In Zambia non è l'ora della divisione, i presuli invitano alla riconciliazione nazionale
«I vescovi dello Zambia non si lasceranno intimidire o costringere al silenzio sulle
emergenze nazionali che colpiscono le persone povere, e fanno appello ai cattolici
del Paese affinché mantengano la calma nella situazione attuale e, in caso di provocazioni,
assumano un atteggiamento di riconciliazione». Il vescovo di Chipata, presidente della
Conferenza episcopale dello Zambia, George Cosmas Zumaire Lungu, ha inviato una lettera
ai cattolici del Paese, letta in tutte le parrocchie domenica 5 giugno, riguardante
i recenti attacchi dei media alla Chiesa cattolica, alla sua leadership, ai sacerdoti
e alla dottrina. Si è di fronte a un secolarismo aggressivo e a spesso intollerante.
Il laicismo non è più quell’elemento di neutralità che apre spazi di libertà per tutti.
Esso — secondo il presule — comincia a trasformarsi in un’ideologia che si impone
tramite la politica e non concede spazio pubblico alla visione cattolica e cristiana,
la quale «rischia così di diventare una cosa puramente privata e in fondo mutilata.
Noi dobbiamo difendere la libertà religiosa contro l’imposizione di un’ideologia che
si presenta come fosse l’unica voce della razionalità». In un comunicato diffuso
dal Catholic Information Service for Africa, monsignor Lungu evidenzia il fatto che
questi attacchi siano stati ben programmati e coordinati in concomitanza con i preparativi
delle elezioni che si terranno dopo l’estate. Un’operazione compiuta a freddo, attraverso
l’uso di mezzi economici e tecnologici: «C’è chi vorrebbe tramare per opprimere la
voce della Chiesa o addiritura, più in generale, cancellare le tracce del Vangelo
dal mondo di oggi». La Chiesa cattolica è sottoposta a un continuo e incessante
processo accusatorio su vari fronti con lo scopo di demolirne la credibilità. C’è
una crescente ostilità anticattolica e talvolta è autentico odio, che si è evidenziata
anche in mondi diversi da quelli estremisti: nel mondo della cultura, della politica,
dei giornali, della televisione e persino nei cartelloni e spot pubblicitari. Si assiste
continuamente a torrenti di calunnie, accuse, insulti e derisioni su tutto il clero,
nessuno escluso. La comunità ecclesiale dello Zambia è accusata di esprimersi
su alcuni temi politici e di sostenere un suo candidato alla presidenza contro il
presidente in carica, Ruphia Banda. Su questo punto, nella lettera, il presidente
della Conferenza episcopale, sostiene che, nell’esercizio del suo ministero, «il vescovo
è neutrale e non può essere di parte. Il messaggio dei vescovi non ha nulla a che
fare con qualsiasi avversione o presunta preferenza per qualunque presidente o qualsiasi
partito politico». I presuli richiamano la comunità cristiana, i cattolici del Paese,
a operare scelte di candidati i cui programmi non contraddicano i principi inviolabili
del rispetto della vita, della dignità della persona umana e siano rivolti al perseguimento
del bene comune, della giustizia, dell’equità e della pace. La Chiesa è consapevole
che la via della democrazia se, da una parte, esprime al meglio la partecipazione
diretta dei cittadini alle scelte politiche, dall’altra si rende possibile solo nella
misura in cui trova alla sua base una retta concezione della persona umana. Su questo
principio l’impegno dei cattolici — ribadiscono i vescovi dello Zambia — non può cedere
a compromesso alcuno, perché altrimenti «verrebbero meno la testimonianza della fede
cristiana nel mondo e l’unità e coerenza interiori dei fedeli stessi». La struttura
democratica su cui uno Stato moderno intende costruirsi sarebbe alquanto fragile se
non ponesse come suo fondamento la centralità della persona. «È il rispetto della
persona, peraltro, a rendere possibile la partecipazione democratica. Come insegna
il concilio Vaticano II, «la tutela dei diritti della persona umana è condizione perché
i cittadini, individualmente o in gruppo, possano partecipare attivamente alla vita
e al governo della cosa pubblica». Il presidente dell’episcopato dello Zambia sottolinea,
altresì, come «tali attacchi mediatici siano anche dei tentativi per falsare la dottrina
della Chiesa» su temi rilevanti e delicati quali il celibato e l’omosessualità. Si
vuole insomma «portare discredito, divisioni e confusione tra i cattolici». I vescovi,
la comunità cattolica — viene ribadito con chiarezza nella missiva — non vogliono
riflettere da soli, soltanto al loro interno. È per questo che intervengono nel dibattito
pubblico. Essi lo fanno con la forza delle loro convinzioni, che ritengono siano utili
non solo per se stessi, ma per il buon andamento della società. In questa prospettiva
la società non deve avere paura del «pensiero convinto della Chiesa, anche se fosse
un pensiero scomodo, come quello sulla difesa della vita, della famiglia, sull’accoglienza
e i sostegno dei più emarginati». In definitiva, la Chiesa usa solo «la forza delle
parole per presentare il suo pensiero», e non usa parole che offendono la dignità
dell’interlocutore. I cattolici, nel cercare di tradurre in progetti politici i propri
convincimenti, lo fanno rispettando lealmente le regole e le procedure democratiche:
quando non hanno visto affermarsi le proprie proposte, non hanno fatto rivoluzioni
o violenze. Ne hanno preso democraticamente atto. Ciò, ovviamente — viene sottolineato
— non significa essere obbligati a mettere da parte le proprie convinzioni. (Osservatore
Romano)