Referendum a Malta: passa il divorzio. Mons. Cremona: ora la famiglia sia protagonista
dell'evangelizzazione
A Malta si è tenuto ieri il referendum sull’introduzione del divorzio, passato con
il 54% di “si” contro il 46% di "no". Il primo ministro maltese Lawrence Gonzi, che
ha portato il partito nazionalista al potere a prendere posizione per il "no", ha
dichiarato che il parlamento rispetterà la volontà del popolo. Delusione da parte
dei vescovi che hanno aperto una riflessione sul voto. Marco Guerra ha raccolto
il commento dell’arcivescovo di Malta Paul Cremona:
R. – Ovviamente,
è stata una delusione anche per la Chiesa. Un terzo degli aventi diritto al voto non
hanno votato, un terzo ha votato a favore dell’introduzione del divorzio e un terzo
ha votato contro. Ma nel risultato ci sono otto punti di differenza: il 46 per cento
ha votato contro l’introduzione del divorzio. Adesso si passerà alla fase politica
e da lì si procederà ai risultati veri e propri del referendum.
D. –
Il risultato vede le due percentuali molto vicine. Questo comunque è una sorpresa
in una società secolarizzata e in un Paese che fa parte della Comunità europea: questo
significa che nella società maltese il matrimonio e la famiglia sono valori ancora
molto sentiti…
R. – L’incidenza delle separazioni a Malta è molto bassa:
secondo le statistiche ufficiali è del sette per cento la percentuale delle persone
sposate che vivono in stato di separazione. Ma noi viviamo in una cultura molto secolarizzata
e questo pone anche una sfida alla Chiesa, proprio per quanto riguarda la pastorale,
e non mi riferisco soltanto alla pastorale della famiglia, che è molto importante.
Penso che sia necessario andare oltre e trovare una pastorale che prenda in considerazione
la decisione personale di ogni cristiano, nonché rafforzare l’evangelizzazione non
tanto riguardo alla cultura, quanto riguardo alla famiglia che deve essere un motore
di evangelizzazione per i figli. Credo che questa sia la sfida che la Chiesa deve
affrontare oggi per i suoi membri.
D. – Durante la campagna per il referendum,
ci sono stati toni molto accesi. E’ possibile ritrovare il filo del dialogo tra le
due parti?
R. – Sì: infatti, prima dell’esito del voto noi vescovi abbiamo
pubblicato una nota mettendo il dito su due aspetti. Il primo è un processo di riconciliazione
che dev’essere iniziato, e anche noi, in quanto membri della Chiesa, abbiamo chiesto
perdono se alcuni si sono sentiti offesi; per contro, anche noi, da parte della Chiesa,
perdoniamo tutti quelli che ci hanno fatto soffrire. Il secondo aspetto è che durante
questo dibattito tutti hanno affermato di volere un matrimonio ed una famiglia più
solidi: ecco, noi abbiamo chiesto che questa richiesta non rimanga lettera morta.
E questo vale sia per la Chiesa, perché dobbiamo fare una riflessione profonda sullo
stato del matrimonio nel contesto di coloro che chiedono il matrimonio come sacramento;
sia per la società, che deve riflettere perché deve aiutare anche coloro che si sposano
con rito civile, perché anche loro dovranno essere sostenuti dalla società perché
il loro matrimonio e la loro famiglia siano solidi. (gf)