Ogni anno arrivano a Roma mille minori afghani non accompagnati
Ogni anno a Roma transitano circa mille minori afghani non accompagnati: lasciano
il loro Paese per arrivare in Europa. La stima è dell'Albero della Vita, Onlus impegnata
da 14 anni sul fronte del disagio minorile, che insieme alla Commissione Straordinaria
per i Diritti Umani del Senato italiano ha lanciato un appello affinché si trovino
soluzioni in termini di normativa di diritto d’asilo e di pratiche d’accoglienza.
Il servizio di Irene Pugliese:
“Quando sei
in viaggio, pensi solo ad arrivare; pensi solo a quando finirà il viaggio”.
Abdul
Adif è afghano e ha 21 anni: ne aveva 15 quando è partito per raggiungere
l’Europa, passando per la Turchia e per la Grecia; qui, dopo un tragitto in un camion,
nascosto sotto i cocomeri, si è imbarcato per l’Italia ed è arrivato a Roma, perché
è qui, al binario 15 della Stazione Ostiense, che da dieci anni si ritrovano questi
ragazzi in condizioni drammatiche. Lo conferma Patrizio Paoletti,
presidente della Fondazione dell’Albero della Vita, Onlus che sta operando proprio
alla Stazione Ostiense, da più di un anno, per il sostegno di questi ragazzi:
“Arrivano
ragazzi che hanno dieci anni e hanno fatto almeno due anni di viaggio, con la benedizione
del padre o della madre, che li ha lasciati ad un confine. Molti desiderano continuare
il loro viaggio… Allora il problema non è soltanto ricevere i clandestini, garantire
a coloro che lo richiedono all’Italia il diritto all’asilo politico, ma c’è anche
un altro problema: se si parla di diritti umani, dovremmo riuscire a garantire dei
percorsi, delle vie sicure verso i territori che queste persone desiderano raggiungere”.
Un regolamento complicato quello a tutela dei minori richiedenti asilo,
con limiti operativi e applicazioni differenti da Paese a Paese: tutto ciò confonde
il minore e lo spinge a rimanere nell’illegalità. Sono circa mille, infatti, i ragazzi
afghani che ogni anno passano per la Stazione Ostiense: cercano riparo tra i binari,
sotto i portici, in un cantiere inattivo o in tende poste sul ciglio di una strada
chiusa. Ancora Patrizio Paoletti:
“Si tratta di
dormire per strada, su una panchina se va tutto bene o in luoghi che non solo non
sono salubri e non sono comodi, ma che non forniscono loro assolutamente nessuna tutela
dal punto di vista fisico - ancora una volta - e ancora meno ovviamente dal punto
di vista legale”. Molti di loro restano a Roma, sperando in
un futuro migliore e altri, invece, ripartono per il Nord Europa dove hanno parenti
o semplicemente pensano di poter trovare lavoro ed essere accolti più facilmente.
(mg)