Italia, dopo i referendum, confronto tra opposizione e maggioranza. Le opinioni
di Baggio e Miano
In Italia, acceso dibattito tra le forze politiche all’indomani della vittoria dei
referendum contro la privatizzazione dell’acqua, l’energia nucleare e il legittimo
impedimento. Il leader del Pd, Pierluigi Bersani, si dice pronto ad elezioni, mentre
nella maggioranza si chiede da più parti – in particolare dalla Lega Nord –
un cambio di rotta all’azione di governo. Intanto, il dato definitivo sull’affluenza,
comunicato oggi dal Viminale, si attesta al 54,8 per cento, tenendo conto anche degli
italiani residenti all’estero. Il servizio di Giampiero Guadagni:
Con il voto
sui referendum i cittadini hanno bocciato il trasferimento, anche ai privati, della
gestione della rete idrica e la determinazione della tariffa del Servizio idrico integrato.
E’ ancora bocciata la richiesta del premier di rinvio di udienze in tribunale in processi
in cui figura imputato, opponendo come legittimo impedimento i propri impegni istituzionali.
No, infine, al ritorno dell’Italia all’energia nucleare dopo 20 anni di inattività.
Bloccato così il progetto del governo di avviare la costruzione di nuove centrali
atomiche. Berlusconi commenta: “La volontà degli italiani è chiarissima e non sarà
ignorata. Dunque, addio al nucleare e maggiore impegno sulle energie rinnovabili”.
Per il Pdl, comunque, il voto referendario non avrà effetti negativi sul governo,
ma nella Lega cresce il malessere per un risultato che si aggiunge alla sconfitta
nelle amministrative. Dall’opposizione, il Pd chiede esplicitamente le dimissioni
del premier. Non è d’accordo Di Pietro, Italia Dei Valori, per il quale “bisogna rispettare
i molti elettori del centro-destra che sono andati alle urne a votare sì”.
Sul
significato dell’esito referendario e sul ruolo dei cattolici in questa stagione della
politica italiana, Luca Collodi ha intervistato il prof. Antonio Maria Baggio,
docente di Etica politica all’Istituto Sophia di Loppiano, fondato dal Movimento dei
Focolari:
R. – Anzitutto, bisogna capire la dimensione del fenomeno: al
referendum hanno votato 27-28 milioni di persone. Queste sono le cifre. Noi ricordiamo
che i voti ricevuti alla Camera dal centrodestra furono 17 milioni nel 2008 e intorno
ai 14 milioni dal centrosinistra. Quindi, nessuno può dire: questa è una mia posizione.
Queste cifre dicono che c’è un distacco radicale nei confronti dei partiti, che anche
questo fatto popolare è importante e che questo esprimersi diretto di una grande quantità
di cittadini non è casuale: è stato volontaristico, è stato consapevole. Questi referendum
lasciano, da un lato, il senso positivo per questo risveglio di cittadinanza, e, dall’altro,
il problema di chiedersi come rappresentare adesso questa volontà dei cittadini sui
temi specifici toccati dal referendum. D. – I laici impegnati
nel mondo cattolico sono stati determinanti, secondo lei, per il raggiungimento del
quorum? R. – Certamente, c’è stata – da ciò che sembra – una
partecipazione forte, una partecipazione qualificata, soprattutto per la presenza
sociale dei cattolici in vari gruppi che affrontavano i temi specifici dei referendum.
Parlerei di una sfida per tutte le componenti della Chiesa: certamente per la gerarchia
– che deve trovare il modo giusto di continuare ad essere coscienza dei principi universali
e che deve continuare sempre a ribadirli – favorendo però l’intervento dei laici,
che lo hanno come compito specifico e facendo in modo anche che sempre più siano i
laici, direttamente, a difendere questi orientamenti di fondo. Ecco perché dico che
questa situazione politica, in cui c’è una frammentazione forte a sinistra e una crisi
a destra, sia una sfida per la Chiesa in tutte le sue componenti. D.
– Il voto referendario penalizza il pensiero liberista di destra, ma sembra perdere
anche il riformismo di una certa parte della sinistra... R.
– Perdono le visioni massimaliste ed ideologiche. E’ necessario confrontarsi con i
problemi concreti. Le cosiddette posizioni di tipo liberista o collettivista di per
sé, ciascuna in se stessa, non funzionano: devono essere smontate e misurate sulla
concretezza dei problemi. Per questo è importante un dialogo sociale e culturale molto
intenso. Ben venga la discussione sul bene comune, che c’è stata in questi referendum,
ma nessuno pensi di sapere già come questo bene comune si realizzi. E’ nell’incontro
delle diverse parti politiche, delle diverse idee, che si trova davvero il bene comune:
è il bene di tutti, non il bene di chi una volta prevale sugli altri. D.
– Il referendum torna popolare perché la gente non si fida più dei politici attuali? R. – Questo, purtroppo, è certamente un elemento importante. I comportamenti
che ci sono stati – e parlo del nostro caso italiano – di molti dei politici più in
vista nelle due coalizioni lo hanno rinforzato. Questi sono temi civili. Gli elettori
hanno posto all’attenzione della politica esattamente la “civis”, la città, la civiltà
del sociale. La politica è in forte arretramento in Italia: la politica anziché risolvere
i problemi, crea dei problemi. Adesso la crisi del centrodestra è palese e a sinistra
abbiamo leader diversi che vincono a seconda delle diverse situazioni locali e degli
argomenti. Mi auguro che non si arrivi a crisi parlamentari pasticciate e che i due
anni che abbiamo davanti prima delle elezioni servano a ricomporre due visioni decenti,
perché i cittadini possano scegliere tra due possibilità buone e diverse, – due, tre,
quattro diverse ma buone – al momento di votare per le politiche. (ap)
Sempre
Luca Collodi ha chiesto una riflessione sui referendum al presidente dell’Azione
Cattolica, Franco Miano:
R. – Credo che sia stato un segno di presa
in carico da parte dei cittadini di alcune questioni su cui la politica viene avvertita
come distante. Una capacità dei cittadini di assumere un’attenzione che segnala anche
una critica alla distanza della politica dalle questioni di cui la gente è preoccupata,
questo prima di tutto. Inoltre, sottolinea che i cattolici in Italia hanno e possono
avere sempre più un ruolo significativo proprio nella capacità di far crescere la
coscienza comune.
D. – Proprio i cattolici quanto sono stati determinanti
secondo lei nel raggiungimento del quorum?
R. – Secondo me sono stati
determinanti perché c’è una sensibilità, c’è un’attenzione che nasce proprio dalla
vita delle associazioni, dalla vita delle comunità: quell’attenzione che passa dalla
declamazione del principio alla sua concretizzazione, perché come cattolici ci stiamo
sforzando sempre di più di “tradurre”. Anche questa esperienza è uno sforzo di traduzione
dei grandi principi. In questo senso, c’è stata molta attenzione nel mondo cattolico
e credo che questo risultato abbia al suo cuore anche questo impegno.
D.
– Secondo voi, come Azione Cattolica che cosa succede dopo? Il dopo come si annuncia?
R.
– Noi ci auguriamo che rispetto alle singole tematiche ci si rimetta al lavoro per
trovare nuove sintesi. Non possiamo non augurarci questo: nuove sintesi più rispondenti,
al desiderio, all’espressione che c’è stata da parte degli elettori, dei cittadini,
e più in generale più rispondente alla salvaguardia di alcuni grandi principi legati
al bene comune, alla pace, alla giustizia, alla salute dei cittadini. (bf)