2011-06-22 15:48:18

Libia, proseguono i bombardamenti Nato. I Paesi dell’Alleanza divisi sul cessate-il-fuoco umanitario


In Libia, proseguono i bombardamenti della Nato e i combattimenti sul terreno nei pressi di Misurata. Intanto, fa discutere la richiesta del ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, di una ''sospensione umanitaria immediata delle ostilità '' per consentire la creazione di corridoi umanitari. Sentiamo Marco Guerra:RealAudioMP3

Insorti e lealisti al regime di Gheddafi mantengono le loro posizioni mentre continua il confronto armato. Violenti scontri tra le due fazioni sono in corso a ovest di Misurata. Secondo quanto riferisce la tv araba al-Jazeera, i soldati fedeli al regime di Tripoli hanno cercato di respingere l'avanzata dei rivoltosi che da Misurata tentano di avvicinarsi a Zliten, tappa principale per poi giungere nella capitale. E per fiaccare la resistenza delle truppe governative, secondo la tv di stato libica, la Nato avrebbe bombardato dal mare proprio la città di Zliten, provocando decine di vittime. La Nato ha poi condotto raid aerei contro le regioni libiche di Khoms e Nalout nella parte occidentale del paese. Intanto il ministro degli Esteri italiano, Frattini, alla vigilia del Consiglio europeo ha rilanciato la richiesta di un cessate-il-fuoco umanitario per raggiungere quelle località isolate come la periferia di Misurata. In questo modo, spiega Frattini, si vuole evitare quello che il Cnt di Bengasi teme: ovvero “il consolidamento della spartizione in due della Libia”. L’appello internazionale per corridoi umanitari non raccoglie però il favore della Francia che, attraverso il suo ministro degli Esteri, ha fatto sapere di essere contraria a qualsiasi interruzione della campagna contro Gheddafi. Ma lo stallo in cui, di fatto, versa la situazione sul terreno, anima sempre di più il dibattito fra i diversi Paesi dell’Alleanza, che iniziano ad interrogarsi sulla necessità di un eventuale prolungamento della missione in vista del termine fissato per il prossimo settembre.

Siria politica
''Entro tre mesi proporremo un modello democratico mai visto prima nella regione''. Lo ha detto il ministro degli Esteri siriano, Walid Muallim, esprimendo forti critiche all’Unione Europea che starebbe studiando nuove sanzioni. “Si tratta di un atto di guerra contro il Paese”, ha aggiunto il capo della diplomazia siriana, secondo il quale “l'Ue vuole solo seminare caos e sedizione”. E sull’atteggiamento da tenere nei confronti di Damasco, entrano in contrasto Russia e Francia. Putin ha definito “senza prospettive” un intervento straniero “nelle vicende di uno Stato sovrano”, mentre il primo ministro francese, Fillon, aveva notato come il Consiglio di sicurezza dell’Onu non potesse “restare muto ancora a lungo” sulla situazione.

Yemen- al-Qaeda
Uomini armati, considerati appartenenti ad al-Qaeda, hanno preso d’assalto un carcere nel sud dello Yemen, permettendo l’evasione di una quarantina di detenuti legati alla loro fazione. Intanto, sono ormai 45 mila, sostengono le Nazioni Unite, gli sfollati dalle regioni meridionali, dove da settimane l’esercito affronta miliziani che secondo il governo appartengono alla rete terroristica. Per i militari, sono circa 100 i soldati che, da fine maggio, hanno perso la vita nella battaglia per il controllo della città di Zinjibar, ora occupata dai miliziani.

Bahrein
Sono stati condannati all’ergastolo dieci leader della maggioranza sciita del Bahrein, che avevano partecipato alle proteste degli scorsi mesi contro la monarchia locale degli Al Khalifa, sunniti. L’accusa era di “complotto in favore di un colpo di stato”. A pene tra i due e i cinque anni sono stati condannati altri arrestati.

Grecia, governo ottiene fiducia in parlamento
Il nuovo governo greco guidato dal premier socialista, Giorgio Papandreou, ha ottenuto la fiducia in parlamento. Il primo obiettivo del nuovo esecutivo sarà approvare entro due settimane il nuovo programma di austerity allo scopo di ottenere la quinta tranche del prestito internazionale erogato dall'Europa e dal Fondo monetario internazionale. “Una buona notizia per la Grecia e l'Ue", ha commentato il presidente della Commissione Ue, Barroso.

Scontri a Belfast tra unionisti e repubblicani
In Irlanda del Nord, violenti scontri tra unionisti, fautori della permanenza nel Regno Unito, e i loro avversari repubblicani, hanno infiammato, per la seconda notte consecutiva, alcune strade di Belfast. Sono diverse centinaia le persone coinvolte, e tre i feriti. Il servizio di Davide Maggiore:RealAudioMP3

Un fotografo è stato colpito alla gamba da un proiettile, ma non sarebbe in pericolo di vita. Anche bottiglie molotov e razzi sono stati scagliati durante gli scontri, scoppiati lungo una delle peace line, o barricate, che dividono le zone abitate dai sostenitori delle due fazioni. La polizia è intervenuta per separare i circa 700 appartenenti ai due gruppi rivali, così come già accaduto lunedì sera. Secondo le forze dell’ordine, i disordini sarebbero cominciati con alcuni attacchi contro le case di simpatizzanti repubblicani, condotti da gruppi di unionisti mascherati. I leader unionisti, tuttavia, hanno denunciato precedenti provocazioni. Una ferma condanna delle violenze è arrivata dal primo ministro nordirlandese, il protestante Peter Robinson, e dal suo vice, Martin McGuinness, cattolico. Simili disordini non sono rari in Ulster quando ci si avvicina al 12 luglio, data celebrata con marce dai gruppi unionisti noti come "orangisti". Alcuni hanno tuttavia descritto gli scontri di questi giorni come i più gravi degli ultimi 10 anni. Nel 1998, con gli accordi del Venerdì Santo, le due fazioni hanno siglato la pace dopo quasi trent’anni di conflitto, e hanno dato vita a un governo di unità nazionale.

Afghanistan, ritiro truppe Usa
Saranno "probabilmente" 10 mila i soldati americani che torneranno in patria dall’Afghanistan, a partire dal prossimo luglio. Lo riferiscono fonti dell'amministrazione statunitense, alla vigilia dell’annuncio ufficiale, stasera, quando il presidente Barack Obama terrà un discorso alla nazione. Si tratta della prima parte dei 30 mila militari Usa che per la fine del 2012 si ritireranno dal Paese asiatico. Entro il 2014, nelle intenzioni del capo della Casa Bianca, il controllo dell'intero Afghanistan sarà trasferito alla sicurezza locale, dopo una guerra cominciata nel 2001, subito dopo l'attacco alle Torri Gemelle. Ma la situazione sul terreno afghano, con continue offensive della guerriglia contro le forze internazionali, permetterà agli Stati Uniti il rispetto del calendario di ritiro? Giada Aquilino lo ha chiesto a Nico Perrone, docente di Storia americana all’Università di Bari:RealAudioMP3

R. - La situazione sul terreno non mi sembra sia delle più felici, perché Obama ha un calendario e lo fa anche conoscere, ma ci sono altri - mi riferisco ai talebani - che il calendario non lo fanno conoscere e quindi non sappiamo che cos’hanno in mente.

D. - Dopo l’uccisione di Bin Laden, la scorsa settimana Robert Gates, il capo del Pentagono, ha confermato che sono in corso trattative con i talebani. Perché ora?

R. - Dal punto di vista propagandistico, gli americani presentano al mondo la sconfitta del nemico e, dopo aver sconfitto il nemico, trattano. Questa è un’antica tecnica statunitense, cioè quella di non voler trattare nel corso della lotta più cruenta. Non credo, però, che prima tutto si riducesse al capo supremo di Al Qaeda, Bin Laden, che hanno poi ucciso. E’ difficile prevedere che queste trattative – peraltro tardive, perché nel frattempo ci sono stati molti morti - riescano rapidamente ad avere un risultato.

D. - Dieci anni di guerra hanno visto la coalizione districarsi a fatica in Afghanistan e non solo. Che ripercussioni, anche a livello di costi, hanno avuto queste difficoltà per gli Stati Uniti?

R. - Le ripercussioni, per quanto riguarda i costi, sono enormi: succede che i costi da un punto di vista finanziario sono un conto, ma dall’altro punto di vista - quello dell’occupazione, degli enormi interessi industriali che vengono mettono in moto - la questione è diversa. Quindi è una contraddizione piena, in cui è difficile trovare il bandolo per dire quale sia l’elemento che realmente possa premere sul presidente.

D. - Questa strategia di ritiro dall’Afghanistan che ripercussioni avrà poi sulla campagna elettorale, in vista delle presidenziali del 2012?

R. - Credo sia un punto di vista essenziale tenuto presente da Obama, visto che la campagna elettorale, sostanzialmente, è già iniziata. In questa fase, la guerra non è ben vista in America e l’opinione pubblica ha il suo peso sul risultato delle elezioni. Ma accanto all’opinione pubblica, c’è la fortissima lobby militare, che invece ha l’interesse di continuare a fare la guerra. (vv)

Ban Ki-moon confermato segretario delle Nazioni Unite
Il sudcoreano Ban Ki-moon sarà il segretario generale dell’Onu anche per i prossimi 5 anni. Il mandato gli è stato rinnovato dall’Assemblea Generale senza voto, per acclamazione. La riconferma era stata chiesta la settimana scorsa dal Consiglio di sicurezza dell’Organizzazione, anche in questo caso senza voto formale. Ex ministro degli Esteri di Seul, Ban Ki-moon è alla guida delle Nazioni Unite dal 2007, periodo in cui si è dovuto occupare di crisi come quella sudanese del Darfur e quella post-elettorale in Costa d’Avorio, a partire dallo scorso novembre. Tra i temi sui quali ha voluto impegnare l’Onu, anche il riscaldamento globale e il disarmo nucleare. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra e Davide Maggiore)

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 173







All the contents on this site are copyrighted ©.