2011-06-18 16:44:08

Marocco: re Mohammed VI annuncia la svolta democratica


Una nuova architettura costituzionale in Marocco che modifica, in senso democratico, quella esistente. E’ quanto deciso dal re Mohammed VI, che ieri ha così avviato il percorso di riforme alla Carta fondamentale del Paese nordafricano, che dovrebbe consentirgli di riallacciare il dialogo con il popolo, che, tuttavia, già domani scenderà nuovamente in piazza per dire che le riforme non bastano, ma occorrono cambiamenti più radicali. Protagonisti della protesta sono soprattutto il movimento dei giovani e le organizzazioni per i diritti umani. Ma la politica delle riforme può essere la strada giusta in Marocco e nel resto dei Paesi nordafricani e del mondo arabo, per evitare situazioni dolorose che abbiamo già visto in Egitto, Tunisia e Libia? Giancarlo La Vella lo ha chiesto ad Arduino Paniccia, docente di Studi Strategici all’Università di Trieste:RealAudioMP3

R. - Distinguerei alcuni tipi di Paesi che sono nella possibilità di poter - come dire - arrivare a delle riforme democratiche: sicuramente i Paesi produttori di petrolio e i Paesi che hanno già raggiunto un certo livello minimo di benessere, come il Marocco, sono favoriti verso questa strada. Infatti, la Cooperazione del golfo, che pure è molto lontana dal Marocco e dalla Giordania, ha cooptato questi due regni. E questo significa un lento cammino verso la democrazia. Queste monarchie hanno delle disponibilità da distribuire e, insieme al primo timido tentativo di riforma, stanno comunque versando denari alle famiglie per cercare di evitare, in qualche modo, le rivolte di piazza.

D. - Dal punto di vista culturale, qual è l’ostacolo che non consente a questi regimi un riconoscimento dei diritti umani fondamentali?

R. - La globalizzazione ha provocato una spaccatura profondissima non solo in Occidente, ma anche in tutto il mondo arabo. La società si è spaccata tra modernisti e custodi della tradizione, di cui l’ultima appendice erano fondamentalisti integralisti e quindi anche tutto il fenomeno del terrorismo. Questa spaccatura profondissima in tutto il mondo arabo musulmano non si è ricucita e da qui deriva la grande difficoltà. Naturalmente l’atteggiamento dei giovani, che sono una massa enorme e preponderante in questo mondo, in assoluta necessità di trovare un futuro e una speranza del benessere, sta cambiando anche questi termini. Questo dovremmo capirlo e, in qualche modo, riprendere una assoluta strada di cooperazione e di dialogo per cercare di far capire che la risposta dell’Europa e dell’Occidente non è soltanto quella dell’intervento preventivo. (mg)







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