Patologie rare: in Italia nasce una “rete” dei genetisti cattolici
Malati, talora incurabili, spesso alle prese con un male che la scienza medica non
sa decifrare, “orfani” di diagnosi e di farmaco, il più delle volte soli, isolati,
incompresi, senza conforto. Questa è la condizione in cui versano tanti di coloro
che sono affetti da malattie cosiddette “rare”. In Italia, un popolo di oltre 3 milioni
di persone, rappresentato da 80 associazioni. Un dato epidemiologico eclatante, che
connota un oggettivo fenomeno sociale, oltre che sanitario. Il termine “malattia rara”
– ricorda Avvenire - non significa affatto numericamente irrilevante. Infatti, se
la classificazione di malattie rare indica quelle patologie di nicchia, che presentano
un’incidenza di meno di 5 casi ogni 10 mila abitanti, bisogna però tener conto del
fatto che la lista di questi malanni “misteriosi” è interminabile: 5mila, 7mila, addirittura
8mila, a seconda delle fonti scientifiche. Un problema e un rompicapo per i medici
di base, generalmente impreparati a diagnosticare la varietà di sintomi diversissimi,
per la farmacologia, per il sistema pubblico della salute, che attualmente riconosce
e copre – in Italia – appena 500 di queste forme (1.500 nel resto Europa). Le difficoltà
diagnostiche, le specifiche esigenze cliniche ed assistenziali, l’assenza di una terapia
(le case farmaceutiche sono riluttanti a investire risorse per studiare prodotti con
un mercato dai numeri bassi), fanno sì che i costi per i malati stessi e per i loro
congiunti, in termini umani e materiali, siano a volte drammatici. La gran parte di
questa vastissima (e pressoché sconosciuta) famiglia di malattie è di origine genetica:
sono cioè causate da un’anomalia insita nel genoma dell’individuo. E sono anche ereditarie
e si trasmettono alla prole da uno o da entrambi i genitori. Su questo fronte assume
quindi rilievo sempre maggiore la ricerca genetica, mirata a identificare, con specifica
diagnosi (basta un semplice prelievo del sangue), il cromosoma “difettoso” e le molecole
che possano correggere tale difetto. Nuove frontiere di conoscenza e di terapia in
cui stanno giocando un ruolo conclamato e trainante la cultura medica cattolica e
l’impegno di persone davvero “speciali” fra cui il dottor Matteo Bertelli, 38 anni,
giovane genetista di origini bresciane e animatore di Magi Onlus, il quale da tempo
si sta prodigando per tessere una tela, o meglio una rete di contatti e di scambi
fra le realtà d’eccellenza e di riferimento nel campo, su scala nazionale e internazionale,
coinvolgendo istituti di grandissimo nome come il Dipartimento di genetica dell’ospedale
"Sollievo della sofferenza" di San Giovanni Rotondo, gli ospedali "Gemelli" e "San
Giovanni Battista" di Roma e, ora, l’Università di Navarra. Due esempi di questa preziosa
collaborazione sono: il primo Rapporto sistematico in Europa sul linfedema primario
familiare, grave malattia genetica dei vasi linfatici che può sfociare in terribili
elefantiasi e amputazioni degli arti. E l’apertura, a Dro, di un centro d’avanguardia
per la diagnosi genetica, gestito dalla Magi in convenzione con le Asl dell’intero
territorio nazionale. Ma la nuova “rete” non si ferma all’Italia e all’Europa. Composta
da medici specialisti, biologi e biotecnologi di altissima preparazione, Magi Onlus
si sta anche adoperando per veicolare le più aggiornate conoscenze sulle malattie
genetiche a realtà sanitarie “arretrate” come quelle dei Paesi in via di sviluppo
o di alcune zone dell’Est europeo. Progetti internazionali che attualmente comprendono
la formazione e l’ospitalità in Italia per medici provenienti da Repubblica Ceca,
Albania, Slovacchia, Russia. (A.L.)