“Caro Karol”: il direttore della rivista “Camilliani” racconta in un libro il “suo”
Giovanni Paolo II
“Caro Karol”: è il titolo di un libro pubblicato in questi giorni in forma di lettera
aperta al Beato Giovanni Paolo II. Il volume, edito dalla Effatà editrice, è opera
di Renzo Agasso, direttore del mensile “Camilliani” e autore di numerose biografie
di personaggi storici e contemporanei. Al microfono di Alessandro Gisotti,
l’autore di “Caro Karol” si sofferma sul taglio personale del suo libro, a partire
dall'originale titolo:
R. – E’
un titolo dovuto, perché l’ho sempre sentito come un amico, come una persona di casa,
una persona di famiglia. Aveva proprio questa capacità di entrare nella vita, nelle
case, nelle cose delle persone, in maniera dirompente.
D. – In qualche
modo questo “Caro Karol” sottolinea anche la vicinanza del Beato Giovanni Paolo II
a tutti noi...
R. – Sì, esatto. Io penso che la grandezza di quest’uomo
sia stata assolutamente questa. Giovanni Paolo II era un’altra cosa proprio per la
sua straripante umanità. Era un uomo che sentivamo vicino e lo sentivamo veramente
come una persona “normale”. Quest’uomo è entrato nella nostra vita in maniera prepotente
e ha segnato tutti i nostri giorni. Io ho tanti ricordi nella mia vita in cui posso
collegare un fatto che mi è accaduto ad un fatto che è accaduto a lui. Era un uomo
così umano, così vero, così autentico e così vicino alle persone.
D.
– Un altro elemento, che poi è proprio della santità, è che Giovanni Paolo II è tornato
alla casa del Padre sei anni fa, ma è davvero vivo e presente come abbiamo visto alla
cerimonia di Beatificazione...
R. – Certo, e ho visto sempre un continuo
pellegrinaggio alla sua tomba di persone di tutti i Paesi, di tutte le lingue, di
tutti i colori. Quindi, quest’uomo è veramente vivo nel mondo e ovunque si vada si
trova qualcosa di suo. In tutte le città dove vado c’è qualcosa che lo ricorda, perché
lui c’è stato o, comunque, ha avuto dei contatti con quella realtà. Un uomo così non
può essere dimenticato: è presente.
D. – Un suo capitolo inizia con
il dire che Karol Wojtyla era "innamorato di Dio". E’ questa la chiave della testimonianza
di santità di quest’uomo?
R. – Sì, penso proprio di sì. Per essere così
bisogna essere anche uomini liberi, uomini senza padroni sulla Terra. Quindi, vuol
dire che Giovanni Paolo II era effettivamente un uomo libero, che riconosceva solo
la potestà di Dio, un Dio presente, che lui ogni giorno incontrava nella sua cappella
e ne era veramente innamorato. Il fatto di testimoniarlo nella sofferenza, il fatto
di non smettere mai di fare il Papa, di essere Papa, infatti, significa un enorme
amore per Dio.(ap)