Accordo sull’unità dei palestinesi: prossimo governo con Al Fatah e Hamas
I palestinesi si avviano alla formazione di un unico governo formato da componenti
di Al Fatah e di Hamas. L’accordo è stato raggiunto dai negoziatori riunitisi, ieri,
al Cairo in Egitto. Il 21 giugno prossimo dunque il presidente palestinese Mahmud
Abbas incontrerà Khaled Meshaal, leader di Hamas, per definire la formazione del nuovo
governo di unità nazionale. A Maria Grazia Enardu, docente di relazioni internazionali
ed esperta di Medio Oriente, Stefano Leszczynski ha chiesto quali siano gli
ultimi ostacoli da superare per arrivare ad un governo palestinese unitario:
R. – Il difficile
è trovare il nome del primo ministro perché sull’intesa di massima sono tutti d’accordo
compresi gli egiziani che hanno veramente appoggiato questa iniziativa. Il problema
è che Hamas non vuole la conferma del primo ministro Salam Fayad che considera troppo
vicini agli occidentali, anche se Fayad ha dato ottima prova di sé e dagli occidentali
è ritenuto garante degli aiuti che arrivano ai palestinesi. Bisognerà vedere se in
questo confronto Hamas cederà, oppure se si troverà per Fayad un ruolo presente o
futuro che possa soddisfare tutte le esigenze.
D. - Il governo unico
palestinese deve servire ad avere un’unica faccia con cui parlare a livello internazionale
o è incentrato sulla possibilità di rilanciare i negoziati con Israele?
R.
- Presentarsi sul fronte esterno internazionale come una sola voce è determinante
su tutto: sia sui negoziati - se si riavviano - con Israele che non potrà più sfruttare,
come ha sempre fatto, le divisioni tra i palestinesi, sia in campo internazionale
dove c’è l’importantissimo appuntamento di settembre all’Onu. Comunque vada all’Onu,
se i palestinesi si presentano come una sola voce saranno considerati più credibili
in qualunque sede per qualunque futuro sviluppo. Nel frattempo un unico governo riuscirà
ad amministrare in modo organico quelle due entità totalmente separate e totalmente
diverse che sono nel frattempo diventate il West Bank e Gaza.
D. – In
un unico governo anche la figura di Hamas dovrà cambiare?
R. – Hamas
è considerata da tempo un’organizzazione terroristica dimenticando che è un’organizzazione
politica che ha anche praticato il terrorismo, cosa che si può dire di molti partiti
al governo in giro per il mondo. Quindi, in questa fase può riacquistare una veste
puramente politica. Avrà semmai la difficoltà di tenere sotto controllo le altre fazioni
estremiste, come la jihad islamica, però di solito si dimostra "attenta curatrice"
del territorio che controlla.
D. – Di fronte a questo processo abbiamo
l’impressione di un premier israeliano che invece si "chiude a riccio" …
R.
– Perché sia chiaro che in Israele vi sono molte voci che vogliono l’avvio di un vero
negoziato di pace ma purtroppo Netanyahu è il primo ministro di una coalizione di
destra, di estrema destra, che andrà letteralmente in pezzi al primo segno di cedimento.
Lui questo lo sa, difende anche il suo ruolo, e questo rischia di sacrificare le istanze
generali di un Paese che tutto sommato vorrebbe anche un’altra soluzione.(bf)