2011-06-20 16:05:11

L'Iran, 24 mesi dopo le proteste dell'"Onda verde"


In Iran, due anni fa, con la morte della ventiseienne Neda Agha Soltan durante un corteo, arrivavano al culmine le proteste della cosiddetta "Onda Verde" contro la rielezione del presidente, Mahmoud Ahmadinejad. Davide Maggiore ha chiesto ad Antonello Sacchetti, giornalista e autore di saggi sull’argomento, cosa è cambiato nel Paese in questi 24 mesi:RealAudioMP3

R. - La situazione, dal punto di vista politico, si è cristallizzata: il confronto non è più tanto fra riformisti e conservatori, quanto una lotta tra Ahmadinejad e una parte dei conservatori che allora contribuirono alla sua rielezione, ma che oggi sono contro di lui sulla politica economica e la politica internazionale. Da un punto di vista della repressione, la situazione - probabilmente - è ancora peggiore, ed anche il movimento di protesta fatica a trovare degli strumenti nuovi.

D. - Ahmadinejad oggi è più forte o più debole di due anni fa?

R. - E’ più debole anche per una serie di fattori fisiologici: tra due anni ci saranno di nuovo le elezioni presidenziali e Ahmadinejad non potrà ricandidarsi. Al di là di questo, ha dovuto affrontare una serie di controversie che gli hanno inimicato una buona parte del fronte conservatore. E’ un personaggio che - forse - si avvia ad uscire dalla scena.

D. - Che effetti può avere la "primavera araba" sulle ambizioni internazionali di Teheran e sulla tenuta del governo degli Ayatollah?

R. - Probabilmente, tutta la "primavera araba" ha preso ispirazione proprio da quell’esempio di grande mobilitazione che c’è stata due anni fa in Iran, ma con un contesto decisamente diverso: quelle arabe molto spesso sono autocrazie, mentre quello dell’Iran è un regime molto più complesso, nel quale ci sono anche intere categorie sociali che beneficiano di questo e che non sanno cosa potrebbe accadere se un domani questo regime dovesse cambiare o crollare. Da un punto di vista internazionale, tutto questo cambia un po’ gli equilibri. E’ anche interessante vedere come le dichiarazioni del governo iraniano mutino a seconda che si parli delle rivolte in Siria - che, appunto, sono sempre frutto delle intromissioni dell’Occidente - mentre quando si parla di quelle in Bahrein danno pieno sostegno ai rivoltosi.

D. - In questo contesto, che ruolo può assumere la comunità internazionale?

R. - Per quanto riguarda l’Iran, ha avuto e sta avendo un comportamento un po’ altalenante. E’ chiaro che tutto quello che è successo nel Mediterraneo negli ultimi mesi ha catalizzato l’attenzione della comunità internazionale, ma è anche vero che di Iran ormai non se ne parla più da tantissimo tempo. Io non sono tra quelli che auspicano l’isolamento dei regimi: quando sono più isolati, spesso più la repressione aumenta. Detto questo, è auspicabile che la comunità internazionale ripristini un dialogo sulla democrazia, sul rispetto dei diritti umani e soprattutto su quello che sta avvenendo ad alcuni personaggi: i leader dell’Onda Verde - Moussavi e Karrubi - sono di fatto agli arresti domiciliari da mesi e non si hanno notizie certe di quanto stia avvenendo, né mi sembra che dalla comunità internazionale ci sia stata la giusta attenzione riguardo a questo fatto. (mg)







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