L'arte dei suoni, non delle note: gli spazi acustici di Gérard Grisey
L'evoluzione dei suoni nello spazio di ascolto. L'8 e il 15 giugno New music (il programma
di Marco Di Battista dedicato alla musica contemporanea in onda il mercoledì alle
21.30 e il giovedi alle 4.30 sul quinto canale della Radio Vaticana) sarà dedicato
all'ascolto integrale di "Les Espaces Acoustiques" di Gérard Grisey (1946-1998). Il
lavoro è strutturato in sei brani (Prologue, Périodes, Partiels, Modulations, Transitoires,
Epilogue) che possono essere eseguiti anche solo parzialmente. La caratteristica immediatamente
evidente è l'organico: si parte dalla viola sola del primo episodio e si arriva, ampliando
di volta in volta l'ensemble, fino alla grande orchestra con quattro corni solisti
nell'ultimo. Il ciclo è quasi un manifesto della poetica e del linguaggio di Grisey
nel periodo tra il 1974 e il 1985. Ma se all'orecchio dello studioso rivela una enorme
profondità di pensiero, a quello del pubblico risulta assai affascinante e coinvolgente.
La concezione del tempo, la scrittura che sfrutta le conoscenze scientifiche nel campo
dell'acustica (ed elettroacustica, tanto da far parlare di musica spettrale, dove
il centro dell'interesse è lo spettro sonoro), forse non vengono percepiti totalmente
al primo ascolto. Eppure il pubblico riesce a seguire il filo rosso che lega i sei
episodi. La chiave forse è nelle parole dello stesso Grisey che ne "Les Espaces Acoustiques"
"non compone più con le note ma con i suoni", tenendo sempre conto della relatività
della percezione auditiva. Si potrebbero aggiungere molte cose su Grisey e su "Les
Espaces Acoustiques". Su internet si trovano molte notizie per conoscere l'abc del
pensiero del compositore. Giova ricordare solo che particolare importanza ebbe per
lui il periodo passato a Roma come borsista presso l'Accademia di Francia a Villa
Medici all'inizio degli anni Settanta. Fu allora che conobbe personalmente Giacinto
Scelsi.