2011-06-02 18:44:57

L'Italia festeggia i 65 anni della Repubblica nel 150.mo dell'Unità


Grande festa oggi a Roma per i 65 anni della Repubblica e per i 150 dell’Unità d’Italia. Presenti oltre 40 capi di Stato e più di 80 delegazioni provenienti da tutto il mondo, che questa mattina hanno assistito alla parata militare ai Fori Imperiali con il Capo dello Stato Napolitano. Stasera la cena al Quirinale. Nel pomeriggio a Villa Pamphili molti incontri bilaterali del premier Berlusconi. Servizio di Giampiero Guadagni RealAudioMP3


In molti hanno ribadito che questa è una festa per rafforzare i valori condivisi, a partire dall’unità del Paese. Alessandro Guarasci ha sentito il costituzionalista dell’Università Cattolica Enzo Balboni:RealAudioMP3

R. - Mai come in questo periodo gli elementi di democrazia sostanziale, il voto largamente partecipato di domenica scorsa, ed anche adesso poter fare i referendum, segnalano che abbiamo un Paese che, in qualche modo, si sta risvegliando. Io, a prescindere dai risultati, ho visto molti giovani - finalmente - di nuovo interessati alla politica, alla Costituzione e alla Repubblica. Questo è un bellissimo segno.

D. - C’è però il federalismo che continua ad essere vissuto, in una parte del Sud, un po’ come un’imposizione…

R. - Il federalismo di adesso ha, in realtà, una qualche riforma fiscale che pure è necessaria per aumentare l’autonomia ma anche la responsabilità di Regioni e Comuni. Il federalismo non lo vedo più così male o così dirompente dell’unità nazionale, come potevamo temere cinque anni fa.

D. - Professore, un 2 giugno per mettere fine anche al clima di rissa che ha caratterizzato la politica negli ultimi mesi?

R. - Il fatto che Berlusconi cominci ad essere meno in primo piano e che nella vita politica emergano anche altre personalità, secondo me fa bene a tutti: una giusta leadership nel centrodestra, altrettanto nell’opposizione, e nel Terzo Polo se avrà la capacità di imporsi. Direi che rispetto all’anno scorso è un 2 giugno migliore. (mg)

Sul significato di questa festa si sofferma al microfono di Luca Collodi l’ordinario militare per l’Italia, mons. Vincenzo Pelvi:RealAudioMP3

R. - Quest’anno la felice coincidenza - nascita della Repubblica e 150 anni dell’Unità d’Italia - diventa una spinta, una scossa di cuore, perché dobbiamo cambiare il modo di vedere le situazioni della storia ed essere aperti alla democrazia e alla solidarietà.

D. - Quali auguri possiamo formulare per la festa della Repubblica Italiana e delle Forze Armate?

R. - Riprendo il pensiero del nostro presidente della Repubblica: riferiscono quanto è nello spirito della preghiera recentemente vissuta a Santa Maria Maggiore con il Santo Padre e i vescovi italiani: “L’Italia è una ed è indivisibile”. Penso che questo possa essere l’augurio più bello: un Paese sempre più amalgamato, al di là dei soggettivismi e degli egoismi, e una patria che il Signore ci ha donato e che dobbiamo custodire nelle sue radici cristiane. (mg)

Nel 1946, per la prima volta in Italia le donne si avvalsero del diritto di voto e il 2 giugno furono chiamate alle urne per scegliere tra Monarchia o Repubblica e per l’elezione dell’Assemblea costituente: le donne votarono nella stessa percentuale degli uomini e 21 vennero elette. Anche grazie a loro furono inseriti nella Carta diritti fondamentali e venne introdotto l’articolo 3 che, oltre a dichiarare tutti i cittadini uguali indipendentemente dal sesso, stabiliva che la Repubblica avrebbe dovuto agire per rimuovere gli ostacoli che a quell’uguaglianza si frapponevano. Al microfono di Paolo Ondarza sentiamo la storica e saggista Giulia Galeotti.RealAudioMP3

R. – Ricordare il 2 giugno 1946 è estremamente importante, perché in quell’occasione le donne votarono per la prima volta. Si temeva non si presentassero al voto: i giornali dell’epoca lo sottolineavano in continuazione. Invece, se poi andiamo a consultarli, gli stessi giornali dell’epoca pubblicavano immagini in cui sembrava che ci fossero solo donne in fila per votare; le 21 donne che poi furono elette all’Assemblea costituente – nove democristiane, nove comuniste, due socialiste e una donna dell’“Uomo qualunque” di Giannini - furono veramente le donne che permisero – e questo è un obbligo morale, da parte della Repubblica, ricordarlo – l’introduzione di quei principi costituzionali che favorirono l’emancipazione femminile.

D. – E oggi, la parità è stata raggiunta?

R. – Direi che da un punto di vista legislativo, tutto sommato – anche se ci sono voluti anni, decenni – la parità, sulla carta, almeno, è stata raggiunta. Quello che invece rimane ancora da fare è un lavoro sul piano sociale, della mentalità. Le faccio un esempio: nel 1996, il Parlamento italiano è riuscito a cambiare la legge sulla violenza sessuale che prima era un reato contro l’onore e finalmente – e solo dal 1996! – è diventato invece un delitto contro la persona. Se però noi entriamo in un’aula di tribunale e vediamo il modo in cui, ancora, la nostra società si relaziona con la violenza sessuale ci accorgiamo di una persistente mentalità secondo la quale le donne sono ancora ritenute inferiori e quindi il fatto che si abusi di loro è considerato come qualcosa di socialmente giustificabile.

D. – Persistono anche difficoltà di accesso al mondo del lavoro?

R. – Questo è un grande problema che rimane. Penso che forse, a molte di noi sotto i 40 anni sia successo di ricevere durante colloqui di assunzione per lavori più o meno precari, la famosa domanda se si è sposate e intenzionate ad avere un figlio: la maternità è ancora percepita, dai datori di lavoro, come un handicap.

D. – Una soluzione potrebbe essere il potenziamento, ad esempio, dei congedi di paternità …

R. – Esatto. Ma è un po’ come un cane che si morde la coda: infatti, i congedi parentali sono legati allo stipendio e finché gli uomini continueranno a guadagnare di più, anche a parità di mansioni, sarà difficile – per ragioni anche comprensibili – che in una coppia sia l’uomo a decidere di rimanere a casa.

D. – Diceva che da un punto di vista legislativo oggi, tutto sommato, c’è un’uguaglianza riconosciuta tra uomo e donna …

R. – Le dirò di più: ci sono forse delle leggi che sembrano tutelare quasi più le donne che gli uomini. So che entriamo in un terreno minato: mi riferisco alla legge 194. Come noi sappiamo benissimo, questa legge non ammette in alcun modo che l’uomo, e quindi il padre, abbia voce in capitolo. Mettiamo tanta enfasi sul ruolo paterno però poi, quando si tratta di decidere se interrompere o meno la gravidanza, anche laddove questa avvenga all’interno di una matrimonio, l’uomo non è mai chiamato in causa, non ha possibilità di decidere.

D. – Non giova sicuramente alla piena parità uomo-donna una certa ideologia che, purtroppo, ha accompagnato il processo di emancipazione femminile …

R. – Questo, sicuramente, è vero. Abbiamo creduto che, per emanciparci, dovessimo in qualche modo diventare molto simili agli uomini – quasi uguali agli uomini. E di questo, secondo me, oggi stiamo pagando le conseguenze. Aver diritto all’uguaglianza, alla parità non significa fingere che le differenze non esistano: perché le differenze ci sono ed è anche un bene che ci siano. Sono un valore, sicuramente, non un disvalore. (gf)







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