L'Iran, 24 mesi dopo le proteste dell'"Onda verde"
In Iran, due anni fa, con la morte della ventiseienne Neda Agha Soltan durante un
corteo, arrivavano al culmine le proteste della cosiddetta "Onda Verde" contro la
rielezione del presidente, Mahmoud Ahmadinejad. Davide Maggiore ha chiesto
ad Antonello Sacchetti, giornalista e autore di saggi sull’argomento, cosa
è cambiato nel Paese in questi 24 mesi:
R. - La situazione,
dal punto di vista politico, si è cristallizzata: il confronto non è più tanto fra
riformisti e conservatori, quanto una lotta tra Ahmadinejad e una parte dei conservatori
che allora contribuirono alla sua rielezione, ma che oggi sono contro di lui sulla
politica economica e la politica internazionale. Da un punto di vista della repressione,
la situazione - probabilmente - è ancora peggiore, ed anche il movimento di protesta
fatica a trovare degli strumenti nuovi.
D. - Ahmadinejad oggi è più
forte o più debole di due anni fa?
R. - E’ più debole anche per una
serie di fattori fisiologici: tra due anni ci saranno di nuovo le elezioni presidenziali
e Ahmadinejad non potrà ricandidarsi. Al di là di questo, ha dovuto affrontare una
serie di controversie che gli hanno inimicato una buona parte del fronte conservatore.
E’ un personaggio che - forse - si avvia ad uscire dalla scena.
D.
- Che effetti può avere la "primavera araba" sulle ambizioni internazionali di Teheran
e sulla tenuta del governo degli Ayatollah?
R. - Probabilmente, tutta
la "primavera araba" ha preso ispirazione proprio da quell’esempio di grande mobilitazione
che c’è stata due anni fa in Iran, ma con un contesto decisamente diverso: quelle
arabe molto spesso sono autocrazie, mentre quello dell’Iran è un regime molto più
complesso, nel quale ci sono anche intere categorie sociali che beneficiano di questo
e che non sanno cosa potrebbe accadere se un domani questo regime dovesse cambiare
o crollare. Da un punto di vista internazionale, tutto questo cambia un po’ gli equilibri.
E’ anche interessante vedere come le dichiarazioni del governo iraniano mutino a seconda
che si parli delle rivolte in Siria - che, appunto, sono sempre frutto delle intromissioni
dell’Occidente - mentre quando si parla di quelle in Bahrein danno pieno sostegno
ai rivoltosi.
D. - In questo contesto, che ruolo può assumere la comunità
internazionale?
R. - Per quanto riguarda l’Iran, ha avuto e sta avendo
un comportamento un po’ altalenante. E’ chiaro che tutto quello che è successo nel
Mediterraneo negli ultimi mesi ha catalizzato l’attenzione della comunità internazionale,
ma è anche vero che di Iran ormai non se ne parla più da tantissimo tempo. Io non
sono tra quelli che auspicano l’isolamento dei regimi: quando sono più isolati, spesso
più la repressione aumenta. Detto questo, è auspicabile che la comunità internazionale
ripristini un dialogo sulla democrazia, sul rispetto dei diritti umani e soprattutto
su quello che sta avvenendo ad alcuni personaggi: i leaderdell’Onda Verde
- Moussavi e Karrubi - sono di fatto agli arresti domiciliari
da mesi e non si hanno notizie certe di quanto stia avvenendo, né mi sembra che
dalla comunità internazionale ci sia stata la giusta attenzione riguardo a questo
fatto. (mg)