Afghanistan: attacco talebano ad Herat. Ira di Karzai per un nuovo errore della Nato:
uccisi 12 bambini
Nuovo attacco dei talebani in Afghanistan: colpiti la sede del gruppo di ricostruzione
provinciale di Herat City, sotto responsabilità italiana, e ad altri obiettivi. Al
momento, fonti ospedaliere parlano di almeno 4 morti e 30 feriti. Il ministro italiano
della Difesa Ignazio La Russa esclude vittime tra gli italiani e riferisce di 5 feriti,
uno in gravi condizioni. “Si è trattato – ha detto - di un attacco complesso: prima
un’autobomba, poi uno scontro armato”. Intanto, in Italia, si riaccende il dibattito
sul ritiro dall’Afghanistan, mentre il premier Berlusconi esprime cordoglio e riconoscenza
ai militari impegnati nel Paese. Il servizio di Paolo Ondarza:
E’ stato
un commando di talebani guidato da alcuni kamikaze a colpire, oggi, vari luoghi di
Herat City, capoluogo dell'omonima provincia occidentale afghana: esplosioni nei pressi
del palazzo del governatore, della Blood Bank Road, del vicino Cinema Chowk e, la
più grave, contro la base del Prt, il Gruppo di ricostruzione provinciale, gestito
da militari e civili italiani. Quest’ultima costituisce una struttura essenziale per
il supporto alla governance e al processo di ricostruzione e sviluppo del Paese. Grazie
agli uomini del Prt, infatti, molte ditte afgane hanno trovato sbocchi nel mercato
del lavoro. Ancora impossibile conoscere la dinamica e il numero delle vittime: fonti
ospedaliere parlano di 4 morti e 24 feriti, mentre la polizia denuncia un numero imprecisato
di vittime. Da Roma il ministro della Difesa La Russa rassicura: nessun morto tra
gli italiani, ma 5 feriti: uno sarebbe grave. L’esplosione, un attacco in piena regola
– spiega La Russa – avrebbe tolto la vita a diversi agenti della polizia afghana.
Testimoni raccontano che almeno due kamikaze con un’automobile carica di esplosivo
si sono fatti saltare in aria all’ingresso del Prt italiano che si trova nel quartiere
di Juda-i-Matab. Questo avrebbe permesso ad altri militanti armati di penetrare all'interno
della struttura ingaggiando uno scontro a fuoco con le forze di sicurezza afghane
e internazionali. Ma come leggere questo attacco all’interno della strategia talebana?
Lo chiediamo all’analista strategico e militare Alessandro Politi.
R.
- Innanzitutto, è una risposta alle conseguenze dell’uccisione di Bin Laden. Non è
una vendetta, il che significa pressione delle opinioni pubbliche in patria per ritirare
le truppe, prima, perché ormai Bin Laden è morto e il problema è quasi risolto. I
talebani hanno voluto colpire Herat che è un centro importante di un Paese che ha
un grosso contingente e che ha le sue difficoltà politiche interne che loro sanno
benissimo che esistono.
D. - Faceva riferimento alla morte di Bin Laden.
Quanto questa continuerà ad incidere nelle prossime settimane?
R. -
Non più di tanto perché, dal punto di vista politico, al Qaeda non guida più nessun
processo in giro per il mondo. Può mettere bombe ma non è più l’interprete di una
speranza di cambiamento politico che era la sua forza; può ancora reclutare gente
che si lascia ingannare dalla propaganda ma le masse arabe e islamiche hanno capito
molto bene che quello che è necessario è una rivoluzione democratica.
Intanto
in Afghanistan è ancora polemica dopo che sabato un raid Nato nella provincia meridionale
di Helmand ha ucciso per errore 14 civili, 12 bambini e due donne, secondo fonti afghane.
I vertici Isaf parlano di 9 civili uccisi, assicurano che un’inchiesta è già stata
avviata per far luce sull’accaduto e intanto oggi hanno presentato ufficialmente le
loro scuse per l'incidente spiegando la dinamica dei fatti: una pattuglia della coalizione
sarebbe stata attaccata da un commando di talebani che hanno ucciso un Marine americano
e che successivamente hanno preso posizione all'interno di una zona abitata''. A
questo è seguita la decisione del raid aereo. Ancora Politi:
R. - La
domanda è quando viene dato il via libera a un attacco aereo. Normalmente si cercano
di impiegare altri mezzi prima di arrivare al bombardamento aereo. Si decide se inviare
il bombardiere o una serie di soldati che però possono venire uccisi. E’ un calcolo
estremamente crudo, doloroso, spietato ma è quello che capita ogni volta che si prende
questa decisione.
Di omicidio ha parlato il presidente afgano Karzai
lanciando agli Usa un ultimo avvertimento affinché cessino le operazioni unilaterali.
Da parte sua, fonti della Casa Bianca hanno fatto sapere che Washington condivide
e di prende molto sul serio questo monito.