Croazia: sì dei vescovi all’ingresso nell’Unione Europea, senza dimenticare l’eredità
cristiana
Soddisfazione per il prossimo ingresso della Croazia nell’Unione Europea, ma anche
cautela nei passi da intraprendere e rammarico per i lunghi tempi d’attesa. La Chiesa
croata traccia un bilancio a dieci giorni dalla conclusione delle trattative tra il
governo nazionale e la Commissione Europea per l’ingresso del Paese nell’UE. Sembra,
così, giunto al termine un percorso lungo, iniziato nel 2003, e a partire dal 1° luglio
2013, la Croazia potrebbe essere il 28.mo Paese membro dell’Unione Europea. “I vescovi
– afferma mons. Želimir Puljić, arcivescovo di Zadar e membro della Commissione episcopale
croata per le Relazioni con l’Unione Europea – vogliono essere parte attiva di questo
momento del Paese, incoraggiando una legislazione responsabile”. Ribadendo, poi, che
la Croazia è sempre stata al centro della Mittleuropa, il presule ricorda l’importanza
dell’eredità cristiana del Paese: “Nel momento in cui entriamo nella nuova Europa,
dobbiamo rimanere fedeli alla nostra eredità. Sin dal principio, la Chiesa è stata
una forza di globalizzazione che ha riunito i popoli europei, rendendoli una grande
comunità. Per questo, dobbiamo fare attenzione a portare questo nostro bagaglio con
noi”. Quanto all’ipotesi di un referendum popolare per sancire o meno l’ingresso della
Croazia nell’UE, mons. Puljić sottolinea l’importanza di informare adeguatamente la
popolazione su tutto ciò che concerne l’Unione Europea, affinché ogni cittadino sia
libero di scegliere. E ancora, il presule si sofferma su alcuni temi fondamentali
da tenere presente in sede comunitaria, come la tutela della famiglia e del riposo
domenicale. Centrale anche la questione dei rapporti Stato-Chiesa e della responsabilità
civile e sociale dei cattolici: “Uno Stato secolare è accettabile per la Chiesa, mentre
non lo è il secolarismo ideologico che priva i cristiani della libertà di confessare
il loro credo. E in questo contesto, i cristiani sono chiamati alla responsabilità.
Non c’è Stato secolare che non abbia bisogno di Dio. I cristiani impegnati in politica
e nella vita pubblica devono, quindi, fare attenzione a tutto questo”. E l’arcivescovo
di Zadar conclude: “Siamo a favore della separazione tra Stato e Chiesa, ma non vogliamo
il secolarismo che esclude Dio e la religione dalla società”. (I.P.)