Prosegue la protesta dei lavoratori di Fincantieri, a rischio 2500 posti di lavoro.
La Cei: sconcerto e preoccupazione
Prosegue in Italia la protesta dei lavoratori di Fincantieri contro il piano industriale
che prevede oltre 2.500 esuberi. La tensione è alta, in particolare, nei cantieri
di Genova Sestri Ponente e Castellamare di Stabia, in provincia di Napoli. “L’auspicio
– si legge in una nota dei vescovi liguri – è che, pur in presenza di obiettive difficoltà,
non cessi il dialogo e la ricerca di una soluzione più adeguata”. “L’annosa crisi
dei cantieri navali stabiesi – scrive l’arcivescovo di Sorrento–Castellamare, mons.
Felice Cece – richiede scelte precise e lungimiranti”. Sul piano di ridimensionamento
di Fincantieri e sulle conseguenze non solo economiche e sociali, si sofferma al microfono
di Federico Piana l’arcivescovo di Campobasso – Boiano, mons. Giancarlo
Maria Bregantini, presidente della Commissione episcopale della Cei per i problemi
sociali e il lavoro:
R. - Siamo
molto, molto preoccupanti e apprendiamo con grandissimo sconcerto una decisione così
tragica, per cui il 20-25 per cento delle maestranze vengono lasciate a casa… E’ una
cosa terribile! Credo che sia necessario fare di tutto per parare il colpo nel modo
migliore. D. - La politica, il governo e le istituzioni, secondo lei cosa
possono fare a questo punto?
R. - Possono fare tantissimo. Innanzitutto
bisogna avere la conoscenza esatta del problema e, quindi, bisogna spiegare bene le
cose. In secondo luogo, la politica deve farsi più seria: solo se si incontra con
i problemi veri della gente, come questo o quello della precarietà dei giovani, la
politica si purifica. Paradossalmente sono i problemi della gente che purificano la
politica; non è la politica che risolve i problemi, anzi se è una politica ben impostata
potrà certamente farlo, ma deve molto purificarsi, facendosi seria ed attenta. Non
si può dire: siccome i conti in Borsa o in numeri tecnici non reggono, allora vi lasciamo
a casa… La fabbrica non è solo dell’imprenditore - come dice la Caritas in Veritate
- né dei soli azionisti, ma è di una città, del sindacato, degli operai, di un popolo
e di un ambiente: questo è ciò che ci dice la Caritas in Veritate.
D.
- Per quanto riguarda le proteste - che sono state molto forti - secondo lei sono
giustificate oppure anche lì si è passato un limite?
R. - Le violenze
non sono mai giustificate: sono comprensibili, quello sì. Sentiamo che il loro dolore
è talmente grande, che l’esasperazione è così forte che si arriva a queste forme di
protesta, che certo non giustifichiamo ma che comprendiamo. Bisogna andare molto loro
incontro, bisogna ascoltarli molto, bisogna capirli molto; bisogna avere politiche
immediate, bisogna avere una chiesa che sappia piegarsi su di loro, bisogna avere
una comunità che sappia capire, anche perché se perdiamo queste grandi forze - pensi
solo che verrà toccata anche Ancona - come potremmo celebrare l’Eucaristia lì, in
quel mare, in quello specchio di mare, vedendo i cantieri chiusi. Sarà come dire:
chiediamo il pane e lo neghiamo allo stesso momento. E’ tutta un’impostazione di natura
culturale e sociale, religiosa e politica che deve essere coinvolta. Le fabbriche
sono di tutti, sono nostre: c’è una cultura da salvare in ogni modo e ad ogni costo.
(mg)
Una prima boccata d’ossigeno per i lavoratori di Fincantieri potrebbe
arrivare con la decisione annunciata ieri dalla Cassa Depositi e Prestiti che ha sbloccato
830 milioni di euro in favore di Carnival Corp, colosso statunitense del settore crocieristico.
L’obiettivo è di consentire al gruppo americano di acquistare, entro la fine dell’anno,
due nuove navi Fincantieri. Ma, nonostante questa decisione, permangono dubbi e preoccupazioni,
come sottolinea Paolo Pirani, segretario confederale Uil, intervistato da Federico
Piana:
R. - Noi
abbiamo giudicato irresponsabile l’annuncio dato dalla Fincantieri: è un piano che
non scommette sul futuro, ma scommette sulla sparizione progressiva di un grande asset
che è la cantieristica e che soprattutto ha aperto la strada ad una protesta sociale
che rischia di trasformarsi rapidamente in rivolta, in cui si inseriscono elementi
di criminalità organizzata. Ecco perché noi riteniamo, come prima priorità, che vadano
assolutamente ritirate le minacce di chiusura degli stabilimenti. Ci auguriamo che
il tavolo, che si aprirà il 3 giugno al Ministero, abbia questo tipo di garanzia.
D. - L’amministratore delegato di Fincantieri, Giuseppe Bono ha detto:
è in gioco la sopravvivenza dell’azienda; era necessario predisporre il piano…
R.
- Il problema esiste: la questione è che l’azienda è arrivata a questo showdown in
condizioni non positive. Noi riteniamo, però, che nei prossimi anni la cantieristica
possa riprendere e che soprattutto sia possibile diversificare la produzione, operando
su altri settori. Alternative, queste, che richiedono delle scelte e che richiedono
anche gli ammortizzatori sociali per gestire questa transizione. E’, però, importante
che quando ci sarà la ripresa, ci sia anche la possibilità di produrre. (mg)