2011-06-17 15:25:27

Presentato il libro di Stefano Costalli "La Chiesa nel dialogo multiculturale: Sarajevo, Beirut, Gerusalemme"


Si è tenuta ieri pomeriggio, presso la Radio Vaticana, la conferenza di presentazione della pubblicazione di Stefano Costalli “La Chiesa nel dialogo multiculturale: Sarajevo, Beirut, Gerusalemme”, promossa dalla società editoriale Traguardi Sociali srl e dal Movimento Cristiano Lavoratori. Il servizio di Davide Dionisi: RealAudioMP3

Si è parlato soprattutto dell’impegno della Chiesa nei Paesi interessati da divisioni interne e da conflitti armati, ieri nella Sala Marconi della Radio Vaticana, durante la presentazione del volume di Stefano Costalli. Obiettivo della ricerca è stato quello di comprendere in che modo le organizzazioni della società civile possano influire sulla vita di queste complesse società, sulle tensioni che le attraversano e sui loro delicati equilibri. Sullo specifico ruolo della Chiesa, abbiamo interpellato l’arcivescovo Cyril Vasil, segretario della Congregazione per le Chiese Orientali.

R. - Di per sé la Chiesa agisce sempre, sia in intra che in extra. In primo luogo, agisce verso i propri membri, cercando anzitutto di approfondire la loro stessa identità religiosa e spirituale, che dovrebbe essere fermento in ogni società e in ogni cultura nella quale si trovano. Agendo in extra non si chiude nel suo ghetto culturale e professionale, ma - oltre a pronunciare la Buona Novella, che è il primo scopo dell’esistenza della Chiesa - agisce anche verso tutti gli uomini di buona volontà, portando avanti sia il messaggio evangelico che quello che poi riveste il significato culturale, sociale e politico di un lavoro di carità, di un portatore di pace in varie contesti di conflitti e di frammentazioni.

D. - Quali sono i rischi di porsi come portatori di un’identità religiosa e culturale particolare?

R. - Potremmo parlare di rischi nel caso la Chiesa fosse identificata o identificabile con un’unica componente etnica, sociale o culturale. Sono convinto che l’opera che la Chiesa svolge sia invece all’insegna dell’esatto contrario di questa chiusura: una grande apertura verso le varie realtà del mondo che la caratterizza. E’ per questo che viene apprezzata anche da coloro che ne fanno parta.

Ma come nasce l’idea di avviare un'indagine sul ruolo delle identità religiose e culturali in società fortemente divise e teatro di conflitti armati? Ce lo ha spiegato direttamente l’autore, Stefano Costalli:

R. - La sfida era capire se la Chiesa avesse delle possibilità di costruire un tessuto sociale che lenisse i dolori della guerra, oppure se questa sua azione, anche involontariamente, contribuisse a perpetuare le divisioni che si hanno in questa società. A quanto ci hanno detto coloro che operano sul campo - tanti sacerdoti, tanti operatori di associazioni, tanti insegnanti nelle scuole cattoliche - proprio approfondendo la loro identità cristiana riescono ad aprirsi all’altro. Quindi, il primo risultato importante per noi è che è possibile porsi come attori identitari e, allo stesso tempo, cercare di costruire un tessuto sociale condiviso che miri alla pace e alla pacifica convivenza. (mg)







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