“Voglio vivere”: i medici cattolici chiedono politiche sanitarie per la vita
“Voglio vivere”: è questo il titolo scelto per il convegno dell’Associazione Medici
Cattolici Italiani, Amci, che si è svolto ieri a livello regionale nelle Marche, nella
città di Ascoli. Un titolo particolarmente significativo considerando che si è parlato
di politiche sanitarie. Lo spiega, nell’intervista di Fausta Speranza, Stefano
Ojetti, vice presidente dell’Amci:
R. – Oggi
si parla sempre di chi vuol morire e non di chi vuol vivere. Basti pensare a tutto
il dibattito politico che è in corso sulle disposizioni anticipate di trattamento.
Mi è venuto in mente questo titolo, quando ho letto una frase di Mario Melazzini,
che è il presidente della Associazione che si occupa di Sclerosi Laterale Amiotrofica,
la malattia che portò a morte Giorgio Welby. Ebbene, lui dice: “Ho avuto la sfortuna
di vivere troppo a lungo come normodotato, perché la malattia mi ha dato più consapevolezza
dei miei mezzi e mi ha insegnato a vivere con più gioia”. Teniamo presente che Melazzini
sta su una sedia a rotelle, è tracheotomizzato, e nonostante questo va in giro a sponsorizzare
la vita. Ci siamo chiesti perché se oggi esiste un interessamento da parte dei media
sul presunto desiderio che deve diventare diritto a morire, perché non avviene il
contrario: cioè perché non si aiutano a vivere coloro che vogliono vivere. Ed ecco
qui che è nato il dibattito alla presenza di politici ai quali abbiamo chiesto proprio
di cercare di vedere quali siano in realtà le esigenze dei malati, che spesso magari
sono costretti a fare una richiesta di eutanasia. Io credo, infatti, che la richiesta
di eutanasia, dal punto di vista ideologico, sia proprio ridotta ad una percentuale
minima. La gente – e questo lo dico come professionista chirurgo – vuole vivere, anzi
ci sono richieste di accanimento terapeutico.
D. – E’ intervenuto
anche mons. Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli
Operatori Sanitari, e ha dedicato il suo intervento al Beato Giovanni Paolo II, ricordandolo
come “il sofferente tra i sofferenti”. Che cosa resta ai medici di questo intervento?
R. – E’ stato un intervento molto toccante, perché, come tutti sappiamo,
mons. Zimowski, essendo polacco, è stato molto vicino a Giovanni Paolo II. Lo conosceva
molto bene e quindi ha portato una testimonianza diretta sul suo coraggio e sul messaggio
che la sua attività pastorale ha lanciato in modo forte nei confronti dei deboli,
dei malati, degli anziani. E’ stata messa in evidenza la grandezza di questo Papa,
che ha voluto soprattutto testimoniare la sofferenza, perché non dimentichiamo che
ha mostrato a tutti che la vita va vissuta con orgoglio anche quando si è sofferenti.
E mons. Zimowski lo ha ricordato quando Giovanni Paolo II, aggrappato alla croce,
sofferente, si è mostrato agli occhi del mondo intero senza alcuna vergogna, ma anzi
con il coraggio della testimonianza, della sofferenza.
D. – Quanto è
necessaria l’etica nella politica sanitaria?
R. – L’etica è necessaria
dappertutto, maggiormente nella politica sanitaria, perché la politica sanitaria è
fatta di allocazione delle risorse. E allora un conto è - faccio una provocazione
- allocare le risorse nella chirurgia estetica e un conto è allocare le risorse nell’assistenza
ai malati, nell’assistenza agli anziani, nel creare quelle condizioni di collaborazione,
che devono esistere tra il terzo settore del volontariato, con l’assistenza domiciliare
integrata, creare cioè delle strutture che aiutino i poveri malati a vivere meglio
e mi riferisco anche ai centri della terapia del dolore. Dobbiamo creare una politica
sanitaria che tenga conto di queste cose, perché non dimentichiamo poi che stiamo
andando verso una generazione di anziani e quindi questi problemi di senilità cronica
tenderanno sempre ad aumentare. Allora dobbiamo investire delle risorse in questo
senso, nella ricerca della terapia del dolore: un investimento per credere di formare
una società che accetti la vita anche quando la vita non è nel pieno fulgore. (ap)