2011-06-03 11:48:49

Concerto di solidarietà a Lampedusa: intervista con Claudio Baglioni


Solidarietà a Lampedusa, accoglienza ai profughi, ma anche riconoscenza ai soccorritori che aiutano i migranti: sono gli obiettivi dell’iniziativa “Lampedusa sùsiti” la serie di concerti e incontri musicali in programma oggi e domani sull’isola pelagia. Sul palco, 33 cantautori, musicisti ed interpreti, membri della Nazionale Italiana Cantanti e dell’Associazione Artisti Amici. Ad ideare l’evento è stata la Fondazione O’ Scià, che da diversi anni opera a favore dell’integrazione culturale nel bacino del Mediterraneo. Isabella Piro ha intervistato il fondatore della Fondazione, il cantautore Claudio Baglioni:RealAudioMP3

(musica)

R. - “Sùsiti” in dialetto siciliano sta per alzati, rialzati, sollevati, tirati su: gli obiettivi sono manifestare l’intenzione dell’incontro, dell’incontro anche tra persone diverse, dimostrando che, appunto, attraverso l’arte si può dare il primo accordo ad una sinfonia generale. L’isola vive un’emergenza ancora più difficile e quest’anno è stata ancora più segnata proprio dall’immagine di tanti arrivi e di tanti recuperi, quasi di una - detto tra virgolette - invasione, che ha umiliato un po’ l’immagine e l’attività isolana, che si basa chiaramente quasi tutta sul turismo e parzialmente sulla pesca. Molta dell’opinione pubblica è ancora convinta che ci siano condizioni di grave disagio e questo, peraltro, non è vero: l’isola è quella che è sempre stata e quindi questo fenomeno - peraltro così complesso - dell’immigrazione non crea altri disagi che non quello morale, etico, psicologico al quale assistiamo tutti con il dovere di cittadini e di esseri umani. Però lo facciamo proprio per dare questo senso di voglia di rinascita, insomma; per muovere finalmente le acque in senso positivo.

D. - A tuo parere la questione dei migranti è davvero un problema dimenticato?

R. - E’ un problema sempre un po’ evitato: un po’ tutti tendono a sperare quasi che la questione si risolva da sola. Siccome però il problema è veramente spinoso, non è facile risolverlo e per risolverlo veramente significherebbe ristabilire un senso di giustizia in tutto il mondo, in tutto il Pianeta; significherebbe che l’economia non fosse più così feroce e riversata solo sull’accumulo di capitali, ma che potesse esserci una ridistribuzione del benessere; occorrerebbe che la politica crescesse di maturità e non bisognerebbe alimentare paure, perché le paure servono poi soltanto a crearne ancora altre. Diciamo che è un sistema anche culturale, al quale forse noi - come Italia - non eravamo neanche preparati; non eravamo preparati ad un mondo di differenze e di colori che fosse più ampio. Secondo me, invece, può essere una grande sferzata proprio per i giorni a venire: alimentarsi di ciò che non conosciamo; aprire un po’ le coscienze. Questo potrebbe anche servire ad alimentare il livello di legalità nel nostro Paese, perché troppo spesso anche questa immigrazione - tenuta volutamente clandestina e irregolare - ha fornito manovalanza a tutto quel mondo sommerso, che è fatto dalla criminalità organizzata e che nel nostro Paese è abbastanza presente.

D. - Tu sei stato più volte a Lampedusa, anche nei giorni più critici dell’emergenza immigrazione: quale realtà hai visto?

R. - E’ successo quasi un prodigio: gli abitanti, i lampedusani, senza fare tanti calcoli, hanno fornito assistenza, accoglienza giornaliera, privandosi anche di alcune cose come abiti, coperte; alcuni hanno aperto le loro case per offrire la possibilità di fare una doccia a qualcuno di questi migranti… Ci sono state delle scene di una piccola storia che non va dimentica e che va raccontata, proprio perché sarebbe bellissimo adesso poter aiutare chi tanto ha aiutato altri.

D. - Nel campo dell’immigrazione, allora, l’isola può fare da ponte con l’Europa e con tutto il bacino del Mediterraneo?

R. - Geograficamente è messa in quella condizione e simbolicamente può essere una nuova idea e anche un nuovo patto tra i popoli del Mediterraneo, cercando proprio questa integrazione culturale, non forzata, ma proprio verso l’idea di abitare un luogo e di abitarlo al meglio possibile. Quindi, secondo me, su Lampedusa si gioca una partita bella, in senso planetario, come esperimento pilota di una nuova maniera di ricomporre l’umanità.(mg)

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