Barcone affonda al largo di Tunisi: recuperati 150 corpi. La Caritas: urgenti soluzioni
strutturali
E’ tragico il bilancio dell'affondamento di un barcone al largo delle coste tunisine,
tra martedi sera e mercoledi. Finora sono 150 i cadaveri recuperati: sono tutti profughi
africani. Le cattive condizioni del mare stanno rallentando le operazioni. Alessandro
Guarasci:
Dalla Tunisia
arrivano notizie poco incoraggianti. Il capo della guardia costiera della città di
Sfax ha detto che “le onde hanno bloccato l'inizio delle operazioni. Nella migliore
delle ipotesi, domani, potremmo essere in grado di recuperare tutti i corpi''. Inizialmente
si era parlato di 270 dispersi. E fa anche preoccupare la situazione a Lampedusa,
dove quattro tunisini, che hanno ingoiato delle lamette per protesta contro il rimpatrio,
sono stati trasferiti all'ospedale 'Cervello' di Palermo per essere curati. L’organizzazione
Save The Children ha comunicato che da gennaio ad oggi sono circa 1.500 i minori arrivati
nell’isola. Per la Caritas servono soluzioni strutturali, il vicedirettore Francesco
Marsico:
R. –E’ un fenomeno che va avanti da anni senza una
soluzione effettiva. Credo che quello che non vada sia il fatto che per questo problema
non sia prevista una politica davvero coordinata e congiunta da parte dell’Unione
Europea. C’è una sottovalutazione strutturale di questo tema.
D. – Secondo
lei c’è un problema di coordinamento. Frontex non basta?
R. – Frontex
è uno strumento. A monte di Frontex ci dev’essere la politica europea che si faccia
carico del tentativo di risolvere le questioni che portano questi flussi migratori.
Chiaramente, ciò non avviene attraverso uno strumento di tipo operativo. Il problema
è capire, sulle aree di crisi di quel continente, quali possono essere le politiche
progressive che, negli anni, se non possono porre fine almeno alleggeriscano questi
fenomeni.
D. – Alcuni rappresentanti del governo italiano parlano di
emergenza, quasi di ‘invasione’. Voi, in più di qualche caso, avete contestato questi
termini...
R. – E’ evidente che la situazione, di recente, con il movimento
politico e militare in quelle aree, è peggiorata. Però è un fenomeno che va avanti
da anni e quindi non può essere definito un’emergenza.
D. – In sostanza,
serve perciò una politica di lungo periodo…
R. - Ovviamente sì. Una
politica di lungo periodo che si faccia carico progressivamente delle situazioni di
crisi. La situazione dell’Eritrea, quella somala, quella drammatica del Sudan: insomma,
tutte le aree di crisi devono essere aiutate e soprattutto bisogna farsi carico di
un’azione che metta insieme politica estera, politica economica ed un’idea diversa
di Mediterraneo che ancora non vediamo. (vv)