Myanmar: violenze tra l’esercito governativo e quello kachin: oltre 10 mila profughi
Dopo 17 anni di tregua infuriano nuovamente i combattimenti in Myanmar tra l’esercito
governativo e quello indipendentista kachin (Kia), che prende il nome dallo Stato
più settentrionale del Paese; tensioni violente, queste ultime, sfociate in scontri
che hanno costretto finora alla fuga oltre 10mila civili di etnia kachin, in maggioranza
cristiani. I combattimenti, di cui non si conosce ancora il bilancio delle vittime,
sono ripresi lo scorso 9 giugno anche se nelle ultime 48 ore sembrano aprirsi deboli
spiragli di tregua da entrambe le parti. Gli scontri sono iniziati, racconta una fonte
dell'agenzia Fides, perché il governo birmano ha stretto un accordo con la Cina per
la costruzione di una diga che alimenterà una centrale idroelettrica nel territorio
kachin. La centrale dovrebbe fornire energia alla popolazione cinese ma il progetto
potrebbe causare lo sfollamento e l’inondazione di villaggi e territori dove vive
la popolazione kachin, che dunque si è ribellata. Intanto è sempre più allarmante
la situazione delle migliaia di profughi: “C’è un bisogno urgente di assistenza umanitaria
e di preghiere per le migliaia di civili costretti alla fuga”, ha fatto sapere all’agenzia
Misna monsignor Raymond Sumlut Gam, presidente della Caritas Myanmar, vescovo di Banmaw,
diocesi nello Stato Kachin. “I militari governativi non esitano a compiere atrocità
e vendette sulla popolazione civile è inoltre l’allarme lanciato all’agenzia Fides
da un sacerdote della diocesi di Myitkyina (nel Nord del Myanmar), che chiede l’anonimato
per motivi di sicurezza. “La situazione è drammatica in quanto la popolazione civile,
già molto povera, è allo stremo”, ha aggiunto. In tale dolorosa situazione, “la Chiesa
locale di Myitkyina sta facendo il possibile per ospitare i profughi, per confortare
e incoraggiare la popolazione, esortando i fedeli ad aiutarsi reciprocamente. Inoltre
sacerdoti, religiosi e fedeli pregano incessantemente per la pace, affidando a Dio
la loro immane sofferenza”. (L.G.)