Marocco: il 98% dei cittadini vota sì al referendum di riforma della Costituzione
Al referendum di ieri in Marocco, oltre il 72% degli elettori, secondo dati ancora
non definitivi, ha partecipato alla consultazione sulla riforma costituzionale proposta
da re Mohammed VI ed ha votato al 98,5% per il "sì". La stragrande maggioranza dei
13 milioni di elettori si è recato dunque alle urne, nonostante il boicottaggio di
una parte del "Movimento 20 febbraio" - che rappresenta i gruppi della cosiddetta
"primavera araba" - della sinistra e degli islamisti: tale fronte critica la riforma
del monarca che trasferisce parte dei propri poteri assoluti al parlamento, al governo
e alla giustizia e conferisce al berbero, cultura a cui appartiene la maggioranza
dei marocchini, lo status di lingua ufficiale della nazione al fianco dell'arabo.
Sui motivi di tali critiche, Giada Aquilino ha raccolto il commento di Luciano
Ardesi, esperto di questioni nordafricane:
R. - Confrontando
il progetto di Costituzione sottoposto al referendum e la vecchia Costituzione non
ci sono grandissime differenze. C’è sicuramente un’enfasi sui diritti fondamentali
e sulla libertà, ma quanto all’esercizio del potere, la nuova Costituzione non innova,
se non marginalmente. Delle piccole differenze riguardano il fatto che il re è obbligato
a nominare il primo ministro all’interno del partito che ha vinto le elezioni legislative.
Il re però continua a nominare e a dimettere i ministri, mantenendo quindi intatta
la prerogativa che aveva già nella precedente Costituzione. Inoltre, anche nel nuovo
testo, la figura del monarca è al di sopra di qualsiasi altro potere.
D.
- Nonostante le critiche alla nuova Costituzione da parte del movimento che rappresenta
la "primavera araba" e da parte dell’opposizione, l’affluenza è stata massiccia. Come
si può leggere questo dato? Mohammed VI ha davvero l’appoggio dei sudditi?
R.
- E’ molto popolare, questo è vero. Però la libertà di espressione è stata molto limitata.
C’è una capacità, da parte della monarchia, di suscitare la corrente di opinione a
favore del re, com’è stato dimostrato pure in questa campagna elettorale: la monarchia
ha saputo mobilitare le persone per manifestare, anche nelle piazze, il sostegno al
re. Diciamo che non c’è un esercizio regolare dell’opposizione, c’è stato soltanto
il "Movimento del 20 febbraio" che ha saputo imporre, anche per strada, un parziale
dissenso che però rimane minoritario.
D. - Cosa servirebbe davvero al
Marocco, oggi?
R. - Una monarchia costituzionale. Cioè, una monarchia
in cui il re sia sottoposto alla Costituzione, che ci sia ad esempio una norma che
possa mettere sotto accusa e giudicare il re nel caso in cui egli si discosti dai
principi della Costituzione. Inoltre, in questa Costituzione le disposizioni principali
sono rimandate alla legge. Anche per quello che concerne l’esperienza di riforme passate,
si è visto che poi il Marocco, come Paese, fatica a modernizzarsi. Innanzitutto, l’esercizio
del potere continua a manifestarsi nelle antiche forme del “sopruso”: c’è una corruzione
diffusa. C’è una riforma globale, culturale, che il Paese deve ancora affrontare nelle
sue fondamenta. (vv)