L’arcivescovo di Oviedo, mons. Sanz Montes: il fenomeno degli “indignados”, una sfida
per la Chiesa
Non si arresta, in Spagna, la protesta del movimento degli “indignados” per la crisi
economica. Nonostante gli sgomberi attuati dalle forze dell’ordine, a Barcellona migliaia
di persone sono tornate ieri a radunarsi in “Plaza de Catalunya”, mentre la protesta
si è estesa anche a Lisbona. Al microfono di Fabio Colagrande, l’arcivescovo
di Oviedo, mons. Jesús Sanz Montes, si sofferma su questo fenomeno e sulle
sfide che pone alla Chiesa spagnola in un periodo di forti tensioni sociali:
R. - Prima
di tutto non si tratta di un movimento omogeneo. Non possiamo dire che i partecipanti
a questo movimento rappresentino una realtà omogenea molto precisa e questo sia per
l’età, sia per l’estrazione sociale e culturale, sia per la posizione religiosa e
politica. Si tratta di un movimento molto eterogeneo, che - in un primo momento -
è riuscito a raggruppare coloro che sentivano un profondo disagio dovuto alla crisi
economica: la disoccupazione in Spagna è molto alta, anche in ambito giovanile. Una
valutazione da un punto di vista pastorale ed ecclesiale è che la crisi non è soltanto
una crisi economica, come alle volte viene invece ridotta la problematica; si tratta
di una crisi molto più vasta, che investe l’aspetto culturale e l’aspetto morale della
vita. La sfida che, come pastori e come comunità cristiana in Spagna, ci troviamo
ad affrontare è riuscire a leggere questo disagio e poter rispondere alle domande
che sono profondamente scritte nei cuori dei giovani e non solo.
D.
- Tra le richieste più importanti di questi gruppi, c’è quella che la politica venga
messa al servizio dei cittadini e che venga eliminata la corruzione…
R.
- Questo rappresenterebbe uno dei profili più veri di questi movimenti, che puntano
il dito, con chiarezza, sulla trasparenza contro la corruzione della classe politica
che rappresenta - così come qui in Spagna ci dicono anche le statistiche - uno dei
problemi che preoccupa la cittadinanza.
D. - Tra le richieste degli
“indignados”, c’è anche però la completa separazione tra Stato e Chiesa…
R.
- Non è una novità. E’ quello che da sempre - e non soltanto qui in Spagna - la parte
appartenente alla sinistra radicale ha cercato di rivendicare, cercando di eliminare
i cosiddetti e falsamente detti privilegi della Chiesa e riducendo, quindi, il fatto
religioso ad una questione esclusivamente privata. Si tratta di un dato che conosciamo
e che ci permette quindi di poter identificare chi sta dietro a questa posizione.
D.
- Dalla Spagna il movimento sembra allargarsi anche in altre città europee, in Sud
America e negli Stati Uniti. Questo movimento è stato paragonato all’inizio delle
proteste dei Paesi africani…
R. - Secondo me si tratta di un paragone
completamente insostenibile, anzi direi ingiusto: in quelle nazioni del Nord Africa
si parla di veri e propri regimi politici dittatoriali. Questo non è il caso della
Spagna, non è il caso della nostra Europa! Per quanto riguarda il fenomeno popolare
di occupare le piazze, certo ha una somiglianza, ma le ragioni sono talmente diverse
che paragonarle mi sembrerebbe ingiusto, anche da un punto di vista culturale e politico.
(mg)