2011-06-28 14:33:10

Il cardinale Piacenza sui 60 anni di ordinazione del Papa: in lui il sacerdozio ha la freschezza di un cuore giovane


Un lungo ministero caratterizzato da "profondità della ricerca teologica e dallo zelo apostolico". Con queste parole il presidente dei vescovi italiani, il cardinale arcivescovo di Genova Angelo Bagnasco, si rivolge in un telegramma augurale a Benedetto XVI, alla vigilia del suo 60.mo anniversario di sacerdozio. Si moltiplicano intanto i messaggi di auguri all'indirizzo del Papa per il suo importante traguardo di domani. Roberto Piermarini ha domandato al cardinale Mauro Piacenza, prefetto della Congregazione per il Clero, quanto l’esempio di umiltà e fedeltà gioiosa di Benedetto XVI al servizio di Dio possa contribuire alla santità dei sacerdoti:RealAudioMP3

R. – L’esempio del Santo Padre, per di più in un’epoca mediatica nella quale parola ed immagine volano ovunque e in un attimo, in un batter d’ali, è certamente di portata enorme e nel caso di Benedetto XVI mi pare che questo sia fortissimo perché egli è assolutamente naturale. Cioè, la "mediaticità" del nostro Papa è quanto mai incisiva perché egli non è per nulla mediatico, se così possiamo dire, nel senso però della comune accezione dello spettacolo. Il Papa è quello che è e basta: nulla in lui è studiato, non ci sono “atteggiamenti”. E anche il formidabile Magistero, capace di centrare subito il nocciolo delle questioni culturali del nostro tempo e di aiutare la Chiesa a dare le risposte, è porto con grande naturalezza, con grande semplicità: anche le verità più alte. Emana – direi – un senso di pace, dalla sua persona: quella pace che solo Cristo sa dare e che è propria degli uomini liberi, liberi perché radicati nella verità e nell’umiltà. E la gioia, come la nobile semplicità, emergono dalla pulizia interiore, dal nitore interiore e intellettuale. E così, il 60.mo di sacerdozio di colui che tiene le veci di Cristo Buon Pastore, rappresenta un motivo di riflessione salutare certamente per tutti i sacerdoti che partecipano della missione pastorale e anche per tutti i fedeli e per tutti gli uomini di buona volontà, perché possono vedere e meglio comprendere che cosa rappresenti per loro, e accanto a loro, la figura sacerdotale. Auspico che ciò abbia un influsso anche su chi è chiamato e non ha ancora pronunciato definitivamente il suo “sì”.

D. – Questo anniversario può essere di stimolo per il nascere di nuove vocazioni?

R. – Sì, certamente. Lo dico con convinzione, anche perché il vero protagonista degli anniversari di questo tipo è Gesù, Gesù sacerdote. La figura umana del sacerdote che viene festeggiato diviene importante perché si coglie così come quell’eterno sacerdozio di Cristo venga trasmesso, venga incarnato per accompagnare le varie generazioni. E quando la persona è come il nostro amato Papa, siamo aiutati a capire meglio il sacerdozio. Così, i giovani – sui quali c’è un particolare progetto del Signore – sono favoriti nello sbocciare di quel “sì” generoso alla proposta che, in questo modo, viene avvertita con più facilità. I giovani chiamati sono di per sé sempre generosi e vogliono fare qualcosa di valido che serva per gli altri. Ma occorre capire – e questa, piano piano, è la maturazione – che se si impegna solo quello che si ha e non se stessi: penso all’obbedienza, penso alla perfetta castità nel celibato, al distacco dal beni creati e da noi stessi... Se non si fosse così, non si darebbe nulla, non si vivrebbe il sacrificio di Gesù e non si potrebbe essere in quella gioia di cui ci da testimonianza ogni giorno il Santo Padre. Chi è chiamato deve capire che si vive il sacerdozio nella misura in cui si sa morire a se stessi, ma in quel morire a se stessi non c’è nulla di negativo ma c’è uno sbocciare ad una vita più vera. Ecco: il Papa, che dopo 60 anni di sacerdozio è sempre più giovane, in questo senso, insegna come si vive il sacerdozio, e questo è molto stimolante per le vocazioni. Il Papa, nel suo vivere, esistensivamente – cioè in modo che prende tutta la sua esistenza, la quotidiana celebrazione della Santa Messa, fa ben comprendere l’espressione di Gesù: “Ignem veni mittere in terra et quid volo nisi ut accendatur?” – “Sono venuto a portare il fuoco in terra e che cosa desidero se non che prenda fuoco, che si accenda?”. Che si estenda questo fuoco dello Spirito Santo e bruci veramente tutta la materia del sacrificio alla nostra umanità, e tutti – soprattutto tutti i consacrati, tutti i sacerdoti – possano diventare una fiamma unica, unita, una fiamma di amore. L’anniversario di questo 60.mo può far comprendere, anzi: fa comprendere a tutti i chiamati al sacerdozio, che non si tratta di essere buoni sacerdoti, come orizzonte; si tratta di essere semplicemente sacerdoti. Che è molto di più che dire “santi” sacerdoti, “buoni” sacerdoti, perché dicendo “sacerdoti”, se è sacerdote in verità, è un altro Cristo, allora. Il Papa questo ce lo ricorda con la sua stessa presenza. “Buoni” significa dare un carattere di moralità alla nostra vita; si tratta piuttosto, invece, di renderci pienamente consapevoli di essere inseriti nel mistero di Cristo per renderlo veramente presente nel mondo di oggi. Io credo che questo anniversario tutto questo ce lo possa ricordare, ce lo possa far brillare davanti agli occhi. E questo è utile e provvidenziale per i sacerdoti: è provvidenziale per i seminaristi, è provvidenziale per tutti quei ragazzi che stanno avvertendo che c’è qualche cosa. Gli occhi di Dio si sono posati sulla loro esistenza per farli suoi amici in modo tutto particolare. Però, è utile anche per tutti gli uomini di buona volontà, perché comprendere che cosa ci stia a fare il sacerdote nel mondo è un arricchimento per tutti. (gf)







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