2011-05-31 14:34:38

Afghanistan: l'impegno dei militari per la ricostruzione, nonostante gli attacchi dei talebani


In Italia è in pieno svolgimento il dibattito sulla presenza militare in Afghanistan, dopo l’attentato, rivendicato dai talebani, al contingente italiano a difesa del Gruppo per la Ricostruzione Provinciale di Herat (Prt). Cinque i militari feriti. Per una riflessione su questo attacco all’interno della strategia talebana, Fabio Colagrande ha intervistato Marco Lombardi, docente di sociologia presso l’Università Cattolica di Milano e coordinatore del progetto dell’ateneo proprio ad Herat, in Afghanistan:RealAudioMP3

R. – Quello che i talebani stanno cercando di fare in questo momento è interferire con un processo di pacificazione. Un processo nel quale l’Italia e tutte le altre forze sono impegnate. Ci aspettavamo una ripresa delle ostilità, come sempre accade in estate, ma forse non ci si aspettava un attacco così forte ad Herat, anche se "era nell’aria".

D. – Potremmo dire che questi eventi sono la dimostrazione che l’azione di pacificazione in quell’area è efficace?

R. – In un certo senso sì. Quello che dobbiamo fare in questo momento in Afghanistan - e che il Prt sta facendo - è far germogliare il seme dello sviluppo tra gli afgani. Il Prt ha costruito quasi 70 scuole. Andare a scuola, oggi, in Afghanistan, è l’effetto più dirompente che si può avere nei confronti dei talebani ed è la ragione per cui noi della "Cattolica" lavoriamo con il Prt: loro costruiscono le scuole e noi costruiamo i maestri.

D. – Il Prt, lei lo ha già anticipato, è una struttura mista, civile e militare, impegnata nello sviluppo di opere, scuole, strade e progetti di infrastruttura. E’ gestito dal 132.mo Reggimento Artiglieria Terrestre della Brigata Ariete di Maniago, in provincia di Pordenone, ed è comandato dal colonnello Paolo Pomella. Lei conosce come lavora questo Prt?

R. – Al Prt si succedono ogni sei mesi delle diverse truppe a presiederlo. Il loro lavoro, in termini di continuità, è sempre stato quello di costruire infrastrutture – scuole e case – insieme agli esperti del Ministero degli Affari Esteri o ad altri esperti, come l’Università "Cattolica". E’ davvero un enorme successo. I medici del Prt aiutano le donne, le visitano. Inoltre, il Prt ha aiutato a costruire l’ospedale pediatrico, lavora al Governor Centre, dove si trovano le donne afgane che si immolano, bruciandosi, per protestare rispetto alle violenze che subiscono. Quindi il Prt, nella forma militare, è comunque impegnato nella promozione della società civile afgana e questo dà molto fastidio.

D. – La città di Herat fa parte di un gruppo di sette province e località la cui sicurezza passerà, a luglio, dalla coalizione internazionale ad esercito e polizia afghani. Dal suo punto di vista, come osservatore, come vede questa transizione?

R. – Difficile ma necessaria, se vogliamo sintetizzare, nel senso che è fondamentale che ormai le istituzioni afgane prendano in mano le redini del Paese e questo comporterà dei rischi. L’affiancamento c’è stato, continuerà ad esserci ma la transizione è cominciata. Certo è che quanto accaduto è una pesantissima sfida, anche se, per quanto ne sappiamo, i primi a farne le spese sono stati proprio la polizia e i militari afghani, che normalmente fanno da "cordone" e presiedono esternamente il nostro Prt. (vv)







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