In Libia, combattimenti sul terreno mentre cresce l’isolamento internazionale di
Gheddafi
In Libia, le forze di Muammar Gheddafi hanno lanciato, oggi, alcuni missili oltre
il confine con la Tunisia, mentre proseguono i raid della Nato ed infuriano i combattimenti
tra le milizie del colonnello e insorti in diverse località del Paese. Intanto, proseguono
le pressioni diplomatiche affinché il rais lasci il potere. Il servizio di Marco
Guerra:
Insorti e
truppe lealiste continuano a combattere fra le città di Brega e Ajdabiya. Ieri, 21
ribelli sono stati uccisi sulla linea del fronte. L'obiettivo degli insorti è la conquista
di Brega, punto strategico sulla strada verso Syrte. Questa città petrolifera dispone,
infatti, di una importante raffineria che potrebbe fornire all'est del Paese il carburante
indispensabile per produrre l'elettricità. Da una decina di giorni, elicotteri britannici
e francesi stanno conducendo attacchi contro le posizioni dei fedeli del colonnello,
attorno a Brega. Secondo le stime dei ribelli, 5-6 mila uomini difendono la città.
La Nato, intanto, allarga il suo raggio di azione colpendo anche alcune località nel
centro del Paese, mentre stamani almeno cinque razzi sparati dall’esercito
governativo sono caduti in territorio tunisino. Sul fronte diplomatico, i Paesi dell’alleanza
continuano a insistere sulla necessità che Gheddafi rinunci al potere. Ieri, il segretario
di Stato Usa, Hillary Clinton, ha chiesto espressamente ai Paesi africani di
esercitare pressioni sul colonnello e di sostenere il Consiglio nazionale di transizione
che ha incassato anche il riconoscimento della Germania. Gheddafi non accenna però
a fare alcun passo indietro. In un’apparizione televisiva con il presidente della
federazione internazionale degli scacchi, il russo Ilyumzhinov, il rais ha detto che
“non essendo ne’ re, ne’ presidente, ne’ primo ministro”, non deve rinunciare ad alcuna
carica. Dal canto suo il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, garantisce
che “la situazione non è in stallo” ma il comandante della marina britannica Stanhope
avverte Londra che “se il conflitto dovesse durare per più di altri 90 giorni sarà
necessario riesaminare le priorità dell’intervento”.
Siria, prosegue
la repressione del dissenso Sono almeno 10 i civili uccisi nel Nord della Siria,
dove prosegue l'offensiva dell'esercito contro i ribelli che, nei giorni scorsi, avevano
conquistato la città di Jisr Al Shughur. Non cala, intanto, il flusso di profughi
verso i campi di accoglienza allestiti in Turchia. Secondo fonti ufficiali di Ankara,
il numero dei siriani che hanno trovato rifugio in Turchia per sfuggire alla repressione
del regime di Damasco sono 8.538. Dal canto suo, il presidente Bashar al Assad, nel
tentativo di placare gli animi, ha annunciato la creazione di una commissione d'inchiesta
sul massacro di una ottantina di abitanti di Hama da parte delle forze di sicurezza.
Libano
governo In Libano, varato il nuovo governo a guida Hezbollah. Il premier incaricato
Najib Miqati ha sciolto la riserva e ha diffuso la lista dei componenti: su 30 ministri,
19 sono esponenti del "Partito di Dio" sciita o suoi alleati. Nessuna posizione radicale
dell’esecutivo, ha assicurato il nuovo primo ministro. La coalizione guidata dal premier
uscente Saad Hariri, si è rifiutata di far parte del nuovo governo e ora passerà all'opposizione.
Intanto, congratulazioni giungono dall’Iran e dalla Siria, principali sostenitori
di Hezbollah.
Egitto, transizione politica Quattro mesi dopo la fine
dell’era Mubarak, in Egitto la transizione verso un nuovo governo è ancora guidata
dal Consiglio delle Forze armate. In previsione delle elezioni legislative e presidenziali
dei prossimi mesi, l’opposizione, laica e religiosa, si organizza e fa sentire la
propria voce. Davide Maggiore ha chiesto al direttore di "Limes", Lucio
Caracciolo, come può essere definita l’attuale situazione del Paese:
R. - Direi
in fase di transizione, con i militari che hanno solidamente il controllo del potere
ma con una società in fermento ed un’economia in una situazione sempre più grave.
Al momento, si attendono soprattutto le elezioni relative al Parlamento - che si svolgeranno
dopo l’estate - che potranno darci un’idea di quello che sarà il futuro, anche politico,
di questo Paese.
D. - Nelle ultime settimane sono stati autorizzati
due partiti, legati ai Fratelli Musulmani, ed uno d’ispirazione salafita. Che ruolo
può giocare l’islam politico nel futuro dell’Egitto?
R. - Certamente
un ruolo importante. Bisogna poi considerare che all’interno dei "Fratelli Musulmani",
che sono sicuramente l’organizzazione politico-sociale più radicata nel territorio
egiziano, vi sono formazioni che sostengono posizioni differenti. La nascita di un
partito in qualche modo derivato dai "Fratelli Musulmani" dà l’idea di una loro probabile
influenza nel futuro. Il movimento salafita, per ora, è numericamente modesto ma se
la situazione economico-sociale dovesse degradare ulteriormente, esiste il rischio
che assuma un peso anche maggiore.
D. - Il movimento che ha dato vita
alla rivolta di piazza Tahrir ha ancora la possibilità di giocare un ruolo significativo?
R.
- Certamente sì, soprattutto la parte più giovane e moderna di quel movimento e in
generale tutta quella gioventù che si sente abbastanza defraudata del suo futuro.
E’ per questo che dico che forse, dopo l’atto di gennaio-febbraio, ce ne sarà un secondo
e forse anche un terzo.
D. - Chi parte in vantaggio nella corsa al potere
del nuovo Egitto?
R. - Se per potere, si intende il Parlamento, il quadro
è di certo molto slabbrato. Non riesco ad immaginare una forza che possa dotarsi di
una maggioranza assoluta. E’ possibile che il partito principale, affiliato ai Fratelli
Musulmani, possa conquistare una sorta di maggioranza relativa, com’è anche possibile,
invece, che questa quota venga raggiunta da ciò che rimane del partito di Mubarak.
Vi sono delle personalità che sono più note in Occidente - come quella di El Baradei
- che però non hanno un serio radicamento in Egitto. Una personalità legata al vecchio
regime, ma con una sua indipendenza, è quella dell’ex segretario generale della Lega
Araba, Amr Moussa. Le elezioni presidenziali, però, saranno un capitolo successivo.
In ogni caso, è chiaro che le forze armate manterranno - a meno di un disfacimento
totale dell’Egitto - una parola decisiva. (vv)
Iraq violenza In
Iraq, sette persone sono rimaste uccise e 17 ferite stamani nell'attacco suicida di
un gruppo di insorti contro la sede del governatorato di Diyala, a Baquba, nel centro
del Paese. Lo riferiscono fonti di sicurezza irachene.
Missione in Africa
del segretario di Stato Usa Clinton Si è conclusa in anticipo sul previsto
la missione africana del segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, a causa delle ceneri
eruttate dal vulcano Dubbi al confine tra Eritrea ed Etiopia. Nonostante il frettoloso
rientro a Washington la Clinton è riuscita ad intervenire presso l’Unione Africana.
Fra i temi affrontati la crisi libica, l’offensiva economica guidata dalla Cina nel
continente africano e l’invito a premere su riforme democratiche e di sviluppo. Ad
Angelo Turco, docente di geografia dello sviluppo presso l’Università de L’Aquila,
Stefano Leszczynski ha chiesto se questa missione sia servita a delineare una
nuova politica africana da parte di Washington:
R. – In
questo momento si tratta di un interesse che è duplice. Da una parte si tratta di
stringere la morsa attorno a Gheddafi perché la guerra costa, perché si vedono segni
di stanchezza, e dall’altra parte si tratta di continuare a lanciare messaggi molto,
semplici e francamente inefficaci da parte degli Stati Uniti contro l’offensiva politico-economica
del Brics, cioè dell’insieme dei Paesi costituito dal Brasile, dalla Russia dall’India,
dalla Cina e dal Sudafrica, in Africa.
D. – Inoltre, la Clinton ha anche
indicato le rivolte africane come un esempio di quello che succede quando si governano
male gli Stati. Questo sull’Africa che impatto può avere secondo lei?
R.
- Penso che allo stato attuale non possa avere nessun impatto reale anche perché l’Africa
è già fortemente impegnata sul percorso di un rafforzamento della democrazia. Evidentemente,
il discorso di Hillary Clinton è un discorso di circostanza o poco più perché in realtà
gli Stati Uniti non stanno praticando una vera politica africana, anzi mancano del
tutto di una politica africana in questa fase della loro storia, ed è alquanto paradossale
che durante il mandato del primo presidente afroamericano, che tante speranze aveva
destato anche in Africa, gli Stati Uniti siano privi di una politica africana o di
qualcosa che possa dirsi una politica africana.
D. – Anche l’Europa
sembra vagare un po’ nella nebbia per quanto riguarda una precisa politica africana?
R.
– L’Europa in questo momento, intanto, non è in grado di parlare all’Africa, neanche
al Nordafrica, con una sola ed unica voce che sarebbe quella europea. Quando lo fa,
lo fa accodandosi a iniziative terze e, occorre constatare, battendo la pista della
politica muscolare e addirittura militare.
Sudan Il Nord e Sud
Sudan hanno trovato un’intesa per smilitarizzare la regione contesa di Abyei e dispiegare
nell'area truppe etiopiche di mantenimento della pace. Lo ha reso noto una fonte dell'Unione
Africana. Intanto, il prossimo 9 luglio verrà proclamata ufficialmente la nascita
del nuovo Stato del Sud Sudan e in vista della secessione si sono acuite le tensioni.
Usa,
primarie dei repubblicani Si è svolto ieri il primo dibattito pubblico tra
i sette aspiranti candidati repubblicani alle presidenziali Usa del 2012, fra i quali
appare Michele Bachmann, esponente del movimento conservatore del tTea party. Secondo
molti analisti, i candidati hanno preferito mettere a fuoco le debolezze del presidente
Obama piuttosto che sfidarsi per la leadership.
Giappone L'energia
nucleare ''continuerà" a essere uno dei quattro pilastri della politica energetica
del Giappone': lo ha detto il ministro dell'Industria nipponico, Banri Kaieda, commentando
proprio il risultato del referendum italiano che ha bocciato il ritorno dell'energia
atomica. Kaieda ha poi ricordato che l'energia nucleare è ''uno dei quattro importanti
pilastri energetici come ha detto di recente anche il premier Naoto Kan nell'ambito
del G8''.
Grecia, scioperi Domani la Grecia si fermerà ancora una
volta per lo sciopero generale proclamato dai due più importanti sindacati ellenici,
contro le politiche di austerity. Intanto, l’ultimo declassamento sul debito pubblico
arriva dall’agenzia Standard&Poor’s che, dichiara Atene, ignora gli aiuti dell’Ue
e del Fmi e la “volontà di tutti i greci di progettare il loro futuro all’interno
della zona euro”. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 165