2011-06-11 15:13:37

La Santa Sede: niente ideologie e interessi economici sull'Aids, ai Paesi poveri servono farmaci antiretrovirali


In Paesi non ricchi solo un terzo delle persone colpite da Hiv ha accesso alle terapie adeguate: è quanto è stato sottolineato dalla delegazione vaticana in occasione dell’incontro sull tema dell’Hiv/Aids che si è concluso ieri nell’ambito della 65.ma sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York. Ieri, a nome dell’osservatore permanente della Santa Sede all’Onu, l’arcivescovo Chullikat, ha parlato all’incontro la docente di diritto e membro della delegazione vaticana Jane Adolphe. L’arcivescovo Chullikatt nei giorni precedenti aveva rilasciato dichiarazioni in materia. Il servizio di Fausta Speranza:RealAudioMP3

La Chiesa cattolica provvede da sola all’assistenza di oltre il 25% di quanti nel mondo convivono con l’Hiv o l’Aids, in particolare bambini. Ed è ben consapevole della denuncia che fa: “l’accesso alle terapie antiretrovirali continua ad essere fuori della portata di molti dei Paesi più poveri e più deboli”. “Nei Paesi di medio e basso salario – viene precisato - circa 15 milioni di persone convivono con l’Hiv o con l’Aids ma soltanto poco più di 5 milioni hanno accesso ai farmaci salva vita di cui necessitano”. Inoltre, la delegazione vaticana richiama l’attenzione di tutti sulla necessità di aiutare le famiglie che hanno parenti colpiti da Hiv o Aids senza dimenticare i circa 16 milioni di orfani a causa dell’Aids nel mondo. Ricordando tutto ciò, la delegazione vaticana all’Onu sottolinea che l’obiettivo principale rimane quello di bloccare la diffusione della malattia. E a questo proposito ribadisce la convinzione che “l’unico mezzo efficace, sano e praticabile” sia quello delle scelte comportamentali: dunque, “astinenza prima del matrimonio e fedeltà reciproca per le coppie sposate”. A proposito della formazione a comportamenti responsabili, si sottolinea il ruolo delle famiglie: “I genitori – si ricorda – hanno il fondamentale diritto, la responsabilità e il dovere di insegnare ai bambini un comportamento di vita responsabile”.

Nelle sue dichiarazioni l’osservatore permanente della Santa Sede all’Onu, l’arcivescovo Chullikatt, ricorda che la comunità internazionale vive da 30 anni il dramma dell’Aids e che tuttora nel mondo si contano 33 milioni di persone colpite da Hiv o da Aids. Queste persone – dice – sono parte della famiglia umana. Dunque “resta una delle più grandi tragedie dei nostri tempi” per tutta la famiglia umana. Sottolinea che da subito la Chiesa si è impegnata nell’assistenza ma anche nella ricerca di risposte all’emergenza che fossero basate su valori. Oggi si trova a ricordare i successi avuti soprattutto in Africa da programmi basati sull’esclusione di comportamenti a rischio ma anche a sottolineare che il “crescente riconoscimento a livello internazionale” di questi successi viene negato da quanti sono troppo guidati da certe ideologie e da interessi economici. Di fronte a tutto ciò la Chiesa ribadisce il bisogno di promuovere scelte basate sul riconoscimento della dignità della persona. Ci sono poi precisazioni su alcune espressioni usate nel comunicato finale dell’incontro Onu. La delegazione vaticana spiega che parlare di “popolazioni a rischio” fa pensare a persone considerate come oggetti e inoltre non dà spazio a considerazioni morali sui comportamenti considerati irresponsabili. Inoltre l’espressione “diminuzione del danno” in relazione all’uso di farmaci antiretrovirali “non rispetta la dignità delle persone che soffrono”. C’è poi l’espressione “lavoratori del sesso” che offre la falsa impressione – spiega mons. Chullikatt - che si possa considerare “la prostituzione come una legittima forma di lavoro”.







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