Cina: Amnesty denuncia misure repressive contro gli avvocati pro diritti umani
Giro di vite del governo cinese contro gli avvocati che si occupano di diritti umani.
Secondo un rapporto diffuso a Hong Kong da Amnesty International, Pechino sta applicando
una serie di misure per mettere sotto controllo la professione legale. Questi provvedimenti
repressivi, in atto da due anni, si sono intensificati negli ultimi mesi. “Gli avvocati
che si occupano di diritti umani sono sottoposti a un crescendo di tattiche del silenzio,
dalla sospensione o revoca della licenza fino alle minacce, alle sparizioni forzate
e addirittura alla tortura”, ha dichiarato all'agenzia Sir Catherine Baber, vicedirettrice
del Programma Asia e Pacifico di Amnesty International. A partire da febbraio, il
timore di una “rivoluzione dei gelsomini” ispirata alla Primavera araba, ha spinto
il governo ad arrestare decine di oppositori e attivisti, compresi quelli che agiscono
online. Le autorità hanno effettuato retate di avvocati che si occupano di cause relative
alla libertà di religione, alla libertà di espressione e ai diritti sulla terra. “Il
governo cinese sta cercando di adattare e manipolare le leggi per stroncare chi ritiene
costituire una minaccia”, ha accusato Baber. “Gli avvocati per i diritti umani sono
nel mirino delle autorità perché cercano di usare le leggi per proteggere i cittadini
contro gli abusi compiuti dallo Stato – ha aggiunto l’esponente di Amnesty -. Chiediamo
al governo di rilasciare tutti coloro che sono stati arrestati o fatti sparire”. Coloro
che esercitano la professione legale devono sottoporsi a una “valutazione annuale”
che molti ritengono non abbia alcun fondamento legislativo. Gli avvocati che si arrischiano
a occuparsi di cause sensibili, come quelle che hanno a che fare coi diritti umani,
spesso non superano l’esame e si vedono sospendere o revocare la licenza. A causa
delle pressioni, delle intimidazioni e delle persecuzioni, il loro numero si è ridotto:
su oltre 204.000 avvocati, solo poche centinaia osano occuparsi di diritti umani.
Nuove disposizioni introdotte negli ultimi due anni impediscono agli avvocati di difendere
determinati clienti, di commentare pubblicamente i processi o di contestare i procedimenti
giudiziari. Queste misure hanno reso più difficile assumere un difensore per chi ne
ha maggiore bisogno, come le persone imputate per appartenenza a gruppi religiosi
non riconosciuti, i manifestanti tibetani e uiguri, le vittime di sgomberi forzati
o chi contesta l’operato del governo in occasione di disastri naturali. Amnesty chiede
al governo di Pechino “di ripristinare le licenze degli avvocati sospesi o revocati
per essersi occupati di cause relative ai diritti umani – ha sottolineato Baber -
e di affidare il governo della professione legale a organismi effettivamente indipendenti.
Gli avvocati devono essere protetti”. (M.G.)