2011-06-07 15:08:01

Fmi ai Paesi europei in crisi: dopo gli aiuti, urgenti riforme strutturali


In Portogallo e Grecia continuano le difficoltà economiche, nonostante gli ingenti aiuti finanziari europei ed internazionali. A Lisbona il nuovo governo, che verrà scelto dalla maggioranza di centro-destra che ha vinto le elezioni di domenica scorsa, dovrà varare severe riforme, così come anche dovrà fare Atene, in base alle richieste odierne del Fondo Monetario Internazionale: "bene i progressi sul debito - è stato precisato - ma ora occorrono le riforme strutturali". Ma c’è il rischio che anche altri Paesi possano in futuro trovarsi in crisi? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Mario Deaglio, docente di economia all’Università di Torino:RealAudioMP3

R. – Questi Paesi presentavano una situazione veramente molto deviata rispetto alla normalità. L’Irlanda, per altri motivi, si colloca nella stessa situazione di Grecia e Portogallo, ma sono nettamente divergenti da tutto il resto dell’Unione Europea.

D. – C’è la possibilità di fare un passo indietro, cioè tornare a delle economie più impermeabili e quindi, forse, meno soggette alle esigenze globali?

R. – In linea teorica forse sì, ma quando dalla teoria si passa alla pratica è difficile farlo senza creare molti danni. Prendiamo in esame i casi di Grecia e Portogallo: in questo momento ci sarebbero molti vantaggi per loro ad avere una moneta autonoma, ma il processo di uscita dall’euro non è facile e richiede comunque un tempo molto lungo. Quindi, ci troviamo veramente in una sorta di rompicapo da cui non riusciamo ad uscire con facilità.

D. – Stanno funzionando realmente le misure internazionali di salvataggio nei confronti dei Paesi in difficoltà? I principi di sussidiarietà hanno poi un’applicazione concreta?

R. – Fino ad ora hanno funzionato nel senso che hanno evitato il collasso di questi Paesi. Una vera cura di lungo termine, però, non è stata ancora impostata o se è stata impostata è manifestamente inefficace. Perché questo? Soprattutto perché quando si dice “ridurre la spesa”, "are le riforme” si vogliono usare delle buone parole per una cosa molto più dura, cioè licenziare tanta gente. Togliere tutto questo in maniera rapida, come il resto del mondo sembra volere, è molto doloroso e, quindi, può provocare nella popolazione – e sta provocando – dei veri e propri moti di rivolta, perché non si vede quale sia il vantaggio per la gente.

D. – Si tratta, forse, di aderire a parametri un po’ troppo severi in una situazione difficile come quella che c’è ancora oggi in tutto il mondo...

R. – Direi che i parametri usati per la Grecia sono abbastanza severi, soprattutto nella tempistica del rientro. Se questa stessa manovra fosse spalmata su dieci anni, probabilmente non ci sarebbero troppi problemi, ma farla in tre o quattro è traumatizzante. Si vede, poi, la palpabile differenza che i mercati fanno tra un Paese piccolo e debole, come la Grecia, e un Paese come gli Stati Uniti, che ha più o meno lo stesso deficit di bilancio, ma ha molta tecnologia, ha la posizione più importante nel mondo nella politica estera, ha un forte esercito e così via. E allora gli si fa più credito, mentre alla Grecia che non ha nulla di tutto ciò si vanno a vedere i conti con molta severità. (ap)







All the contents on this site are copyrighted ©.