Presentato il libro di Stefano Costalli "La Chiesa nel dialogo multiculturale: Sarajevo,
Beirut, Gerusalemme"
Si è tenuta ieri pomeriggio, presso la Radio Vaticana, la conferenza di presentazione
della pubblicazione di Stefano Costalli “La Chiesa nel dialogo multiculturale: Sarajevo,
Beirut, Gerusalemme”, promossa dalla società editoriale Traguardi Sociali srl e dal
Movimento Cristiano Lavoratori. Il servizio di Davide Dionisi:
Si è parlato
soprattutto dell’impegno della Chiesa nei Paesi interessati da divisioni interne e
da conflitti armati, ieri nella Sala Marconi della Radio Vaticana, durante la presentazione
del volume di Stefano Costalli. Obiettivo della ricerca è stato quello di comprendere
in che modo le organizzazioni della società civile possano influire sulla vita di
queste complesse società, sulle tensioni che le attraversano e sui loro delicati equilibri.
Sullo specifico ruolo della Chiesa, abbiamo interpellato l’arcivescovo Cyril
Vasil, segretario della Congregazione per le Chiese Orientali.
R.
- Di per sé la Chiesa agisce sempre, sia in intra che in extra. In primo
luogo, agisce verso i propri membri, cercando anzitutto di approfondire la loro stessa
identità religiosa e spirituale, che dovrebbe essere fermento in ogni società e in
ogni cultura nella quale si trovano. Agendo in extra non si chiude nel suo
ghetto culturale e professionale, ma - oltre a pronunciare la Buona Novella, che è
il primo scopo dell’esistenza della Chiesa - agisce anche verso tutti gli uomini di
buona volontà, portando avanti sia il messaggio evangelico che quello che poi riveste
il significato culturale, sociale e politico di un lavoro di carità, di un portatore
di pace in varie contesti di conflitti e di frammentazioni.
D. - Quali
sono i rischi di porsi come portatori di un’identità religiosa e culturale particolare?
R.
- Potremmo parlare di rischi nel caso la Chiesa fosse identificata o identificabile
con un’unica componente etnica, sociale o culturale. Sono convinto che l’opera che
la Chiesa svolge sia invece all’insegna dell’esatto contrario di questa chiusura:
una grande apertura verso le varie realtà del mondo che la caratterizza. E’ per questo
che viene apprezzata anche da coloro che ne fanno parta.
Ma come nasce
l’idea di avviare un'indagine sul ruolo delle identità religiose e culturali in società
fortemente divise e teatro di conflitti armati? Ce lo ha spiegato direttamente l’autore,
Stefano Costalli:
R. - La sfida era capire se la
Chiesa avesse delle possibilità di costruire un tessuto sociale che lenisse i dolori
della guerra, oppure se questa sua azione, anche involontariamente, contribuisse a
perpetuare le divisioni che si hanno in questa società. A quanto ci hanno detto coloro
che operano sul campo - tanti sacerdoti, tanti operatori di associazioni, tanti insegnanti
nelle scuole cattoliche - proprio approfondendo la loro identità cristiana riescono
ad aprirsi all’altro. Quindi, il primo risultato importante per noi è che è possibile
porsi come attori identitari e, allo stesso tempo, cercare di costruire un tessuto
sociale condiviso che miri alla pace e alla pacifica convivenza. (mg)