Marocco: re Mohammed VI annuncia la svolta democratica
Una nuova architettura costituzionale in Marocco che modifica, in senso democratico,
quella esistente. E’ quanto deciso dal re Mohammed VI, che ieri ha così avviato il
percorso di riforme alla Carta fondamentale del Paese nordafricano, che dovrebbe consentirgli
di riallacciare il dialogo con il popolo, che, tuttavia, già domani scenderà nuovamente
in piazza per dire che le riforme non bastano, ma occorrono cambiamenti più radicali.
Protagonisti della protesta sono soprattutto il movimento dei giovani e le organizzazioni
per i diritti umani. Ma la politica delle riforme può essere la strada giusta in Marocco
e nel resto dei Paesi nordafricani e del mondo arabo, per evitare situazioni dolorose
che abbiamo già visto in Egitto, Tunisia e Libia? Giancarlo La Vella lo ha
chiesto ad Arduino Paniccia, docente di Studi Strategici all’Università di
Trieste:
R. - Distinguerei
alcuni tipi di Paesi che sono nella possibilità di poter - come dire - arrivare a
delle riforme democratiche: sicuramente i Paesi produttori di petrolio e i Paesi che
hanno già raggiunto un certo livello minimo di benessere, come il Marocco, sono favoriti
verso questa strada. Infatti, la Cooperazione del golfo, che pure è molto lontana
dal Marocco e dalla Giordania, ha cooptato questi due regni. E questo significa un
lento cammino verso la democrazia. Queste monarchie hanno delle disponibilità da distribuire
e, insieme al primo timido tentativo di riforma, stanno comunque versando denari alle
famiglie per cercare di evitare, in qualche modo, le rivolte di piazza.
D.
- Dal punto di vista culturale, qual è l’ostacolo che non consente a questi regimi
un riconoscimento dei diritti umani fondamentali?
R. - La globalizzazione
ha provocato una spaccatura profondissima non solo in Occidente, ma anche in tutto
il mondo arabo. La società si è spaccata tra modernisti e custodi della tradizione,
di cui l’ultima appendice erano fondamentalisti integralisti e quindi anche tutto
il fenomeno del terrorismo. Questa spaccatura profondissima in tutto il mondo arabo
musulmano non si è ricucita e da qui deriva la grande difficoltà. Naturalmente l’atteggiamento
dei giovani, che sono una massa enorme e preponderante in questo mondo, in assoluta
necessità di trovare un futuro e una speranza del benessere, sta cambiando anche questi
termini. Questo dovremmo capirlo e, in qualche modo, riprendere una assoluta strada
di cooperazione e di dialogo per cercare di far capire che la risposta dell’Europa
e dell’Occidente non è soltanto quella dell’intervento preventivo. (mg)