Libia, proseguono i bombardamenti Nato. I Paesi dell’Alleanza divisi sul cessate-il-fuoco
umanitario
In Libia, proseguono i bombardamenti della Nato e i combattimenti sul terreno nei
pressi di Misurata. Intanto, fa discutere la richiesta del ministro degli Esteri italiano,
Franco Frattini, di una ''sospensione umanitaria immediata delle ostilità '' per consentire
la creazione di corridoi umanitari. Sentiamo Marco Guerra:
Insorti e
lealisti al regime di Gheddafi mantengono le loro posizioni mentre continua il confronto
armato. Violenti scontri tra le due fazioni sono in corso a ovest di Misurata. Secondo
quanto riferisce la tv araba al-Jazeera, i soldati fedeli al regime di Tripoli hanno
cercato di respingere l'avanzata dei rivoltosi che da Misurata tentano di avvicinarsi
a Zliten, tappa principale per poi giungere nella capitale. E per fiaccare la resistenza
delle truppe governative, secondo la tv di stato libica, la Nato avrebbe bombardato
dal mare proprio la città di Zliten, provocando decine di vittime. La Nato ha poi
condotto raid aerei contro le regioni libiche di Khoms e Nalout nella parte occidentale
del paese. Intanto il ministro degli Esteri italiano, Frattini, alla vigilia del Consiglio
europeo ha rilanciato la richiesta di un cessate-il-fuoco umanitario per raggiungere
quelle località isolate come la periferia di Misurata. In questo modo, spiega Frattini,
si vuole evitare quello che il Cnt di Bengasi teme: ovvero “il consolidamento della
spartizione in due della Libia”. L’appello internazionale per corridoi umanitari non
raccoglie però il favore della Francia che, attraverso il suo ministro degli Esteri,
ha fatto sapere di essere contraria a qualsiasi interruzione della campagna contro
Gheddafi. Ma lo stallo in cui, di fatto, versa la situazione sul terreno, anima sempre
di più il dibattito fra i diversi Paesi dell’Alleanza, che iniziano ad interrogarsi
sulla necessità di un eventuale prolungamento della missione in vista del termine
fissato per il prossimo settembre.
Siria politica ''Entro tre
mesi proporremo un modello democratico mai visto prima nella regione''. Lo ha detto
il ministro degli Esteri siriano, Walid Muallim, esprimendo forti critiche all’Unione
Europea che starebbe studiando nuove sanzioni. “Si tratta di un atto di guerra contro
il Paese”, ha aggiunto il capo della diplomazia siriana, secondo il quale “l'Ue vuole
solo seminare caos e sedizione”. E sull’atteggiamento da tenere nei confronti di Damasco,
entrano in contrasto Russia e Francia. Putin ha definito “senza prospettive” un intervento
straniero “nelle vicende di uno Stato sovrano”, mentre il primo ministro francese,
Fillon, aveva notato come il Consiglio di sicurezza dell’Onu non potesse “restare
muto ancora a lungo” sulla situazione.
Yemen- al-Qaeda Uomini armati,
considerati appartenenti ad al-Qaeda, hanno preso d’assalto un carcere nel sud dello
Yemen, permettendo l’evasione di una quarantina di detenuti legati alla loro fazione.
Intanto, sono ormai 45 mila, sostengono le Nazioni Unite, gli sfollati dalle regioni
meridionali, dove da settimane l’esercito affronta miliziani che secondo il governo
appartengono alla rete terroristica. Per i militari, sono circa 100 i soldati che,
da fine maggio, hanno perso la vita nella battaglia per il controllo della città di
Zinjibar, ora occupata dai miliziani.
Bahrein Sono stati condannati
all’ergastolo dieci leader della maggioranza sciita del Bahrein, che avevano partecipato
alle proteste degli scorsi mesi contro la monarchia locale degli Al Khalifa, sunniti.
L’accusa era di “complotto in favore di un colpo di stato”. A pene tra i due e i cinque
anni sono stati condannati altri arrestati.
Grecia, governo ottiene fiducia
in parlamento Il nuovo governo greco guidato dal premier socialista, Giorgio
Papandreou, ha ottenuto la fiducia in parlamento. Il primo obiettivo del nuovo esecutivo
sarà approvare entro due settimane il nuovo programma di austerity allo scopo
di ottenere la quinta tranche del prestito internazionale erogato dall'Europa
e dal Fondo monetario internazionale. “Una buona notizia per la Grecia e l'Ue", ha
commentato il presidente della Commissione Ue, Barroso.
Scontri a Belfast
tra unionisti e repubblicani In Irlanda del Nord, violenti scontri tra unionisti,
fautori della permanenza nel Regno Unito, e i loro avversari repubblicani, hanno infiammato,
per la seconda notte consecutiva, alcune strade di Belfast. Sono diverse centinaia
le persone coinvolte, e tre i feriti. Il servizio di Davide Maggiore:
Un fotografo
è stato colpito alla gamba da un proiettile, ma non sarebbe in pericolo di vita. Anche
bottiglie molotov e razzi sono stati scagliati durante gli scontri, scoppiati lungo
una delle peace line, o barricate, che dividono le zone abitate dai sostenitori
delle due fazioni. La polizia è intervenuta per separare i circa 700 appartenenti
ai due gruppi rivali, così come già accaduto lunedì sera. Secondo le forze dell’ordine,
i disordini sarebbero cominciati con alcuni attacchi contro le case di simpatizzanti
repubblicani, condotti da gruppi di unionisti mascherati. I leader unionisti, tuttavia,
hanno denunciato precedenti provocazioni. Una ferma condanna delle violenze è arrivata
dal primo ministro nordirlandese, il protestante Peter Robinson, e dal suo vice, Martin
McGuinness, cattolico. Simili disordini non sono rari in Ulster quando ci si avvicina
al 12 luglio, data celebrata con marce dai gruppi unionisti noti come "orangisti".
Alcuni hanno tuttavia descritto gli scontri di questi giorni come i più gravi degli
ultimi 10 anni. Nel 1998, con gli accordi del Venerdì Santo, le due fazioni hanno
siglato la pace dopo quasi trent’anni di conflitto, e hanno dato vita a un governo
di unità nazionale.
Afghanistan, ritiro truppe Usa Saranno "probabilmente"
10 mila i soldati americani che torneranno in patria dall’Afghanistan, a partire dal
prossimo luglio. Lo riferiscono fonti dell'amministrazione statunitense, alla vigilia
dell’annuncio ufficiale, stasera, quando il presidente Barack Obama terrà un discorso
alla nazione. Si tratta della prima parte dei 30 mila militari Usa che per la fine
del 2012 si ritireranno dal Paese asiatico. Entro il 2014, nelle intenzioni del capo
della Casa Bianca, il controllo dell'intero Afghanistan sarà trasferito alla sicurezza
locale, dopo una guerra cominciata nel 2001, subito dopo l'attacco alle Torri Gemelle.
Ma la situazione sul terreno afghano, con continue offensive della guerriglia contro
le forze internazionali, permetterà agli Stati Uniti il rispetto del calendario di
ritiro? Giada Aquilino lo ha chiesto a Nico Perrone, docente di Storia
americana all’Università di Bari:
R. - La situazione
sul terreno non mi sembra sia delle più felici, perché Obama ha un calendario e lo
fa anche conoscere, ma ci sono altri - mi riferisco ai talebani - che il calendario
non lo fanno conoscere e quindi non sappiamo che cos’hanno in mente.
D.
- Dopo l’uccisione di Bin Laden, la scorsa settimana Robert Gates, il capo del Pentagono,
ha confermato che sono in corso trattative con i talebani. Perché ora?
R.
- Dal punto di vista propagandistico, gli americani presentano al mondo la sconfitta
del nemico e, dopo aver sconfitto il nemico, trattano. Questa è un’antica tecnica
statunitense, cioè quella di non voler trattare nel corso della lotta più cruenta.
Non credo, però, che prima tutto si riducesse al capo supremo di Al Qaeda, Bin Laden,
che hanno poi ucciso. E’ difficile prevedere che queste trattative – peraltro tardive,
perché nel frattempo ci sono stati molti morti - riescano rapidamente ad avere un
risultato.
D. - Dieci anni di guerra hanno visto la coalizione districarsi
a fatica in Afghanistan e non solo. Che ripercussioni, anche a livello di costi, hanno
avuto queste difficoltà per gli Stati Uniti?
R. - Le ripercussioni,
per quanto riguarda i costi, sono enormi: succede che i costi da un punto di vista
finanziario sono un conto, ma dall’altro punto di vista - quello dell’occupazione,
degli enormi interessi industriali che vengono mettono in moto - la questione è diversa.
Quindi è una contraddizione piena, in cui è difficile trovare il bandolo per dire
quale sia l’elemento che realmente possa premere sul presidente.
D.
- Questa strategia di ritiro dall’Afghanistan che ripercussioni avrà poi sulla campagna
elettorale, in vista delle presidenziali del 2012?
R. - Credo sia un
punto di vista essenziale tenuto presente da Obama, visto che la campagna elettorale,
sostanzialmente, è già iniziata. In questa fase, la guerra non è ben vista in America
e l’opinione pubblica ha il suo peso sul risultato delle elezioni. Ma accanto all’opinione
pubblica, c’è la fortissima lobby militare, che invece ha l’interesse di continuare
a fare la guerra. (vv)
Ban Ki-moon confermato segretario delle Nazioni
Unite Il sudcoreano Ban Ki-moon sarà il segretario generale dell’Onu anche
per i prossimi 5 anni. Il mandato gli è stato rinnovato dall’Assemblea Generale senza
voto, per acclamazione. La riconferma era stata chiesta la settimana scorsa dal Consiglio
di sicurezza dell’Organizzazione, anche in questo caso senza voto formale. Ex ministro
degli Esteri di Seul, Ban Ki-moon è alla guida delle Nazioni Unite dal 2007, periodo
in cui si è dovuto occupare di crisi come quella sudanese del Darfur e quella post-elettorale
in Costa d’Avorio, a partire dallo scorso novembre. Tra i temi sui quali ha voluto
impegnare l’Onu, anche il riscaldamento globale e il disarmo nucleare. (Panoramica
internazionale a cura di Marco Guerra e Davide Maggiore)
Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 173