La Santa Sede: niente ideologie e interessi economici sull'Aids, ai Paesi poveri servono
farmaci antiretrovirali
In Paesi non ricchi solo un terzo delle persone colpite da Hiv ha accesso alle terapie
adeguate: è quanto è stato sottolineato dalla delegazione vaticana in occasione dell’incontro
sull tema dell’Hiv/Aids che si è concluso ieri nell’ambito della 65.ma sessione dell’Assemblea
generale delle Nazioni Unite a New York. Ieri, a nome dell’osservatore permanente
della Santa Sede all’Onu, l’arcivescovo Chullikat, ha parlato all’incontro la docente
di diritto e membro della delegazione vaticana Jane Adolphe. L’arcivescovo Chullikatt
nei giorni precedenti aveva rilasciato dichiarazioni in materia. Il servizio di Fausta
Speranza:
La Chiesa
cattolica provvede da sola all’assistenza di oltre il 25% di quanti nel mondo convivono
con l’Hiv o l’Aids, in particolare bambini. Ed è ben consapevole della denuncia che
fa: “l’accesso alle terapie antiretrovirali continua ad essere fuori della portata
di molti dei Paesi più poveri e più deboli”. “Nei Paesi di medio e basso salario –
viene precisato - circa 15 milioni di persone convivono con l’Hiv o con l’Aids ma
soltanto poco più di 5 milioni hanno accesso ai farmaci salva vita di cui necessitano”.
Inoltre, la delegazione vaticana richiama l’attenzione di tutti sulla necessità di
aiutare le famiglie che hanno parenti colpiti da Hiv o Aids senza dimenticare i circa
16 milioni di orfani a causa dell’Aids nel mondo. Ricordando tutto ciò, la delegazione
vaticana all’Onu sottolinea che l’obiettivo principale rimane quello di bloccare la
diffusione della malattia. E a questo proposito ribadisce la convinzione che “l’unico
mezzo efficace, sano e praticabile” sia quello delle scelte comportamentali: dunque,
“astinenza prima del matrimonio e fedeltà reciproca per le coppie sposate”. A proposito
della formazione a comportamenti responsabili, si sottolinea il ruolo delle famiglie:
“I genitori – si ricorda – hanno il fondamentale diritto, la responsabilità e il dovere
di insegnare ai bambini un comportamento di vita responsabile”.
Nelle
sue dichiarazioni l’osservatore permanente della Santa Sede all’Onu, l’arcivescovo
Chullikatt, ricorda che la comunità internazionale vive da 30 anni il dramma dell’Aids
e che tuttora nel mondo si contano 33 milioni di persone colpite da Hiv o da Aids.
Queste persone – dice – sono parte della famiglia umana. Dunque “resta una delle
più grandi tragedie dei nostri tempi” per tutta la famiglia umana. Sottolinea che
da subito la Chiesa si è impegnata nell’assistenza ma anche nella ricerca di risposte
all’emergenza che fossero basate su valori. Oggi si trova a ricordare i successi avuti
soprattutto in Africa da programmi basati sull’esclusione di comportamenti a rischio
ma anche a sottolineare che il “crescente riconoscimento a livello internazionale”
di questi successi viene negato da quanti sono troppo guidati da certe ideologie e
da interessi economici. Di fronte a tutto ciò la Chiesa ribadisce il bisogno di promuovere
scelte basate sul riconoscimento della dignità della persona. Ci sono poi precisazioni
su alcune espressioni usate nel comunicato finale dell’incontro Onu. La delegazione
vaticana spiega che parlare di “popolazioni a rischio” fa pensare a persone considerate
come oggetti e inoltre non dà spazio a considerazioni morali sui comportamenti considerati
irresponsabili. Inoltre l’espressione “diminuzione del danno” in relazione all’uso
di farmaci antiretrovirali “non rispetta la dignità delle persone che soffrono”. C’è
poi l’espressione “lavoratori del sesso” che offre la falsa impressione – spiega mons.
Chullikatt - che si possa considerare “la prostituzione come una legittima forma di
lavoro”.