Al via oggi a Tripoli la missione diplomatica del presidente sudafricano Zuma, con
l’obiettivo di trattare una tregua e l’adozione di riforme democratiche con il regime.
La televisione di Stato libica, intanto, ha riferito di raid aerei della Nato sulla
città di Zlitan che avrebbero provocato 11 morti. Per il segretario generale dell’Alleanza
Atlantica, Rasmussen, il regno di Gheddafi “sta terminando”. Tuttavia non sono bastati
100 giorni di rivolta per costringere Gheddafi a lasciare il potere, anche se i ribelli
della Cirenaica sono convinti che la vittoria finale “è ormai vicina”. Sui segnali
in tal senso Giada Aquilino ha intervistato Arduino Paniccia, docente di Studi Strategici
all’Università di Trieste:
R. – In realtà,
non ci sono grandi segnali. La vittoria finale del Comitato transitorio forse non
è così vicina. Sicuramente, alla fine Gheddafi dovrà andarsene o verrà destituito.
Nessuno però, in questo momento, sa esattamente in quali tempi e con quali modalità.
Abbiamo detto fin dall’inizio delle operazioni che la no-fly zone e l’intervento aereo
non sarebbero sicuramente bastati per cacciare Gheddafi ed i suoi mercenari, e questo
si sta dimostrando assolutamente vero e realistico.
D. – Che futuro
si può prospettare per Gheddafi, anche in relazione alle notizie su dove si possa
trovare adesso?
R. – Io credo che Gheddafi continui a trovarsi in Libia
e nelle vicinanze di Tripoli. Penso però che vi siano trattative da parte di molti
Paesi, a partire dalla Federazione russa, Paesi africani confinanti, all’interno della
stessa Lega araba, per far sì che Gheddafi si arrenda ed abbandoni il Paese. E’ difficile,
ora, prevedere l’esito di queste trattative. Gheddafi non sembra voler arrendersi:
sembra voler continuare fino in fondo. Ma può darsi che, abbandonato ormai da molti
dei suoi, abbandoni il Paese e si rifugi o in un Paese africano o in uno dei Paesi
sudamericani.
D. – A proposito dei tradizionali alleati, che ruolo gioca
in queste ore la Russia che ha offerto una eventuale mediazione?
R.
– Naturalmente, la Russia vuole evitare un ulteriore bagno di sangue: in questo sicuramente
è alleata della Turchia. Si è capito, ormai, che se si volesse dare veramente una
spallata, bisognerebbe inevitabilmente ricorrere allo sbarco a terra, cosa che nessun
Paese si sente in grado di fare e che forse rappresenterebbe invece davvero l’inizio
di un’altra delle tristi vicende di combattimenti nei Paesi del Medio Oriente che
abbiamo già visto svolgersi nel corso dell’ultimo ventennio. Tutti la vogliono evitare;
naturalmente, Gheddafi punta su questo e cerca di trattare ancora da una posizione
di forza.
D. – A proposito del protrarsi delle operazioni, il presidente
del Cnt, Jalil, ha sottolineato il forte sostegno internazionale ma poi gli insorti,
da Bengasi, hanno annunciato di non avere più soldi …
R. – Questo è
il problema che gli insorti hanno posto più volte all’attenzione della comunità internazionale,
ed è naturalmente legato alla vicenda delle estrazioni petrolifere e della difesa
dei pozzi. Probabilmente, arriveranno altri aiuti. Se c’è una cosa sufficientemente
chiara è che le organizzazioni internazionali hanno deciso che Gheddafi deve abbandonare
la Libia e il suo regime deve finire. Credo che il Consiglio transitorio stia dando
maggiori consapevolezze e sicurezze alla comunità internazionale per quanto riguarda
il proprio programma e le proprie decisioni, per far sì di essere ancora maggiormente
aiutati. (gf)