto al movimento islamico Shabaab, è stato da pochi giorni
nominato un nuovo primo ministro. A Gianpaolo Calchi Novati, docente universitario
e responsabile del programma per l’Africa dell’Istituto per gli Studi di Politica
internazionale, Davide Maggiore ha chiesto quale significato si deve attribuire
a questo avvicendamento al vertice di un esecutivo riconosciuto all’estero, ma la
cui autorità non va oltre alcuni quartieri della capitale Mogadiscio:
R. – Come
è capitato già con il mutamento del presidente, si cerca di andare verso una maggiore
rappresentatività di quel piccolo gruppo di nominati che costituiscono il Parlamento
e di stabilire una qualche sintonia fra il presidente, il presidente del Parlamento
e il capo del governo. Da una parte si vorrebbe che le tre personalità rappresentino
gruppi diversi e dall’altra che fossero veramente coordinati e coordinabili.
D.
– Qual è e quale potrà essere in futuro il ruolo della comunità internazionale nel
conflitto somalo?
R. – Finora la comunità internazionale non ha avuto
una grande efficacia nell’azione. Io penso che il maggior contributo che dovrebbe,
potrebbe, dare sia quello di espungere la questione della Somalia dagli aspetti regionali
e internazionali di crisi e cercare di affrontare il problema della Somalia nel suo
specifico. Perché più si cerca di risolvere attraverso la Somalia problemi attualmente
insolubili come il terrorismo, il controllo del territorio, lo stabilimento di una
rete di protezione attraverso tutta l’Africa, e più tutto questo non ha nessuna possibilità
di incidere sulla realtà della Somalia.
D. – Quale peso nella società
e quali obiettivi ha Al-Shabaab?
R.
– Al-Shabaab è l’ultima espressione dell’estremismo
che si è andato sviluppando per escalation, da ciò che negli ultimi dieci anni è avvenuto
in Somalia. Progressivamente l’entità nazionale si è appoggiata all’islam, dall’islam
si è passati all’islamismo politico e dall’islamismo politico all’estremismo, al fondamentalismo,
al jihadismo di cui Al-Shabaab è l’espressione.
Il colpo di grazia a una qualche utilizzazione dell’islam politico in funzione costruttiva
è avvenuta con l’invasione etiopica, che ha scatenato in Somalia una vera e propria
guerra di liberazione o di resistenza contro il nemico storico della Somalia. E’ qui
che si è saldata l’identità nazionale con l’estremismo islamico.
D.
– Al di là dei confini intanto cresce il problema dei profughi...
R.
– Il problema dei profughi riguarda un po’ tutto il Corno d’Africa, perché in tutto
il Corno d’Africa oggi prevale una situazione di vera e propria guerra o di tensione.
Quindi, i profughi diventano un problema per i Paesi vicini. E adesso la guerra che
si sta combattendo in Libia ha sicuramente aumentato la loro precarietà.
D.
- L’ormai cronica instabilità somala che effetti ha sull’intera regione?
R.
– Per causa ed effetto nello stesso tempo di una situazione regionale critica, dalla
sua costituzione la Somalia ha rappresentato un fattore di instabilità, perché ha
fatto sorgere per la prima volta nella storia recente del Corno d’Africa un centro
politico in competizione con l’Etiopia. L’Eritrea appoggia tutti coloro che non sono
amici dell’Etiopia. Tutto questo circolo genera tensione e la Somalia è naturalmente
il fulcro, perché è la situazione più instabile. (ap)