2011-06-04 09:26:34

Sostegno per il Sud Sudan: l’editoriale di padre Federico Lombardi


Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu, convocato ieri sera dal Gabon, presidente di turno dei Quindici, ha chiesto al governo di Khartoum di ''ritirarsi immediatamente dalla regione di Abyei'', contesa tra Nord e Sud del Sudan. Il Consiglio di Sicurezza esprime la propria preoccupazione per il deteriorarsi della situazione nell'area, ricca di petrolio, chiedendo in particolare alle truppe sudanesi di fermare le violenze. Sulla difficile situazione nel Sudan, il nostro direttore generale, padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per “Octava Dies”, il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:RealAudioMP3

Il 9 luglio deve nascere il 54.mo Stato africano, il Sudan meridionale, 6 mesi dopo che il referendum del 9 gennaio scorso ha sancito con una schiacciante maggioranza la volontà di indipendenza della popolazione. Uno Stato con confini diversi da quelli lasciati in eredità dall’epoca coloniale, un popolo reduce da oltre vent’anni di guerra civile sanguinosa e crudele - come ogni guerra -, per affrancarsi dalla supremazia del Nord arabo ed islamico. Un popolo che ha atteso a lungo la libertà e la pace, e che vede la prossima dichiarazione d’indipendenza a Juba come una festa e una grande speranza. Giustamente tutto il continente guarda a questi eventi come a una novità importante e significativa: riuscirà a farsi strada una nuova democrazia africana?

La posta in gioco è importante. Non possiamo restare indifferenti alle minacce di instaurazione della Sharia al nord e agli attacchi militari alla regione dell’Abyei, nuova provocazione alla guerra. Non possiamo restare indifferenti alle sofferenze dei numerosissimi sfollati rientrati dal nord al sud o fuggiti ora dall’Abyei, a rischio di fame e di malattie nella stagione delle piogge in arrivo. Se poi pensiamo alla sfida di unire un popolo non immune dalle divisioni tribali e poverissimo dal punto di vista non solo economico, ma anche culturale, alla necessità di formare una classe dirigente, ci rendiamo conto perché i vescovi del luogo, facciano appello con urgenza alla solidarietà internazionale. Motivi di speranza non mancano, ma sono fragili, e vanno sostenuti con decisione da tutti se vogliamo vedere infine sorgere una luce di giustizia e di pace nel cuore dell’Africa.







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