Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica di Pentecoste
Nella Solennità di Pentecoste la liturgia della Messa del Giorno ci propone il passo
del Vangelo in cui Gesù risorto appare ai discepoli, mentre erano chiuse le porte
del luogo dove si trovavano per timore dei Giudei, dicendo:
«Pace a voi!
Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro:
«Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati;
a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Su questo
brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin,
docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:
Il Vangelo
tende come un arco ideale tra Pasqua e Pentecoste: il Risorto che ridona gioia e amicizia
ai discepoli dopo la dispersione dei giorni tragici, alita su di loro. È il dono dello
Spirito: spirito di santità, di unione, di audacia. Quasi a dare un nuovo respiro
alla loro vita e ai loro ricordi. Perché ora devono assumersi una responsabilità grande:
diventare mediatori di speranza e di riconciliazione, in nome di Dio e fondati sull’esperienza
vissuta con Gesù il Risorto. Compito delicato ma anche a rischio: nonostante le loro
fragilità e le loro paure, Dio li vuole inviare, a parlare alle genti, ad annunciare
pace e vita piena, a mostrare altri cammini. I segni esterni della Pentecoste – fuoco
e vento, fragore e stupore, lingue sconosciute – convergono verso una verità evidente:
lo Spirito promesso e donato scuote persone e mentalità, e libera audacia e novità.
La prima apparizione pubblica della comunità del Signore Gesù dà prova di universalità
non caotica ma rispettosa, in un dialogo che giunge a ciascuno con la peculiarità
della propria lingua. E nello stesso tempo il contenuto dell’annuncio è unico: Gesù
di Nazaret, il giusto umiliato, che Dio ha esaltato e glorificato. Da questo momento
Padre, Figlio e Spirito congiungono i loro sogni e la loro identità con tutte le genti,
in modo nuovo: nasce la comunità dei testimoni. La vittoria pasquale diviene fermento
definitivo ed eterno di novità e di comunione.